Studio su malattia di Pompe e attività fisica

Un allenamento costante aiuta i pazienti a proteggersi dal rischio di obesità, patologie cardiovascolari, osteoporosi e fratture

Rotterdam (Paesi Bassi) – Uno dei consigli che i medici forniscono più di frequente è quello di mantenere uno stile di vita attivo: l'inattività porta infatti a un rischio maggiore di sviluppare patologie non trasmissibili come malattie cardiovascolari e diabete e ha una forte influenza negativa sull’aspettativa di vita e sulla salute mentale, tutti fattori che portano all’aumento dei costi sanitari pubblici globali. Se il consiglio è valido per la popolazione generale, lo è anche per i pazienti affetti da malattia di Pompe: lo sostiene un gruppo di ricercatori olandesi, in un recente studio pubblicato sull'Orphanet Journal of Rare Diseases.

Nel 2011, ventitré pazienti adulti affetti da malattia di Pompe a esordio tardivo in forma lieve (che non facevano uso di dispositivi per la deambulazione o la ventilazione) seguirono un programma di allenamento personalizzato di 12 settimane, che migliorò la loro resistenza, forza e funzionalità muscolare. Dieci anni dopo, i ricercatori dell'Erasmus Medical Center di Rotterdam hanno contattato quei pazienti (di età compresa fra 19,6 e 70,5 anni) e 19 di loro hanno accettato di partecipare a un nuovo studio di coorte retrospettivo, insieme ad un gruppo di controllo composto da altri 10 pazienti di età e gravità comparabili. Tutti i 29 pazienti sono stati intervistati e classificati come “fisicamente attivi” (16) o “fisicamente inattivi” (13) a seconda dello stile di vita adottato negli ultimi dieci anni, sulla base delle linee guida emanate nel 2010 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

COSA PREVEDONO LE LINEE GUIDA DELL'OMS

Secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, gli adulti sani di età superiore ai 18 anni dovrebbero svolgere settimanalmente almeno 150 minuti di attività fisica aerobica moderata o 75 minuti di attività fisica aerobica intensa, o una combinazione di entrambe, e due volte a settimana esercizi di rafforzamento osseo e muscolare.

L'attività è definita moderata se viene eseguita a 3-5,9 volte l'intensità a riposo, mentre se si superano le 6 volte viene classificata come intensa. In entrambe le attività la frequenza cardiaca e la frequenza respiratoria aumentano: un'attività moderata è ad esempio una camminata veloce o un giro in bicicletta, mentre fare jogging o correre sono attività intense. Le attività di rafforzamento osseo e muscolare sono consigliate per i principali gruppi muscolari (braccia, gambe e tronco): esempi sono il sollevamento pesi e il giardinaggio.

I RISULTATI DELLO STUDIO

I pazienti con malattia di Pompe “fisicamente inattivi” hanno motivato il loro stile di vita con diverse ragioni: mancanza di tempo da dedicare all’allenamento (soprattutto per i pazienti che stavano ancora lavorando), limitazioni fisiche (poca energia dopo una lunga giornata, stanchezza e dolore muscolare dopo l'allenamento, dubbi sulla capacità di eseguire alcuni esercizi), scarsa motivazione (avversione per gli esercizi), eccessiva distanza da percorrere per recarsi in palestra e mancanza di supporto professionale nell’allenamento.

Come era prevedibile, i pazienti del gruppo “fisicamente attivo” hanno ottenuto risultati migliori in termini di resistenza (test da sforzo cardiopolmonare massimale), forza e funzione muscolare (testate manualmente) rispetto al gruppo “inattivo”. In particolare, però, i pazienti che avevano partecipato agli allenamenti nel 2011 e che non avevano mai smesso di fare attività fisica hanno avuto dei risultati migliori anche rispetto a quelli attivi del gruppo di controllo.

I BENEFICI DELL'ATTIVITÀ FISICA

“Una sana attività fisica è di grande rilevanza nella malattia di Pompe – scrivono gli autori dello studio – perché a causa della minore massa muscolare e, di conseguenza, del ridotto dispendio energetico a riposo, i pazienti adulti hanno un rischio maggiore di sviluppare obesità sarcopenica [la combinazione tra l’eccesso di grasso corporeo e la progressiva, generalizzata perdita di massa, forza e funzione muscolare, N.d.R.]. L’obesità sarcopenica è associata alla sindrome metabolica e ad un aumento del rischio di morbilità cardiovascolare, e nel nostro studio l'indice di massa corporea dei pazienti fisicamente inattivi tendeva ad essere in media più alto rispetto a quello dei pazienti attivi. Con un’attività fisica regolare è possibile prevenire l’obesità e mantenere un peso corporeo sano: ciò potrebbe essere particolarmente interessante per i pazienti affetti da malattia di Pompe, poiché la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) viene dosata per chilogrammo di peso corporeo e la prevenzione dell’obesità può quindi ridurre anche i costi sanitari”.

Non solo: “La minor forza di trazione dei muscoli scheletrici dovuta alla ridotta mobilità potrebbe inoltre portare al declino della densità minerale ossea e all’osteoporosi, costituendo un fattore di rischio per le fratture, già riscontrato nella malattia di Pompe”, concludono i ricercatori olandesi. “L’attività fisica a lungo termine è quindi di grande valore per il benessere generale dei pazienti e dovrebbe essere implementata come un importante elemento dello standard di cura”.

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