Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva: news su farmaci, terapie e sperimentazioni
Il termine colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) comprende un gruppo di rare malattie genetiche che compromettono la formazione della bile, un fluido giallo-verde che viene prodotto dal fegato e che facilita la digestione dei grassi e lo smaltimento di prodotti di scarto dei processi cellulari. Tutte le forme di PFIC sono perciò caratterizzate da una riduzione o un arresto del flusso della bile dal fegato all’intestino (colestasi), fenomeno che causa lo sviluppo di prurito, ittero e malattia epatica progressiva, oltre a comportare un maggior rischio di insorgenza di carcinoma epatocellulare. La colestasi intraepatica familiare progressiva insorge prevalentemente durante l’infanzia ed è in grado di danneggiare il fegato in modo talmente grave da rendere spesso necessario il trapianto d’organo prima dell’età adulta. Altre manifestazioni extraepatiche della patologia includono problemi nutrizionali, disturbi intestinali, ritardo della crescita, rachitismo, bassa statura, sordità neurosensoriale e pancreatite.
Il codice di esenzione della colestasi intraepatica familiare progressiva è RIG010.
La sezione Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva è realizzata grazie al contributo non condizionante di Mirum Pharmaceuticals.
Attualmente si conoscono più di 10 diverse forme di colestasi intraepatica familiare progressiva, ma quelle più diffuse e meglio caratterizzate sono tre: - PFIC1 (deficit di FIC1 o malattia di Byler): è dovuta a mutazioni nel gene ATP8B1, che codifica per la proteina FIC1. La malattia insorge generalmente nei primi mesi di vita, con colestasi, aumento della concentrazione degli acidi biliari sierici e prurito severo. Inoltre, dato che la proteina FIC1 viene espressa a livello di vari organi, la sua alterazione provoca anche conseguenze extraepatiche, come predisposizione allo sviluppo di malattie respiratorie, perdita dell’udito, pancreatite e diarrea. I valori di GTT (gamma-glutamil transpeptidasi, un indice ematico di malattia epatica) risultano essere nella norma. - PFIC2 (deficit di BSEP, precedentemente nota come sindrome di Byler): è causata da mutazioni nel gene ABCB11, che codifica per la proteina BSEP. La patologia, di solito, si manifesta in maniera più grave e precoce rispetto alla PFIC1, con sintomi quali colestasi, ittero, colelitiasi (calcoli biliari) ed epatomegalia (ingrossamento del fegato). Pur comportando gravi danni al fegato e un elevato rischio di carcinoma epatocellulare, la PFIC2 non è generalmente associata a manifestazioni extraepatiche. I valori di GTT appaiono nella norma. - PFIC3 (deficit di MDR3): è dovuta a mutazioni nel gene ABCB4, che codifica per MDR3, glicoproteina di membrana con funzione di pompa. Il difetto genetico alla base della patologia provoca un’alterazione della secrezione dei fosfolipidi biliari. La PFIC3 può esordire tra l'infanzia e l'inizio della vita adulta e di solito evolve verso la cirrosi biliare secondaria. I valori di GGT risultano essere elevati.
La diagnosi di colestasi intraepatica familiare progressiva si basa sull’osservazione clinica, sulla colangiografia e sugli esami ecografici e istologici del fegato, nonché su test specifici utili ad escludere altre cause di colestasi infantile. Le indagini genetiche sono importanti per la conferma diagnostica ma non sempre risolutive, poiché molti dei geni recentemente associati alle diverse forme di PFIC non sono ancora inclusi nei pannelli di analisi.
La tradizionale terapia farmacologica per la PFIC si basa sull’acido ursodesossicolico (UDCA): il farmaco è utilizzato per favorire la secrezione della bile, prevenire i danni al fegato e migliorare il sintomo del prurito, ma in molti casi la sua efficacia è limitata. In alcuni pazienti, in particolare quelli affetti da PFIC1 o PFIC2, l’intervento chirurgico di diversione biliare può temporaneamente alleviare il prurito e rallentare la progressione della malattia, ma l’unica opzione terapeutica risolutiva per la colestasi intraepatica familiare progressiva è rappresentata dal trapianto di fegato. L’ultima novità nel trattamento della PFIC è rappresentata dall’avvento degli inibitori del trasportatore ileale degli acidi biliari, farmaci come odevixibat o maralixibat, che negli studi clinici hanno dimostrato di poter ridurre i livelli sierici di acidi biliari e la gravità del prurito.
Per i pazienti italiani con colestasi intraepatica familiare progressiva è attiva l'associazione PFIC Italia Network.
