La malattia o demenza di Alzheimer, che prende nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che ne descrisse i sintomi nel 1907 per la prima volta, colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 60 anni e si manifesta inizialmente con una progressiva amnesia, prima sulle piccole cose, fino ad arrivare a non riconoscere nemmeno i familiari e ad avere bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. L’Alzheimer è uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali, che comporta una serie di difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività, in quanto colpisce sia la memoria che le funzioni cognitive, e questi si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare. Inoltre può essere causa di stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Il codice di esenzione della malattia di Alzheimer è 029 (Malattie croniche).

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L’Fda statunitense ha recentemente approvato florbetapir, un agente diagnostico sviluppato da Eli Lilly & Co. per la diagnosi per immagini della malattia di Alzheimer attraverso la PET (Tomografia a emissione di positroni). Il farmaco, che deve essere somministrato per via parenterale, è in grado di individuare i depositi di beta amiloide nel cervello, la proteina ritenuta principale causa dell'Alzheimer.

Scoperto un nuovo metodo per la misurazione del beta-amiloide

Un team internazionale di ricercatori ha sviluppato un nuovo metodo per la misurazione dell’ aggregato beta-amiloide , il complesso proteico ritenuto in grado di provocare gravi danni e la disfunzione delle cellule nervose nella malattia di Alzheimer. Il nuovo metodo potrebbe facilitare la diagnosi e l'individuazione, nonché lo sviluppo di farmaci diretti contro aggregati beta-amiloide.

La proteina potrebbe essere la base per nuovi farmaci e per marker diagnostici

La proteina FKBP52 può impedire l’iperfosforilazione della proteina Tau, caratteristica di molte malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer. Grazie a questa scoperta potrebbero essere sviluppati dei marker diagnostici precoci e nuovi farmaci potenzialmente efficaci.

I farmaci per il diabete potrebbero aiutare a rallentarlo

La resistenza all'insulina nel cervello contribuisce al declino cognitivo che caratterizza la malattia di Alzheimer. Secondo lo studio condotto da alcuni ricercatori della Scuola Perelman di Medicina e Chirurgia presso l'Università di Pennsylvania, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, la resistenza all’insulina è la chiave di volta per comprendere alcuni meccanismi legati alla malattia di Alzheimer.

Si tratta di un farmaco sperimentato per il trattamento dei tumori

Grazie alla Scuola Perelman di Medicina dell'Università della Pennsylvania una nuova scoperta sull'Alzheimer: l'epotilone D (epoD) rallenta la progressione della malattia. La ricerca è stata condotta dal team di Bin Zhang utilizzando il modello murino, grazie al quale è stato riscontrato che il farmaco, antitumorale approvato dall'FDA, può aumentare la stabilità dei microtubuli cerebrali, migliorando la funzione delle cellule nervose.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, suggerisce che il farmaco sia in grado di rallentare i danni neurologici e di migliorare le funzioni cerebrali in pazienti con la Malattia di Alzheimer.

La proteina potrebbe essere un nuovo target di ricerca per i disturbi neurologici

I medici e ricercatori dell’Università della California hanno identificato una nuova connessione tra la proteina beta-arrestina e la memoria a breve termine. Questa scoperta potrebbe aprire nuove porte per il trattamento terapeutico dei disturbi neurologici, in particolare il morbo di Alzheimer.
Lo studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences mostra che la rimozione della proteina beta-arrestina impedisce la perdita della memoria a breve termine.

La prima fase prevede l’utilizzo delle nuove tecnologie come training per i pazienti

Il progetto Sociable è un programma europeo volto a sperimentare l’utilità delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) sui pazienti affetti da Alzheimer. Prevede attività di sostegno integrato alle attività cognitive e la stimolazione dell’interazione sociale verso pazienti ad alto rischio di sviluppare l’Alzheimer. La sperimentazione coinvolge complessivamente 350 pazienti, di questi  95 vengono da Forlì.

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