L’intervista al prof. Antonino Tuttolomondo
Tra la malattia di Fabry e alcuni eventi neurologici esiste un legame noto fin dalla descrizione clinica classica di questa patologia rara, nella quale è sottolineato come essa presenti manifestazioni neurologiche, a carico del sistema nervoso periferico e della trasmissione del dolore, identificabili come acroparestesie (attacchi di formicolio anche doloroso, continuo o parossistico, localizzato presso le estremità degli arti, quindi le mani, i piedi e i polpastrelli delle dita).
Da 10-20 anni, tuttavia, si discute sulla possibilità che la malattia di Fabry presenti anche ulteriori manifestazioni neurologiche, come, ad esempio, accidenti cerebrovascolari, alterazioni della sostanza bianca e problematiche legate al sistema nervoso centrale.
“Dai dati in letteratura, sembra emergere che questa malattia rara possa essere un possibile agente di ischemia cerebrale, su base genetica, negli ictus giovanili, e che in questi pazienti possa esserci un interessamento della sostanza bianca cerebrale, relazione, quest’ultima, ancora da verificare”, spiega il prof. Antonino Tuttolomondo, della U.O.C di Medicina Interna e Stroke Care, Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico "Paolo Giaccone" di Palermo.
Anche grazie a questi studi, da qualche anno accade più di frequente che a partire da un evento cardiovascolare si arrivi alla diagnosi di Fabry. Ad esempio, nei pazienti con ictus criptogenetico o giovanile (cioè a insorgenza prima dei 55 anni) l'attuale tendenza è quella di prestare particolare attenzione alla valutazione della possibile origine genetica di questo disturbo. In tali casi, quindi, è plausibile sospettare che alla base ci possa essere anche la malattia di Fabry, che è causata da specifiche mutazioni nel gene GLA e dalla conseguente carenza dell'enzima alfa galattosidasi A.
Non esistono, purtroppo, marker diagnostici in grado di distinguere un ictus correlato alla Fabry da uno che non abbia legami con questa patologia. È importante, invece, guardare alla familiarità del paziente, effettuando un'approfondita anamnesi familiare, e alla presenza, oltre all’ictus, di eventuali altri segni di tipici della Fabry: ecco che allora diventa consigliabile effettuare l’analisi enzimatica per verificare un possibile deficit di alfa galattosidasi A, procedendo poi ad accertare le mutazioni in GLA e l’accumulo, nell'organismo, del metabolita globotriaosilceramide (Gb3).
L’intervista al prof. Tuttolomondo è stata realizzata in occasione dell'evento "Time2Fabry: la Fabryca dell’esperienza", recentemente svoltosi a Milano.
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