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Prof. Hermann Muller: “Occorre monitorare i pazienti operati per craniofaringioma, che in seguito all’intervento potrebbero incorrere in un aumento di peso”

Che cosa c’entra un tumore raro, e per giunta sconosciuto al grande pubblico, con l’obesità? Alla riunione del Gruppo di studio sulle Obesità Genetiche della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), svoltasi a inizio giugno a Milano, era presente anche il professor Hermann Muller, dello University Children’s Hospital di Oldenburg, che ha spiegato la relazione esistente tra le conseguenze del craniofaringioma e l’insorgenza delle obesità ipotalamiche (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare la video-intervista). Infatti, questo tumore si sviluppa a partire dai residui embrionali che, dopo la nascita, possono persistere nella regione della sella turcica, la regione del cranio dove è collocata l’ipofisi.

L’ipofisi è una ghiandola di piccole dimensioni coinvolta in numerosi processi necessari per il mantenimento della buona funzionalità dell’organismo: in particolare, essa è in diretta relazione con l’ipotalamo, una struttura che gioca un ruolo evidente nel regolare l’assunzione di cibo. Il craniofaringioma deve essere distinto dagli adenomi ipofisari e, una volta confermata la diagnosi, è necessario procedere - laddove le condizioni del paziente lo consentano - con l’asportazione chirurgica. “Nel corso del primo anno dopo l’asportazione, molti pazienti sono a rischio di obesità ipotalamica e prendono peso”, spiega il professor Muller. “Perciò, nel corso di questo periodo il quadro endocrinologico del paziente e il suo stesso comportamento alimentare devono essere tenuti sotto stretto controllo, assicurandosi che pratichi attività fisica e rientri nei parametri stabiliti”.

Tra i fattori che possono influenzare la qualità di vita del paziente ci sono l’età alla diagnosi e il coinvolgimento ipotalamico, aspetti questi che concorrono a ricordare l’importanza di un approccio multidisciplinare all’obesità ipotalamica acquisita. “Già prima dell’intervento chirurgico il caso deve essere esaminato da un team che comprenda il neurochirurgo, l’endocrinologo, lo psicologo e il radio-oncologo, nel caso in cui si renda necessaria la radioterapia”, aggiunge Muller. “È bene coinvolgere il caregiver e, soprattutto, monitorare con grande attenzione il paziente, consigliandolo su ciò che riguarda lo sviluppo del peso, l’attività fisica consentita e l’eventuale assunzione di farmaci”.

L’obesità ipotalamica acquisita è una condizione di natura molto differente dall’obesità generale, dal momento che i pazienti necessitano di un percorso terapeutico farmacologico specifico, periodicamente controllato e, eventualmente, corretto. “Stanno arrivando, e in futuro continueranno ad arrivare, nuove opzioni di trattamento farmacologico per queste forme di obesità”, conclude Muller. “Questo ci porta a guardare con interesse ai risultati degli studi in corso, disponibili già dall’anno prossimo”.

La riunione del Gruppo si Studio sulle Obesità Genetiche della SIDEP si è svolto il 7 giugno, con il contributo non condizionante di Rhythm Pharmaceuticals.

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