I risultati del programma italiano TuTor evidenziano le spese (in termini di tempo e denaro) dell'opzione ospedaliera. Soddisfazione massima, invece, se il servizio viene offerto a casa dei pazienti

Roma – Un consenso unanime: nessuno, ormai, mette in dubbio i vantaggi offerti dalla terapia domiciliare nelle malattie da accumulo lisosomiale. Su O.Ma.R, in questi mesi, abbiamo riportato diversi punti di vista: da quello dei medici a quello della politica e del mondo associativo. Infine, pochi giorni fa, abbiamo fatto una ricerca sui risultati dei principali studi clinici italiani che hanno riguardato questo tema. La conclusione è sempre la stessa: con la home therapy si risparmia tempo e denaro, e si ottiene una migliore qualità di vita.

Ora una nuova conferma proviene da uno studio pubblicato sulla rivista European Journal for Person Centered Healthcare, condotto su pazienti italiani affetti da una delle malattie comprese in questo eterogeneo gruppo di condizioni genetiche rare e croniche. Il trattamento standard per le lisosomiali è l'infusione ospedaliera di una terapia enzimatica sostitutiva (ERT): una pratica che, seppur necessaria, nel tempo può risultare scomoda, richiedendo sacrifici professionali o personali. Perciò, il programma italiano TuTor, istituito nel 2011 da Sanofi Genzyme, ha voluto offrire ai pazienti ritenuti candidabili dal proprio medico curante un'alternativa: un servizio infermieristico professionale e gratuito che potesse fornire loro l'ERT a domicilio.

Lo studio, basato su questionari, è stato condotto per rilevare il livello di soddisfazione dei pazienti e per far luce sulla loro percezione della malattia. Il programma TuTor offre attualmente un trattamento ERT domiciliare a 138 pazienti in Italia e fa affidamento su 45 infermieri professionisti. Le prime 100 persone arruolate sono state intervistate al basale e poi nuovamente dopo 6, 12 e 18 mesi. si tratta di un campione ben bilanciato (52 pazienti di sesso femminile e 48 di sesso maschile), con un'età compresa fra i 5 e gli 80 anni: 46 erano affetti da malattia di Gaucher, altri 46 da malattia di Fabry e 8 da mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I).

I racconti del vissuto dei pazienti fanno emergere le difficoltà legate al trattamento ospedaliero: per circa 1 paziente su 3 è necessario chiedere permessi o ferie dal lavoro per poter effettuare l’infusione, 2 su 3 hanno bisogno di un caregiver che li accompagni, e 1 su 4 percorre in auto una distanza superiore ai 30 chilometri. Inoltre, una volta arrivati in ospedale, i pazienti devono attendere di solito per 45 minuti prima di iniziare l’infusione, e una volta terminata, non possono lasciare il Centro prima di mezz'ora, per un periodo di osservazione e monitoraggio di eventuali eventi avversi. Insomma, in media si impiegano più di due ore, al netto del tempo associato per l'infusione vera e propria. E se il tempo è denaro, per ricevere periodicamente una infusione in ospedale si spendono entrambi: i pazienti hanno riportato un costo medio di 18 euro per ogni infusione, che significa una spesa annuale di circa 468 euro per la Gaucher o la Fabry, e di circa 936 euro per la MPS I.

Con queste premesse, si possono già immaginare i risultati dopo aver ricevuto l'ERT a domicilio per 6 mesi: il 37% dei pazienti ha reputato che la propria qualità di vita fosse “notevolmente migliorata”, e la percentuale è cresciuta fino al 60% dopo 18 mesi. Inoltre, dopo aver ricevuto il servizio per 6 mesi, l'abilità degli infermieri domiciliari è stata considerata “eccellente” dal 69% dei pazienti e “buona” dal 26%, mentre la gentilezza è stata giudicata “eccellente” dall'83%. Dopo 12 mesi, il tasso di competenza degli infermieri veniva valutato come “eccellente” dal 74% dei pazienti, aumentando ulteriormente fino all'88% dopo 18 mesi. Complessivamente, dal 99 al 100% dei pazienti ha valutato il servizio infermieristico domiciliare come “positivo” o “molto positivo” e ha riferito che lo raccomanderebbe ad altri pazienti con la stessa condizione.

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