La Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) è un tumore maligno relativamente raro, pari al 9,5 per cento di tutte le leucemie diagnosticate nel periodo 1998-2002 nell’area dell’AIRT. La malattia deriva dalla proliferazione maligna delle cellule linfoidi, che vengono bloccate in uno stadio precoce della differenziazione. La LLA rappresenta il 75 per cento di tutti i casi di leucemia infantile e in Europa vengono diagnosticati circa 5.000 casi infantili all’anno, con un picco di incidenza tra i 2 e i 5 anni di vita. Oggi, l’esistenza di diverse opzioni terapeutiche ha avuto l’effetto di aumentare considerevolmente il tasso di sopravvivenza dei bambini di età inferiore ai 15 anni.

Dr.ssa Chiara Palmi

Una ricerca della Fondazione Tettamanti potrebbe aprire la strada a terapie più mirate ed efficaci

Monza – Comprendere le specificità genetiche nei bambini con sindrome di Down è cruciale al fine di offrire migliori possibilità di sopravvivenza. Per questi bambini, il rischio di sviluppo di leucemia linfoblastica acuta (LLA), una forma di tumore che colpisce i globuli bianchi, è molto alto ed è associato a un’elevata tossicità dei trattamenti usati più comunemente e a un tasso di mortalità preoccupante.

DNA

Le due rare mutazioni sono state riscontrate dai ricercatori della Fondazione Tettamanti in piccoli pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta e da sindrome mielodisplastica 

Monza – I ricercatori della Fondazione Tettamanti hanno identificato per la prima volta due rare varianti germinali (trasmissibili) di uno specifico gene, chiamato STAG1, che potrebbero essere correlate in una piccola percentuale di casi allo sviluppo di alcuni tumori ematologici. In particolare, la prima variante (Arg1167Gln) è stata identificata in un bambino di 2 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta e la seconda in un adolescente di 14 anni (Arg1187Gln) affetto da una forma di sindrome mielodisplastica. Lo studio aggiunge un nuovo tassello alle conoscenze sulla storia di queste malattie, ma è importante sottolineare che in presenza di queste alterazioni potrebbe esserci un rischio aumentato di sviluppare il tumore. Rischio non significa assolutamente certezza di malattia.

Studio Tettamanti

Uno studio della Fondazione Tettamanti ha utilizzato la citometria di massa per analizzare il comportamento delle cellule leucemiche in risposta ai farmaci

Monza – Uno studio svolto dai ricercatori della Fondazione Tettamanti, presso il Centro Maria Letizia Verga a Monza, ha permesso di decifrare il linguaggio delle cellule leucemiche di un particolare tipo di leucemia linfoblastica acuta, quella a cellule T (T-ALL), un tumore aggressivo che nasce dai linfoblasti di origine T e che rappresenta il 15% delle leucemie linfoblastiche acute diagnosticate in età pediatrica. I risultati dello studio, realizzato in collaborazione con la Charles University di Praga (Repubblica Ceca) e con l’Università di Padova, è pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Haematologica.

Leucemia linfoblastica acuta

Due nuovi studi italiani condotti dal GIMEMA riportano importanti progressi grazie all’utilizzo del farmaco blinatumomab in prima linea

Milano – Per la prima volta una leucemia linfoblastica dell’adulto può essere curata senza chemioterapia. Il risultato di uno studio clinico condotto dal Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto (GIMEMA), supportato da Amgen Italia e presentato al Congresso EHA 2021, mette in luce il cambio di passo nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta (LLA) originata da precursori delle cellule B, grazie al primo anticorpo bispecifico che si avvale dell’innovativa piattaforma BiTE®. Si tratta dello studio GIMEMA LAL 2116 D-ALBA, che apre la strada ad una terapia senza chemio grazie all’utilizzo di blinatumomab in prima linea in pazienti adulti con LLA Philadelphia positiva.

Ricerca

La scoperta giunge da una ricerca dell'Università “Magna Graecia” di Catanzaro e del Centro Tettamanti di Monza

Monza – Un nuovo anticorpo monoclonale umanizzato è in grado di riconoscere un particolare sottogruppo di leucemia linfoblastica acuta, quella di tipo T, e di attivare la risposta immunitaria dell’organismo per contrastarla. Il risultato proviene da uno studio condotto dall’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro in collaborazione con il Centro di ricerca Tettamanti di Monza e con vari altri centri italiani e internazionali.

Policlinico Milano

I risultati clinici di Fase II evidenziano un significativo aumento della sopravvivenza dei pazienti

La leucemia linfoblastica Philadelphia positiva è stata considerata, prima dell'avvento dei farmaci basati sugli inibitori delle tirosin chinasi, tra le leucemie a prognosi peggiore. Ora è in fase di sperimentazione una nuova terapia che permetterebbe una sopravvivenza globale del 95% a 18 mesi, un successo che migliora significativamente i risultati delle cure ad oggi applicate. Il nuovo trattamento non utilizza la chemioterapia nelle fasi iniziali della terapia, ma la combinazione di un inibitore delle tirosin chinasi (dasatinib) e di un anticorpo (blinatumomab). A dimostrarne questa efficacia preliminare è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine, che vede tra i suoi autori Nicola Fracchiolla, responsabile del Programma Leucemie acute dell'Unità di Ematologia del Policlinico di Milano.

DNA

Il dato emerge da uno studio condotto dalla Fondazione Tettamanti in collaborazione con l'Università di Milano Bicocca e altri centri clinici italiani

Monza – Due geni, chiamati NUTM1 e PAX5, possono aiutare a prevedere la gravità di una particolare forma di leucemia linfoblastica acuta che insorge nei bambini con meno di un anno di età. Uno studio, sviluppato nei laboratori di ricerca della Fondazione Tettamanti in collaborazione con l'Università di Milano Bicocca ed altri centri clinici italiani, ha rilevato, infatti, che se nelle cellule malate il gene NUTM1 è fuso con altri geni la prognosi della malattia è migliore, mentre se è il gene PAX5 ad essere fuso con altri, l'esito della patologia è più grave. Non solo, lo studio ha evidenziato che la presenza di queste alterazioni geniche può essere utile per scegliere i farmaci più efficaci contro la malattia.

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