L’Alleanza Malattie Rare (AMR) è un Tavolo tecnico permanente nato il 4 luglio 2017 con la firma alla Camera dei Deputati di un Memorandum d’Intesa voluto dalla Senatrice Paola Binetti, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare, e sottoscritto da Gianna Puppo Fornaro, presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica in rappresentanza dei pazienti, Federico Spandonaro, direttore di CREA Sanità, Francesco Macchia, coordinatore dell’Osservatorio Farmaci Orfani (OSSFOR), e Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Osservatorio Malattie Rare (OMaR).
Oggi fanno parte dell’Alleanza oltre 400 Associazioni di Pazienti di I e II Livello, ma anche tecnici e rappresentanti istituzionali sensibili alle tematiche delle malattie rare. L’AMR rappresenta dunque un luogo di fattiva collaborazione tra la società civile ed il mondo istituzionale con lo scopo di migliorare l’organizzazione dell’intero settore delle malattie rare, toccando anche i temi della disabilità, dell’assistenza e dell’inclusione.
Nata appena un anno fa, la Onlus conta già più di una ventina di famiglie. La presidente Manodoro: “Siamo portavoce dei bisogni e dei diritti delle persone colpite dalla patologia”
La sindrome COL4A1/A2 è una malattia genetica molto rara e multisistemica, conosciuta negli Stati Uniti come sindrome di Gould. La patologia è causata da mutazioni nei geni COL4A1 o COL4A2 che possono essere trasmesse dai genitori, con modalità autosomica dominante, oppure presentarsi spontaneamente (mutazioni de novo). Questa sindrome è tipicamente caratterizzata da un’anomalia dei piccoli vasi cerebrali che porta ad ictus ed emorragie spesso già in fase prenatale, con possibili conseguenze a livello cognitivo, motorio, visivo e del linguaggio. Possono verificarsi anche difetti dello sviluppo oculare e disturbi muscolari, renali, epatici e cardiaci; molti pazienti, inoltre, soffrono di epilessia. La gravità delle manifestazioni della malattia è molto variabile: si va da quadri clinici severi, a insorgenza precoce, a casi lievi o asintomatici. Al momento, le uniche terapie disponibili sono rivolte all’attenuazione dei sintomi (ad esempio i farmaci per l’epilessia) e la riabilitazione è fondamentale per le problematiche motorie, visive e del linguaggio.
Un gruppo di esperti italiani ha già iniziato a lavorare alla stesura delle raccomandazioni: l’iniziativa è stata fortemente voluta dell’Associazione Famiglie COL4A1-A2
È cominciato lo scorso di febbraio, ma sono già tante le aspettative e, soprattutto, le speranze: parliamo del percorso per la definizione delle linee guida ufficiali per la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento della sindrome COL4A1/A2. Un percorso intrapreso per iniziativa dell’Associazione Famiglie COL4A1-A2, che si è aperto lo scorso 10 febbraio con una tavola rotonda organizzata presso l’Istituto degli Innocenti a Firenze e che, se tutto andrà liscio, potrebbe concludersi nel giro di un anno.
Nata dall’iniziativa di un paziente, oggi la Onlus ha numerosi collegamenti internazionali. La presidente De Rossi: “Vogliamo offrire aiuto e informazione”
Conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una patologia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Pur bloccando progressivamente tutti i muscoli, la patologia non intacca le capacità cognitive: la mente resta vigile in un corpo che diventa via via immobile. In Italia di stimano oggi più di 6.000 persone affette da SLA e circa 1.500 pazienti tra i 40 e 70 anni ricevono una diagnosi ogni anno. Il decorso medio della malattia va dai 3 ai 5 anni, il 50% delle persone affette muore entro 36 mesi dall’esordio, mentre solo il 10% circa supera i 10 anni. Nella maggior parte dei casi, la morte sopravviene per insufficienza respiratoria.
Di prossima attivazione, il progetto ProFAD si propone di potenziare le competenze necessarie per fornire un’adeguata assistenza ai pazienti
Prendersi cura di una persona affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) non è semplice, e spesso perfino gli operatori socio-sanitari delle cooperative o aziende che forniscono assistenza per conto della ASL, per quanto formati, non hanno le competenze necessarie per mettere in atto un intervento pronto ed efficace sui pazienti. In molti casi, poi, gli operatori ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) mancano anche delle competenze relazionali indispensabili per fornire la propria opera in ambiente domestico. Per non parlare del turn over che caratterizza queste figure sanitarie, da sempre molto forte e accentuatosi durante la pandemia per via di un esodo di personale verso il servizio pubblico. Come se non bastasse, poi, l’assistenza domiciliare non copre mai le 24 ore, lasciando comunque la cura delle persone con SLA nelle mani di familiari e badanti, che a volte non hanno mai effettuato prima quella serie di manovre e operazioni necessarie a garantire la sopravvivenza dei pazienti.
Nata a Torino nel 2014, l’Associazione organizza iniziative a supporto delle persone che assistono quotidianamente parenti malati o comunque non autosufficienti
Fondata a Torino nel 2014, Gilo Care Onlus è un’associazione che non si occupa di una patologia in particolare, ma nasce da un gruppo di caregiver di lunga data per rivolgersi ad altri caregiver. “Ciascuno di noi sentiva la necessità di trovare una guida che potesse aiutarci a gestire i problemi legati all’assistenza per persone affette da patologie complesse”, racconta il vicepresidente Lorenzo Cuffini. “Il caregiver si trova a doversi prendere cura di persone non autosufficienti all’interno del proprio domicilio, spesso in assenza di qualsiasi supporto esterno. Deve fare da coordinatore tra le varie strutture sanitarie e territoriali, affrontare le grane burocratiche, modificare l’ambiente domestico secondo le necessità della persona di cui si prende cura, assumersi responsabilità nuove, prestare assistenza, anche infermieristica, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, senza staccare mai e senza possedere ancora le competenze necessarie. Insomma è chiamato a confrontarsi con problematiche sconosciute, che impongono cambiamenti radicali della propria vita e di quella della propria famiglia, senza essere minimamente preparato”.
L’associazione torinese Gilo Care Onlus organizza incontri di gruppo aperti alle persone che si prendono cura di familiari malati: “Fa bene parlare con chi è in grado di capirti al volo”
A Torino l’associazione Gilo Care Onlus ha un unico obiettivo: aiutare i caregiver a migliorare la propria qualità della vita, anche e soprattutto migliorando il rapporto con gli altri, con sé stessi e perfino con la persona che assistono. Perché, piaccia o no, chi si prende cura per lungo tempo di un proprio familiare non autosufficiente alla fine rischia di soccombere sotto l’alto carico di fatica, sofferenza e stress e di ergere una barriera tra la propria casa e il resto del mondo, rifiutandosi di cercare il confronto e lo scambio con quanti, a partire da amici e familiari, non condividono la stessa esperienza. Per questo Gilo Care, già dal 2015, un anno dopo la costituzione in associazione, ha cominciato a organizzare Gruppi di condivisione ed esperienza in Piemonte, che con la pandemia si sono svolti anche online, con partecipanti in tutta Italia.
Fondata lo scorso luglio da Mariagrazia Vescia in memoria di suo figlio Matteo, la Onlus guarda alla ricerca senza dimenticare il sostegno alle famiglie
Il sarcoma epitelioide è un tumore raro che colpisce i tessuti molli ed è caratterizzato da frequenti recidive locali con coinvolgimento dei linfonodi e metastasi. Ha una prevalenza inferiore a un caso su un milione e interessa soprattutto gli arti: mani, avambracci, parti inferiori della gamba o del piede. “Per me questo tumore è soprattutto un ‘mutaforma’, perché gli ho visto più volte cambiare il modo di manifestarsi e di colpire”, spiega Mariagrazia Vescia, fondatrice e presidente dell’associazione “MC4 in corsa per la vita!” ma anche, e soprattutto, mamma di Matteo Carrozzini, un ragazzo milanese di 13 anni scomparso, nel settembre 2020, a causa della patologia. “Nel caso di Matteo - prosegue - l’ultima recidiva della malattia si è presentata in modo inedito, visto che l’unico caso simile presente nei database risaliva al lontano 1988. In pratica mio figlio ha fatto da pioniere. Per il sarcoma epitelioide, come spesso accade nelle malattie rare, non esiste ancora una cura mirata ed efficace”.
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