La malattia o demenza di Alzheimer, che prende nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che ne descrisse i sintomi nel 1907 per la prima volta, colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 60 anni e si manifesta inizialmente con una progressiva amnesia, prima sulle piccole cose, fino ad arrivare a non riconoscere nemmeno i familiari e ad avere bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. L’Alzheimer è uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali, che comporta una serie di difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività, in quanto colpisce sia la memoria che le funzioni cognitive, e questi si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare. Inoltre può essere causa di stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Il codice di esenzione della malattia di Alzheimer è 029 (Malattie croniche).

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Milano - E’ stato recentemente pubblicato sulla rivista Journal of Molecular Cell Biology il risultato di uno studio dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano, che ha realizzato un metodo  che permette di studiare i meccanismi intracellulari che regolano l'anomalia delle sinapsi, strutture altamente specializzate che consentono la comunicazione fra neuroni e che sono danneggiate nelle malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer (AD).

La campagna è promossa dal centro di ricerca sul cervello fondato da Rita Levi Montalcini in collaborazione con BrainCircleItalia

Promuovere la ricerca italiana sull'Alzheimer e le altre malattie neurodegenerative, far rientrare giovani ricercatori che emigrano all'estero, dare speranza ai malati, brevettare terapie e farmaci che potrebbero contribuire allo sviluppo del Paese. Sono gli obiettivi della campagna di raccolta fondi lanciata dalla fondazione Ebri 'Rita Levi Montalcini' che permetterà dal primo al 7 aprile di donare via sms al numero 45507 2 euro da cellulare (TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce e Noverca), 2/5 euro da rete fissa Telecom Italia e Fastweb, e 2 da rete fissa TeleTu e TWT.

Che l’alimentazione influenzi il nostro stato di salute è ormai un concetto chiaro. In particolare sembra che le abitudini alimentari possano incidere fortemente sul rischio di sviluppare alcune malattie croniche, come nel caso dell’Alzheimer.
Un recente studio, pubblicato sulla rivista ACS Chemical Neuroscience, sostiene ad esempio che l’olio d’oliva sia in grado di ridurre il rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa.

L’insonnia cronica e i disturbi del sonno potrebbero essere una delle cause dell’Alzheimer, o quantomeno sarebbe un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie amiloidi. Lo ha suggerito uno studio di Yo-El Ju, un neurologo della Washington University di St. Louis, pubblicato su Neurology qualche mese fa.
Monitorando le abitudini di 154 adulti sani il team medico ha concluso che la qualità del sonno può fare la differenza.

USA - Per ottenere l'approvazione della regolamentazione per un nuovo farmaco per l'Alzheimer sara' sufficiente dimostrare che rallenta il declino cognitivo: e' questa la proposta avanzata dalla Food and Drug Administration (Fda) per aiutare le aziende che sviluppano nuovi trattamenti per malati di Alzheimer in fase iniziale, prima della comparsa della malattia. Lo segnala l'Aifa dal suo sito, riportando il comunicato FDA.

Washington - Estratti di tè verde e vino rosso possono interrompere un meccanismo cellulare chiave nella progressione del morbo di Alzheimer. La scoperta della University of Leeds è stata pubblicata sulla rivista Journal of Biological Chemistry. I ricercatori hanno identificato il processo che permette agli accumuli dannosi di proteine di formarsi nelle cellule cerebrali, portandole poi alla morte.

Chieti - Dai medici dell’unità operativa di Neurologia dell’Ospedale "San Pio" di Vasto, provincia di Chieti, arriva una novità interessante per la malattia di Alzheimer. La ricerca abruzzese, pubblicata su Clinical Neurophysiology, sostiene infatti che grazie alla spettroscopia infrarossa transcranica (Nirs), sarà possibile diagnosticare con maggiore certezza la fase iniziale della malattia e, di conseguenza, iniziare precocemente la terapia più appropriata.

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