Laurea

Nunzia Giordano ha deciso di dedicare la propria tesi di laurea alla patologia che ha colpito suo padre: i genitori di giovani pazienti possono partecipare allo studio compilando un questionario online 

Un progetto di ricerca che nasce dalla storia personale di una figlia caregiver. Nunzia Giordano è una studentessa di Psicologia che unisce alla preoccupazione per la salute del proprio padre, affetto da glicogenosi di tipo 2, il desiderio di indagare l’esperienza dei genitori di bambini e adolescenti che convivono con questa condizione. Più nota come malattia di Pompe, la glicogenosi di tipo 2 è una patologia neuromuscolare rara a esordio prevalentemente infantile, ma non solo, che in Italia colpisce circa 300 persone e che è caratterizzata dal mancato smaltimento del glicogeno, con conseguenze sul cuore, i muscoli delle gambe e delle braccia e quelli della respirazione.

Calabrese della provincia di Reggio Calabria, in queste settimane Nunzia, per la sua tesi di laurea magistrale, sta svolgendo una ricerca sui fattori di resilienza familiare e sulla qualità di vita dei pazienti con malattia di Pompe di età compresa tra 1 e 18 anni. Lo studio, che la laureanda sta portando avanti insieme a un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università degli studi di Messina, sotto la direzione scientifica di Loredana Benedetto e Olimpia Musumeci, consiste nella somministrazione di un questionario anonimo, rivolto ai genitori, il cui obiettivo è indagare sia i vissuti e le risorse personali che aiutano una famiglia ad affrontare la malattia rara di un figlio, sia la vita di tutti i giorni dei ragazzi affetti dalla patologia. 

Il desiderio di indagare questi aspetti della malattia nasce da un’esperienza personale che influenza il mio passato e il mio presente, così come il mio futuro”, spiega Nunzia a OMaR. “Non avevo mai sentito parlare della glicogenosi di tipo 2 fino a che, una decina di anni fa, sono stata costretta a ‘toccarla con mano’ prima attraverso la vicenda di mio zio, che purtroppo oggi non c’è più, e poi attraverso quella di mio padre”. Quando lo zio paterno di Nunzia ha iniziato ad avvertire i primi segni di malessere, nessuno comprendeva cosa avesse esattamente. “È stato davvero un percorso difficile”, ricorda la studentessa. “I medici non riuscivano a capire di cosa soffrisse, si pensava a un semplice dolore alla schiena. Ma le cose peggioravano, la notte dormiva male, la schiena si incurvava, non riusciva più a camminare”. Quando poi finalmente è arrivata la diagnosi, era ormai troppo tardi: l’uomo è entrato in ospedale ed ha vissuto quattro anni tra cliniche e reparti, senza poter più fare ritorno a casa.

Malauguratamente, per Nunzia e la sua famiglia la cosa non è finita qui. “Qualche tempo dopo la morte di suo fratello, anche mio padre ha iniziato ad accusare dolori in tutto il corpo”, racconta la ragazza. “Presto si è capito che anche lui soffriva della malattia di Pompe”. Per fortuna, questa volta la diagnosi è arrivata per tempo e oggi, a distanza di qualche anno dalla scoperta della patologia, il papà di Nunzia è autonomo, lavora e riesce a prendersi cura dei figli, la sua più grande preoccupazione. “Mio padre ha scoperto di essere malato all’età di 47 anni”, dice ancora la studentessa. “Per lui è stato molto difficile, ha dovuto gestire contemporaneamente il dolore per la perdita del fratello e lo sconcerto per la comparsa della sua malattia. Oggi le cose vanno meglio, abbiamo accettato la situazione e cerchiamo di andare avanti in maniera normale, come farebbe una qualsiasi famiglia. La cosa peggiore è l’incertezza: neppure i medici sanno cosa accadrà in futuro, non è possibile prevedere il decorso della malattia. Spesso mi sento come sulle montagne russe: ci sono giorni di “up”, in cui penso che saremo più forti della malattia stessa, e giorni di “down”, in cui l’incertezza prende il sopravvento, facendomi sprofondare in sentimenti di angoscia e di tristezza. Quando ha saputo di essere malato, mio padre si è preoccupato in primo luogo di noi figli”, conclude Nunzia. “Anche per questo ho scelto di svolgere la mia tesi di laurea sull’esperienza dei genitori. Nel momento in cui diventerò psicologa, il mio obiettivo sarà innanzitutto quello di aiutare gli altri”.

Per partecipare alla ricerca, dal titolo “Fattori di resilienza familiare e Qualità della vita in bambini e adolescenti con glicogenesi di tipo 2”, i genitori di giovani pazienti devono semplicemente compilare, in forma anonima, un apposito questionario online disponibile qui.

Per ulteriori informazioni è possibile contattare Nunzia Giordano all’indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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