Le malattie croniche sono patologie che presentano sintomi costanti nel tempo e per le quali le terapie non sono quasi mai risolutive.
L'incidenza di queste patologie, che possono essere di origini molto diverse, è molto alta. Le malattie croniche rappresentano circa l'80 per cento del carico di malattia dei sistemi sanitari nazionali europei.

Ogni evento, oltre ai danni fisici, genera la paura che succeda di nuovo e condiziona la qualità della vita

La malattia di Parkinson è caratterizzata da un decorso cronico progressivo. Ai classici sintomi motori (tremore, rigidità, bradicinesia) e non-motori si associano con il tempo problemi a carico dell’equilibrio e del cammino (ad esempio, il fenomeno del “freezing”) che non rispondono alle terapie farmacologiche e condizionano negativamente l’autonomia dei pazienti. Di questa problematica, e del conseguente rischio di cadute, si è parlato lo scorso 26 novembre nel corso della Giornata Italiana contro il Parkinson organizzata da Limpe e Dismov.

“Affrontare la Malattia di Parkinson significa convivere con un ospite indesiderato che dà al malato la sensazione di non riuscire a controllare e governare i propri pensieri e le proprie azioni”. E’ così che Limpe e Dismov-Sin, promotori della giornata nazioanale contro la malattia che si è tenuta lo scorso 26 Novembre spiegano che cosa significa convivere con questa patologia cronica.
“È indispensabile innanzitutto – spiegano gli organizzatori - che la persona affetta dalla malattia ricerchi un rapporto con il neurologo che lo segue, non solo medico-prescrittivo; il paziente può così sentirsi seguito da una persona di fiducia, in grado di spiegare con facilità e chiarezza in che cosa consiste la malattia e che gli consenta di avere informazioni sulle terapie, sulle possibili complicanze e sul futuro che lo attende.

L’iniziativa è promossa da FIRE  ed EpaC. Le due onlus invitano i cittadini a sottoscrivere il Manifesto simbolo di questa lotta
 

Il 24 novembre, in Senato, è stato presentato l’accordo tra il Prof. Antonio Gasbarrini, Presidente FIRE Onlus (Fondazione Italiana per la Ricerca in Epatologia), e Ivan Gardini, Presidente EpaC Onlus (Associazione di pazienti), alla presenza del Sen. Antonio Tomassini, Presidente XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, ed di altri Illustri esponenti del mondo della Salute.
Le due Onlus sono espressione diretta della comunità scientifica e dei pazienti. Considerato il momento storico particolarmente importante per migliaia di pazienti con l’epatite, hanno deciso di realizzare un Manifesto, dando vita ad un’alleanza fondata su obiettivi comuni: sensibilizzare opinione pubblica e Istituzioni sulla rilevanza e sulla necessità di attenzione sulle epatiti e malattie del fegato.

La Ricerca è l’arma vincente: diagnosi precoce e cure il punto di partenza per rallentarne l’evoluzione
Oggi alcune strutture sono aperte per delle iniziative, per sapere quali chiama il numero verde 800149626

Oggi se celebra la giornata nazionale della malattia di Parkinson promossa da LIMPE (Lega Italiana per la lotta contro la Malattia di Parkinson, le Sindromi Extrapiramidali e le Demenze) e da DISMOV-SIN (Associazione Italiana Disordini del Movimento e Malattia di Parkinson) da anni impegnate sulla patologia. La Giornata – celebrata in tutta Italia anche nel 2010 - è nata  per combattere la scarsa informazione, sensibilizzare sull’importanza della diagnosi precoce,  sui progressi della Ricerca, ma anche sulla qualità di vita dei pazienti. Si stima che in Italia siano circa 150.000 i soggetti affetti da Parkinson e altri 50.000 i pazienti con un parkinsonismo; nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta attorno ai 60 anni, ma in un 10 per cento di persone i sintomi compaiono prima dei 40 anni. La Giornata vuole essere un aiuto  per i pazienti ed i familiari che devono vivere il quotidiano, sapendo di poter contare sui migliori specialisti e sulla  Ricerca l’arma vincente per questa malattia.

