La malattia di Fabry, il cui nome completo è malattia di Anderson–Fabry, è causata da accumulo lisosomiale ed è dovuta alla carenza dell’enzima alfa-galattosidasi A. Questo porta all’accumulo di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (Gb3), nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo, con danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale tali da compromettere qualità e aspettativa di vita. I sintomi sono dolori anche molti forti agli arti (acroparestesie dolorose), febbre, stanchezza e intolleranza agli sforzi, al caldo e al freddo eccessivi, talvolta anche disturbi dell’udito e della vista, sintomi non specifici che rendono piuttosto difficile la diagnosi, che può arrivare in età adulta, anche con grande ritardo.

Il codice di esenzione della malattia di Fabry è RCG080 (afferisce al gruppo "Difetti da accumulo di lipidi").

La sezione Malattia di Fabry è realizzata grazie al contributo non condizionante di Amicus Therapeutics, di Chiesi Global Rare Diseases e di Sanofi.

Amicus Therapeutics Malattia di Fabry, Chiesi Malattia di Fabry, Sanofi

La trasmissione della malattia è ereditaria e legata al cromosoma X. Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile. I padri con la malattia di Anderson-Fabry non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi, ma solamente alle figlie femmine. In funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X, i soggetti eterozigoti sviluppano la malattia in forma lieve, moderata oppure classica. In genere sono i maschi a sviluppare la condizione in forma più grave ma in ogni caso, anche all’interno della stessa famiglia, la malattia può presentarsi con sintomatologia ed evoluzione clinica anche molto differente.

Per la malattia di Fabry è disponibile la terapia di sostituzione enzimatica (infusioni endovenose da effettuarsi generalmente ogni 14 giorni) e, per i pazienti che presentano alcune specifiche mutazioni genetiche, anche la terapia a somministrazione orale.

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A fianco delle famiglie che convivono con la malattia di Fabry in Italia è attiva l'associazione AIAF Onlus.

Fonte principale:
- Orphanet

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Intervista-video al dott. Maurizio Pieroni, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale San Donato di Arezzo

Il cardiologo è coinvolto in numerosi aspetti nella gestione del paziente con malattia di Fabry, quali la diagnosi differenziale con altre cardiomiopatie, l’identificazione precoce del danno al cuore, la stadiazione del grado di coinvolgimento cardiaco e le decisioni riguardanti l’inizio della terapia enzimatica sostitutiva e l’eventuale associazione di altre terapie cardiologiche di supporto. Di questo tema si è parlato il 22 e 23 novembre a Milano, durante l’evento dal titolo “Time to Fabry”.

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Intervista-video al prof. Andrea Frustaci, Dipartimento di Cardiologia, Università “Sapienza” di Roma

La malattia di Fabry è una malattia progressiva su base genetica, ad ereditarietà X-linked, e interessa principalmente gli apparati renale, neurologico, cardiovascolare, cocleo-vestibolare e cutaneo. Sul piano scientifico, sta emergendo che l’accumulo di glicolipidi caratteristico della patologia si traduce anche in una reazione immunogena e infiammatoria. Di questo aspetto si è discusso a Milano, il 22 e 23 novembre scorsi, in occasione dell’evento “Time to Fabry”.

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Intervista-video al prof. Antonio Pisani, titolare della Cattedra di Nefrologia all’Università Federico II di Napoli

Il coinvolgimento renale rappresenta un evento decisivo nel paziente affetto da malattia di Fabry, e condizionante per la morbilità e la mortalità della patologia. I numerosi studi eseguiti negli ultimi anni hanno consentito un notevole miglioramento delle conoscenze sui principali aspetti della Fabry, tra cui, appunto, quello renale. Dell’argomento si è parlato a Milano, il 22 e 23 novembre, nel corso dell’evento “Time to Fabry”.

Terapie domiciliari

La donna è affetta dalla patologia come i suoi tre figli: vivono in Emilia Romagna, una delle sei Regioni dove ancora non è possibile effettuare la terapia a casa

Cervia (Ravenna) – Mariella ha 50 anni, e i suoi figli, due maschi e una femmina, ne hanno 22, 21 e 16. Come è possibile che fino a sei anni fa nessuno di loro sapesse di essere affetto da una rara condizione genetica? La risposta sta nel fatto che la malattia di Fabry è una patologia subdola, e i suoi sintomi non specifici possono essere facilmente confusi con quelli di tanti altri disturbi. La famiglia ha ottenuto una diagnosi solo nel 2014, all'ospedale di Ravenna. “Io fino a quel momento non avevo mai avuto sintomi, e non sapevo nulla della malattia di Fabry e delle sue possibili complicazioni”, racconta la donna.

Incontro promosso da AIAF Onlus in Toscana

Malati e familiari chiedono alla Regione un cambio di rotta sulla terapia domiciliare

Firenze - Un’intera giornata dedicata a pazienti, familiari, medici e operatori della salute della Toscana, riuniti tutti insieme per approfondire gli aspetti clinici e gestionali della malattia di Anderson-Fabry: un’importante occasione, l’incontro promosso il 19 ottobre da AIAF Onlus, l’Associazione Italiana Anderson-Fabry, per fare il punto, e confrontarsi con i diversi portatori di interesse, in una regione, la Toscana, che rappresenta un’eccellenza nella diagnosi e nella cura di questa rara patologia lisosomiale, ma anche per ribadire la necessità che questa Regione riconosca ai pazienti in cura con la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) il diritto di potersi curare a casa, con il consenso del medico di riferimento.

Diagnosi di malattia

Il racconto di Simone: “Prima avevo spesso febbre alta e forti dolori, sintomi che ora sono quasi scomparsi grazie alla terapia enzimatica sostitutiva”

Napoli – Simone è un paziente ‘storico’: è stato il primo a iniziare la terapia enzimatica sostitutiva per la malattia di Fabry al Policlinico di Napoli: era il 2001, e da allora la sua vita ha preso una piega diversa. La svolta, però, è stata la diagnosi, ottenuta intorno ai 7 anni, nel 1984: un caso in controtendenza, dato che il ritardo diagnostico in questa malattia è ben più ampio; il tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi, infatti, è in media di 13,7 anni per i maschi e 16,3 anni per le femmine.

Evento di AIAF Onlus nel Lazio

In Italia, si calcola che siano circa 60 i nuovi casi della patologia ogni anno, per un totale di 700 pazienti, ma si tratta di un numero ampiamente sottostimato

Roma - Un’intera giornata dedicata a pazienti, familiari, medici e operatori della salute del Lazio, riuniti tutti insieme per confrontarsi e approfondire le tematiche riguardanti la malattia di Fabry: è l’Incontro regionale medici-pazienti del Lazio, organizzato da AIAF Onlus, che si è svolto il 22 giugno scorso a Roma. Una delle tappe del circuito di incontri regionali che l’Associazione Italiana di riferimento per i pazienti Anderson-Fabry sta promuovendo in tutta la Penisola con il supporto del suo Comitato Scientifico, il cui obiettivo è di rappresentare un punto di incontro tra pazienti, medici specialisti dei vari Centri regionali, infermieri, ricercatori e tutti i portatori di interesse che si occupano in diversi ambiti di malattia di Fabry.

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