Il codice di esenzione della malattia di Kennedy è RFG050 (afferisce al gruppo "Atrofie muscolari spinali").

Fabrizio Malta, presidente di AIMAK

Il presidente Malta: “Ci siamo resi conto che molti non vogliono rivelare la diagnosi; al contrario, parlare apertamente delle proprie difficoltà fa bene”

Invalidante. È questo il primo aggettivo che si incontra nella descrizione dell’atrofia muscolare spinale e bulbare (SBMA), nota anche come malattia di Kennedy, sul sito di AIMAK, l’associazione dei pazienti e familiari nata nel 2019 per volontà dell’attuale presidente Fabrizio Malta. Individuata per la prima volta dal dottor Hiroshi Kawahara nel 1897, in due fratelli e un loro zio materno, la patologia fu descritta in maniera dettagliata solo 70 anni dopo, nel 1968, da Milton Alter, Joo Ho Sung e William Kennedy, lo scienziato da cui prende ancora oggi il nome. Si tratta di una rara forma di atrofia muscolare che, secondo quanto si legge sul sito dell’associazione, presenta un’incidenza di un caso su 536.315 maschi all’anno e una prevalenza di un caso ogni 30.000 nati maschi.

studio sulla malattia di Kennedy

La ricerca è stata coordinata dalla Prof.ssa Maria Pennuto (VIMM e Università di Padova)

Recenti ricerche hanno rivelato che una persona ogni sei è affetta da una delle numerose malattie neurodegenerative esistenti, disturbi del sistema nervoso che generalmente si manifestano nell’adulto, con un decorso progressivo più o meno lento ma inesorabile, e che sono accomunati da processi patologici che conducono alla morte dei neuroni. In alcuni casi queste condizioni sono causate da mutazioni a carico di specifici geni, ed è proprio studiando tali forme genetiche che possiamo investigare i meccanismi che provocano danni ai neuroni.

Maria PennutoTRENTO – “Le grandi speranze per trovare una cura all’atrofia muscolare bulbo-spinale, o malattia di Kennedy, sono il clenbuterolo e la proteina IGF1”: a dichiararlo è la Dr.ssa Maria Pennuto, biologa dell’Università di Trento. Dopo il dottorato a Milano, ha lavorato ai National Institutes of Health di Bethesda (Maryland) e all’Università della Pennsylvania, e oggi si occupa esclusivamente della ricerca su questa rara patologia. La malattia è legata al cromosoma X: le donne possono essere portatrici, e anche se omozigoti non manifestano sintomi.

“I pazienti – spiega la biologa – vengono spesso diagnosticati con la sclerosi laterale amiotrofica (SLA): i sintomi sono simili, ma se c’è un dubbio, è comunque possibile effettuare il test genetico. I sintomi sono di tipo endocrinologico, come diabete e ginecomastia, altri riguardano la sfera sessuale. Si presentano atrofia muscolare agli arti e problemi alla muscolatura facciale; poi, con la degenerazione dei neuroni bulbari, sorgono problemi di deglutizione. I primi sintomi sono crampi e affaticamento, ma dato che la progressione della malattia è molto lenta, i pazienti spesso la scoprono dopo diversi anni e ricollegano solo allora il motivo di quei sintomi”.

“L’impatto psicologico molto forte, ma abbiamo fiducia nella ricerca!”

PADOVA – L’atrofia muscolare bulbo-spinale, o malattia di Kennedy, è una rara patologia genetica legata al cromosoma X, dovuta alla mutazione del gene che codifica per il recettore degli androgeni, gli ormoni sessuali maschili. Una malattia a lenta progressione e dall’andamento imprevedibile, come raccontano Gianni F. e Marco B., cugini ed entrambi 52enni. Il primo a scoprire la diagnosi è stato Gianni: una decina di anni fa, in seguito ad un’operazione di ernia del disco, ha iniziato ad avvertire un fastidio alla gamba destra, e dopo due-tre anni si è aggiunta la debolezza, gli inciampi e le cadute.

Gianni SorarùPADOVA – L’atrofia muscolare bulbo-spinale, o malattia di Kennedy, è una rara patologia genetica legata al cromosoma X, dovuta alla mutazione del gene che codifica per il recettore degli androgeni, gli ormoni sessuali maschili. La prevalenza è di 1/30.000 nati maschi, ma tale dato è molto disomogeneo nelle varie stime condotte in diverse nazioni. Questo sarebbe principalmente spiegabile dal cosiddetto “effetto fondatore”, un processo che, ad esempio in seguito ad un prolungato periodo d’isolamento, determina lo sviluppo di una nuova popolazione a partire da un piccolo numero di individui, i quali portano con sé solo una parte della variabilità genetica della popolazione originale.

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni