Le malattie croniche sono patologie che presentano sintomi costanti nel tempo e per le quali le terapie non sono quasi mai risolutive.
L'incidenza di queste patologie, che possono essere di origini molto diverse, è molto alta. Le malattie croniche rappresentano circa l'80 per cento del carico di malattia dei sistemi sanitari nazionali europei.

L’Ema ha iniziato una revisione dei benefici e rischi del medicinale di Novartis

Alcuni pazienti affetti da Sclerosi Multipla che avevano cominciato il trattamento con Gilenya (Fingolimod), farmaco di Novartis, hanno accusato problemi cardiaci e uno di questi, negli USA, è deceduto a meno di 24 ore dalla prima dose. Sono stati riportati ulteriori sei casi di morte inspiegabile, tre delle quali sono state improvvise. Altre tre segnalazioni riguardavano decessi, di cui uno in seguito ad attacco cardiaco e uno in seguito ad alterazione del ritmo cardiaco uno. Anche se la causa esatta di questa morte non è ancora nota, e se mai durante i trial con Gylenia si erano verificati casi di morte, questi eventi, comunicati all’EMA dalla stessa casa farmaceutica, sono stati sufficienti per mettere in allarme le autorità sanitarie.

Tubercolosi e sindrome da deperimento i maggiori fattori associati a rischio morte precoce

Si è recentemente concluso uno studio sistematico sulla mortalità precoce negli adulti affetti da HIV a seguito dell'inizio di una terapia antiretrovirale (ART) nei paesi di basso e medio reddito in Asia, Africa, Centro e Sud America. Lo studio, pubblicato su PloS One, ha riscontrato una significativa eterogeneità nei risultati e nella modalità di denuncia degli esiti di tutti gli studi di valutazione della mortalità nel primo anno di terapia con anti retrovirali pubblicati fino ad ora. Il più alto tasso di mortalità precoce è stato riscontrato nell'Africa Sub-Sahariana, e le malattie opportunistiche come la tubercolosi e la sindrome da deperimento sono state indicate come le più comuni cause di morte.

Studio italiano pubblicato sulla rivista "Annals of the Rheumatic Diseases" dimostra ruolo dell' Enhancer HS 1.2 nel rendere più aggressiva la malattia

Il Lupus erimatoso sistemico è una malattia autoimmune che colpisce circa 60.000 persone in Italia, in prevalenza donne, non si tratta pertanto di una malattia rara ma di una malattia cronica ad alto impatto sulla vita di chi ne è affetto. Nei pazienti ill sistema immunitario impazzisce ed invece di difendere il corpo comincia ad attaccarlo. I ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma, guidati dal Prof. Gianfranco Ferraccioli, hanno recentemente scoperto l' “enhancer HS1.2": un interruttore genetico che aggrava il Lupus accelerandone e amplificandone i processi. L' Enhancer HS1.2  iperattiva i geni che amplificano la risposta immunitaria tipica della malattia e quindi le cellule immunitarie impazzite, che producono gli anticorpi patologici, attaccano il corpo del paziente invece di difenderlo (autoanticorpi). Attualmente le terapie contro il Lupus si basano su un uso controllato del cortisone, di farmaci antimalarici, immunosopressori e farmaci biologici ma questa scoperta ha grande rilevanza perchè potrebbe portare allo sviluppo di terapie più mirate ed efficaci.

Da uno studio retrospettivo de La Sapienza, durato 10 anni, benefici osservati nel 60 per cento dei pazienti

Ci sono i vaccini, in fase di sperimentazione ma con i quali ancora non si intravvedono prospettive certe, e ci sono strategie come le terapie genetiche e lo sviluppo di biomarker per predire e tenere sotto controllo le infezioni. Ma per l’HIV la ricerca è fondamentalmente legata a pochi farmaci e al miglioramento delle strategie dei trattamenti attualmente disponibili. Sforzi convogliati in un’unica parola: anti-retrovirali. “Nel corso degli anni ci sono state modificazioni dei principi attivi adottati, per cui oggi abbiamo a disposizione molecole meno tossiche e certamente più sicure per il paziente. Di certo sappiamo che la terapia con anti-retrovirali è l’unica strada al momento percorribile la cui efficacia è dimostrata”, spiega Ivano Mezzaroma, ricercatore del Dipartimento di Medicina Clinica de La Sapienza di Roma che ha partecipato a uno studio retrospettivo per valutare i benefici provenienti da questo approccio terapeutico.

L’Associazione CCSVI nella SM ribatte alle argomentazioni: “la sperimentazione su un numero limitato di soggetti è già stata condotta”

L’Aism – Associazione italiana sclerosi multipla ha definitivamente deciso: non finanzierà la sperimentazione clinica promossa dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, e guidata dal prof. Paolo Zamboni, nota come studio Brave Dreams. La notizia è stata data ufficialmente dal Comitato Scientifico dii FISM il 10 gennaio scorso a conclusione dell’ iter accelerato di valutazione avviato a luglio 2011. Il Comitato scientifico si riserva di attendere evidenze scientifiche sul nesso causale tra CCSVI e sclerosi multipla, sull’efficacia e la sicurezza del trattamento di angioplastica in questo ambito, prima di emettere nuovi pareri su finanziamenti per trial clinici. I motivi specifici di questo parere negativo vengono spiegati dalla FISM in un comunicato pubblicato sul proprio sito web.

Uno recente studio suggerisce che regioni di corteccia cerebrale di piccole dimensioni possano sviluppare più facilmente la malattia di Alzheimer

Una nuova ricerca, pubblicata di recente su Neurology, suggerisce che laddve le regioni di corteccia cerebrale sono più piccole del normale sia più probabile sviluppare sintomi compatibili con la malattia di Alzheimer. Per questo studio sono state utilizzate le scansioni cerebrali ottenute tramite risonanza magnetica, che hanno consentito la misurazione dello spessore della corteccia cerebrale in 159 persone prive di sintomi di demenza, dell'età media di 79 anni. Ben 19 partecipanti sono stati classificati ad alto rischio, proprio a causa delle piccole dimensioni di alcune regioni corticali note per essere vulnerabili alla malattia di Alzheimer. Dall'inizio dello studio e per i successivi tre anni, ai partecipanti sono stati somministrati test di controllo sulla memoria, il problem solving, la capacità di progettare e di prestare attenzione.

Serviranno a creare servizi di assistenza domiciliare su tutte le province

ROMA - La Regione Lazio guidata da Renata Polverini investe a favore dei pazienti affetti da malattia di alzheimer e dei loro familiari. E’ di pochi giorni fa, infatti, la notizia, data dall'assessore alle Politiche sociali e Famiglia Aldo Forte, che  la Regione ha stanziato 2 milioni e 200 mila euro per potenziare i servizi di assistenza e cura a questa categoria di pazienti. La scelta è dettata sia dall’alto impatto della patologia sulla qualità della vita dei pazienti e della famiglie che dall’alta incidenza, in crescita, di questa patologia tipica dell’età adulta. 

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