Oggi è questo l’esame più importante per una diagnosi definitiva

Oggi la risonanza magnetica ha un ruolo fondamentale per la diagnosi di sclerosi multipla. Nel tempo gli altri esami, come quello del liquor e i potenziali evocati, pur avendo comunque una utilità, sono divenuti secondari rispetto all’importanza di ‘vedere’ le lesioni attraverso questa esame. Proviamo dunque a capire come questo esame, non invasivo e oggi molto diffuso nelle strutture ospedaliere, possa essere utile alla diagnosi. La risonanza magnetica è una tecnologia che può essere impiegata in diversi modi, attraverso la manipolazione degli impulsi di radiofrequenze e l’utilizzo o meno di determinati mezzi di contrasto. L’esame si basa sul fatto che nei tessuti umani vi è una grande presenza d’acqua, e questo vale anche per il cervello e il midollo spinale sedi delle lesioni della SM - e che questo elemento, sottoposto a determinate radiofrequenze, modifica il modo in cui sono orientanti i suoi atomi di idrogeno. La risonanza magnetica, come fa intuire il nome, è come un grande magnete, una calamita, che agisce sulle particelle d’acqua, cioè rende possibile ‘visualizzarle’ e anche capire dove possono esserci delle alterazioni.

Alla revisione ha lavorato anche la dottoressa Rocca del San Raffaele di Milano

Premettendo che una attenta osservazione clinica e l’ascolto della storia del paziente rimane un punto fondamentale nella diagnosi di sclerosi multipla, oggi per avere una conferma la risonanza magnetica è lo strumento d’elezione. Alla luce di questo diventano particolarmente importanti i criteri in uso per interpretarne i risultati, soprattutto quando è necessario fare una diagnosi differenziale tra il sospetto di sclerosi multipla e quello di un’altra malattia del sistema nervoso centrale che può dare sintomi del tutto simili, come un ictus. A questo fine nel 2001 vennero stilati i criteri di McDonald, dal nome del primo autore.  Da allora un gruppo internazionale di esperti  ha lavorato a delle revisioni. Una fu fatta nel 2005 - la prima revisione di Polman - mentre l’ultima è di pochi mesi fa, la seconda revisione di Polman, e ha il merito di introdurre ulteriori semplificazione senza compromettere l’accuratezza diagnostica. Delle novità che sono emerse  parliamo con la dottoressa Maria Assunta Rocca, della Divisione di Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele.

I dati dello studio BETAPLUS indicano che avere un sostegno è un elemento chiave

Oggi nella lotta alla Sclerosi Multipla uno dei punti dolenti è l’aderenza alle terapia. “Quasi un malato di sclerosi multipla su due, se lasciato solo, abbandona la terapia entro i primi due anni e si espone al rischio di ricadute e disabilità”. A dirlo è il prof Carlo Pozzilli, Ordinario di Neurologia alla Sapienza di Roma e responsabile del Centro Sclerosi Multipla del S. Andrea. Numerosi elementi utili a capire le problematiche connesse alla scarsa aderenza sono stati evidenziati proprio da uno studio – il BETAPLUS – coordinato dal prof. Pozzilli ed effettuato su 1077 pazienti provenienti da 15 paesi, tutte persone affette da SM ed in terapia con Betaferon di Bayer (interferone beta 1b). Lo studio mirava a stabilire quali fossero i fattori determinanti una scarsa aderenza al trattamento preventivo, nonché a fornire indicazioni riguardo i possibili approcci per sostenere il paziente nel lungo termine. Alla fine dei 24 mesi di osservazione, il  61,8 per cento dei 1077 pazienti si era mostrato aderente alla terapia con  Interferone beta-1b. I pazienti che hanno partecipato sono stati periodicamente sottoposti a valutazioni relative a disabilità, qualità della vita e depressione.    

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