Ogni evento, oltre ai danni fisici, genera la paura che succeda di nuovo e condiziona la qualità della vita

La malattia di Parkinson è caratterizzata da un decorso cronico progressivo. Ai classici sintomi motori (tremore, rigidità, bradicinesia) e non-motori si associano con il tempo problemi a carico dell’equilibrio e del cammino (ad esempio, il fenomeno del “freezing”) che non rispondono alle terapie farmacologiche e condizionano negativamente l’autonomia dei pazienti. Di questa problematica, e del conseguente rischio di cadute, si è parlato lo scorso 26 novembre nel corso della Giornata Italiana contro il Parkinson organizzata da Limpe e Dismov. “Nello specifico – si è spiegato - i deficit della stabilità posturale e le turbe della deambulazione rappresentano due fenomeni interconnessi. Tali problematiche sono frequenti già nella popolazione anziana e pertanto costituiscono uno dei problemi più rilevanti per la sanità pubblica, in termini sia socio-assistenziali sia economico-gestionali. Recenti studi  hanno stimato che circa il 30 per cento degli anziani sopra i 65 anni cade almeno 1 volta l’anno e di questi il 6 per cento riporta una frattura ossea. Questa situazione diventa significativamente più importante  proprio nei pazienti parkinsoniani (in cui l’incidenza annuale delle cadute è stimata tra il 60-80 per cento) a causa di un aumentato numero di fattori di rischio strettamente legati alla malattia di Parkinson (deficit cognitivi, ipotensione ortostatica, presenza di movimenti involontari).
Oltre alle ben note conseguenze traumatiche (fratture ossee, traumi cranici e tutti i danni portati dall’immobilità) la caduta provoca come conseguenza psicologica un’ aumentata paura di ricadere e la nascita di sentimenti di angoscia e di insicurezza (considerati loro stessi importanti fattori di rischio per ulteriori cadute)”.
Pertanto, l’evoluzione della malattia unitamente alle cadute frequenti condizionano in maniera importante la qualità della vita, limitando ulteriormente l’autonomia del paziente fino a rendere difficoltose attività della vita quotidiana come il lavarsi, il vestirsi, l’uscire di casa.
“Per queste ragioni – spiegano gli organizzatori della giornata -  negli ultimi anni, è fortemente cresciuto l’interesse verso la terapia riabilitativa, vista come parte essenziale ed integrante del trattamento medico-chirurgico, con lo scopo di prevenire o ridurre le complicanze secondarie alla ridotta mobilità e di ottimizzare le residue capacità funzionali dei pazienti attraverso l’apprendimento di nuove strategie comportamentali. In particolare il recupero della deambulazione, il miglioramento dell’equilibrio e la prevenzione delle cadute sono uno degli obiettivi dell’intervento fisioterapico. Grazie anche alla crescita della tecnologia in ambito biomedico, sono state sviluppate nuove proposte potenzialmente efficaci per il miglioramento della deambulazione e, di conseguenza, per la prevenzione delle cadute: l’allenamento sul tapis roulant, l’utilizzo di stimoli visivi e acustici, l’impiego di console elettroniche per l’esercizio a domicilio, il ricorso alla realtà virtuale. Esiste, tuttavia, la necessità di disegnare studi controllati che verifichino l’efficacia e l’applicabilità di tali strategie in una popolazione più ampia di pazienti, con l’obiettivo d’identificare protocolli fruibili su larga scala. In ogni caso, all’interno dei percorsi riabilitativi resta fondamentale l’informazione data non solo ai pazienti ma anche ai famigliari su quelli che sono i principali fattori di rischio delle cadute e sulle importanti precauzioni che devono essere prese al fine di ridurre al minimo il rischio. Un intervento riabilitativo precoce, mirato e specifico risulta necessario al fine di favorire la prevenzione delle cadute ed il mantenimento nel tempo delle capacità motorie, dell’autonomia nelle attività della vita quotidiana e lavorativa, con un conseguente miglioramento della qualità della vita”.

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