Fonti principali: - Orphanet - Bull LN, Thompson RJ. “Progressive Familial Intrahepatic Cholestasis.” Clin Liver Dis (2018) - Davit-Spraul A, Gonzales E, Baussan C et al. “Progressive familial intrahepatic cholestasis.” Orphanet J Rare Dis (2009) - Mehl A, Bohorquez H, Serrano MS, Galliano G, Reichman TW. “Liver transplantation and the management of progressive familial intrahepatic cholestasis in children.” World J Transplant (2016)
Prof. Giuseppe Indolfi: “Questi farmaci andrebbero somministrati appena riconosciuta la malattia sulla base delle sue caratteristiche cliniche e biochimiche, senza attendere la diagnosi genetica”
Il tempo necessario all'esecuzione di un'indagine genetica può variare molto: in alcuni centri il risultato arriva in poche settimane ma la media è di almeno tre mesi. E per una malattia come la colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC), questo significa vivere per altri tre mesi con un sintomo altamente invalidante come il prurito colestatico. Per questo motivo, un gruppo di esperti europei si è riunito e ha sviluppato un algoritmo secondo il quale non bisogna attendere la diagnosi genetica della patologia, ma somministrare subito la terapia con farmaci inibitori di IBAT. Fra loro c'è un italiano: Giuseppe Indolfi, Professore di Pediatria all'Università di Firenze e responsabile del reparto di Epatologia dell'ospedale Meyer.
Il volume è stato presentato in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica
Milano – A pochi giorni dalla Giornata Mondiale dedicata alla sensibilizzazione sulla colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) arrivano le parole coraggiose de “Il drago ruba bellezza”, la fiaba realizzata da PFIC Italia Network Odv e Carthusia Edizioni, con il supporto incondizionato di Ipsen Italia. La storia, presentata in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP), che si è svolto in questi giorni a Palermo, è scritta da Emanuela Nava e illustrata da Marco Brancato, per promuovere consapevolezza e informazione sulla PFIC e sulle vite dei piccoli pazienti pesantemente condizionate dalla malattia, ma anche per aiutare i bambini e le loro famiglie a raccontare e rielaborare i loro stati d'animo, le paure e i desideri.
Si tratta di un alimento a fini medici speciali per la gestione dietetica dei pazienti
In occasione del XXXI Congresso Nazionale di SIGENP - Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica, aperto oggi a Palermo, PIAM Farmaceutici ha presentato un nuovo alimento a fini medici speciali dedicato alla gestione dietetica dei pazienti con patologie che presentano una sindrome da malassorbimento. Sono numerose, infatti, le patologie associate a malassorbimento – tra cui l’epatopatia colestatica – che possono causare vari gradi di deficit neurologici dovuti a carenza di vitamina E. Per i pazienti che presentano una sindrome da malassorbimento è dunque disponibile questo alimento a fini medici speciali, una fonte biodisponibile di vitamina E in grado di aumentarne l’assimilazione.
Il farmaco è indicato per il trattamento della patologia in pazienti di età pari o superiore a tre mesi
La Commissione Europea ha autorizzato l’immissione in commercio del farmaco in soluzione orale maralixibat (nome commerciale Livmarli) per il trattamento della colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) in pazienti di età pari o superiore a tre mesi. L’approvazione segue il parere positivo del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), che ha riconosciuto il beneficio clinico di maralixibat rispetto alle attuali terapie per la PFIC.
La decisione della Commissione Europea sull’eventuale approvazione del farmaco è prevista per il terzo trimestre del 2024
Foster City (USA) – Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha adottato un parere positivo sul farmaco maralixibat (nome commerciale Livmarli), soluzione orale per il trattamento della colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) in pazienti di età pari o superiore a tre mesi. Con questa raccomandazione scientifica, il Comitato esorta la Commissione Europea ad autorizzare l'immissione in commercio del medicinale in Europa. Il CHMP, infatti, ha concluso che il farmaco apporta un beneficio clinico significativo, basato su una migliore efficacia rispetto al trattamento già esistente per la PFIC.
La presidente di PFIC Italia Network, Francesca Lombardozzi: “L’obiettivo è supportare pazienti e famiglie nel mondo, soprattutto nelle nazioni in via di sviluppo”
Sono passati esattamente tre anni da quando, nel dicembre 2020, Francesca Lombardozzi annunciava la nascita di PFIC Italia Network, la prima associazione italiana dedicata ai pazienti affetti da colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) e alle loro famiglie.
In occasione del convegno, l’azienda Mirum ha presentato anche i risultati di uno studio di Fase II sull’impiego di volixibat per la colestasi intraepatica della gravidanza
Foster City (USA) – L'azienda Mirum Pharmaceuticals ha presentato nuovi dati sui farmaci maralixibat (nome commerciale Livmarli) e volixibat: l'occasione è stata il “Liver Meeting”, l'incontro annuale dell'Associazione americana per lo studio delle malattie del fegato (AASLD) che si è svolto il mese scorso a Boston, Massachusetts. Nello specifico, i dati presentati in cinque poster provenivano dallo studio di Fase III MARCH e dalla sua estensione MARCH-ON, che valutano l'efficacia e la sicurezza del maralixibat in pazienti con colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC), nonché dallo studio di Fase II OHANA, che valuta l'efficacia e la sicurezza di volixibat nelle pazienti con colestasi intraepatica della gravidanza (ICP). MARCH è stato lo studio più ampio e geneticamente diversificato sulla PFIC fino ad oggi, con l'arruolamento di pazienti con deficit di BSEP, FIC1, MDR3, TJP2 e MYO5B, oltre a quelli con diagnosi clinica di PFIC ma senza una variante genetica nota.
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