Rosella

La donna si è sottoposta al trattamento sperimentale nel 2021: “In attesa dei risultati imparo a lavorare al PC senza vedere”

“Sono Rosella, ho 54 anni, sono sposata e ho una figlia di 27 anni, Greta. Dovendo andare a ritroso nella mia storia, direi che lo spartiacque del mio stato di salute si colloca nel 2018, quando mi viene diagnosticato un cancro al seno. Seguono due operazioni, poi, ad aprile 2019, comincio a prendere la pastiglia per la cura ormonale”. Rosella inizia così il racconto della sua travagliata avventura, ricostruendo con attenzione i punti salienti della sua vicenda personale. “A luglio 2020, durante una serata con amici, mi accorgo che non riesco a mettere bene a fuoco lo schermo del telefono. Lo stesso mi accade col computer di lavoro, il giorno seguente. Copro l’occhio sinistro e mi rendo conto che dal destro, mentre la visione periferica è perfetta, nella porzione centrale c’è il vuoto. Non vedo”.

Poi, il contatto con l’oculista di fiducia, una diagnosi che non va a fondo nel problema, fino al ricovero di dieci giorni in ospedale, con accertamenti a livello neurologico: si sospetta una neurite ottica di natura ischemica. Quattro mesi dopo, Rosella si accorge che anche l’altro occhio non vede bene: “Era il 27 novembre 2020. Nel pomeriggio, mentre sto scrivendo, mi rendo conto che non vedo nel punto esatto in cui la penna poggia sul foglio. Da lì, l’esclusione della neurite ischemica. Mi hanno consigliato di contattare un centro oftalmologico a Chieti. All’epoca non potevo immaginarlo, ma lì, sotto la guida del Prof. Leonardo Mastropasqua, ho conosciuto un gruppo di medici preparatissimi, professionali e molto sensibili: in due giorni, già si solleva l’ipotesi della neuropatia ottica ereditaria di Leber, confermata in breve tempo al Bellaria di Bologna, con un test del DNA”.

La neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) è una patologia degenerativa che coinvolge il nervo ottico, causando una progressiva perdita della vista, annebbiamento e attenuazione dei colori. “Una condizione molto rara, che colpisce principalmente i maschi tra i 15 e i 30 anni”, continua Rosella, scherzando poi: “Io, invece, sono donna e sulla cinquantina: chi avrebbe mai pensato che potessi essere affetta da questa patologia”. 

Il caso passa in mano all’equipe specializzata del Bellaria di Bologna, o, come li definisce Rosella, “i miei angeli”: il professor Carelli, la neurologa La Morgia e l’oculista Carbonelli, coadiuvato dal dottor D’Agati. Più volte ritornano questi nomi nell’intervista, che Rosella definisce “una punta di diamante nel panorama europeo e mondiale della medicina”. “Sono stata seguita in tutto e per tutto – prosegue – sotto il profilo medico e quello umano. Ancora oggi sono loro a condurmi in questo viaggio, mi fido assolutamente di ciò che fanno per me. A partire proprio dalla terapia genica, a cui mi hanno consigliato di sottopormi.”

È la dottoressa La Morgia che, a gennaio del 2021, propone a Rosella di sottoporsi alla la terapia genica: l’unico scoglio è la pandemia di COVID-19 che potrebbe rallentare il percorso, ma la prontezza dei medici funge da propulsore e l’iter si risolve in tempi molto brevi: dopo pochi mesi, ad aprile, Rosella si sottopone all’iniezione intravitreale.

“Quando mi hanno detto dell’opportunità di questo trattamento ho risposto sì a cuor leggero. Con un 80% di risultati positivi nella sperimentazione effettuata, non potevo che affidarmi totalmente all’equipe di medici. Oggi è ancora presto per dire se la mi vista migliorerà, ci vuole del tempo per ottenere dei risultati, ma la speranza c’è”. Il farmaco che è stato somministrato a Rosella non è ancora in commercio, anche se le sperimentazioni, svoltesi anche in Italia, si sono concluse positivamente. Per questo motivo, la terapia è stata fatta sottoponendo al comitato etico dell’ospedale una richiesta di uso compassionevole per singolo paziente, che è stata approvata.  

C’è una forza travolgente nel racconto di Rosella, un’energia positiva che la muove. Come lei stessa ci racconta, non è mai stata sola in questo percorso: “I medici, la famiglia, le amiche, mi hanno sostenuta tutti, anche nei miei momenti emotivamente più bui. Mia figlia è un pezzo importantissimo del puzzle della mia vita: è stata lei, laureata in psicologia, a convincermi a intraprendere un percorso di psicoterapia. Mio marito è sempre al mio fianco. Al lavoro mi hanno dato tutto il tempo di cui ho bisogno e la porta per me è sempre aperta. Nonostante la situazione, mi sento fortunata”.

Adesso Rosella frequenta abitualmente l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, due volte alla settimana, facendo formazione sull’utilizzo del PC, sotto la guida di Armando Giampieri, volontario, con la speranza di tornare al più presto alla sua professione. “Utilizzare il computer senza poter vedere non è semplice, ma si può imparare”, dice. “Sono sempre stata attiva nel lavoro, e così anche nello sport. Mi manca un po’ tutto, ma non ci si può buttare giù, nonostante non sia semplice.”

Sono particolarmente grata a Paula Morandi, rappresentante dei pazienti affetti da malattie mitocondriali della vista per l’associazione Mitocon”, conclude Rosella. “È stata, ed è tuttora, un contatto preziosissimo. L’ha inizialmente conosciuta mia figlia e ora la sento abitualmente, quasi tutti i giorni. È un sostegno che non dovrebbe mancare a nessuno in queste situazioni”.

Leggi anche: “LHON: ricerca, tecnologia e associazioni sono la chiave per il futuro”.

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