Malattie rare e sostenibilità delle cure: il punto con il prof. Auricchio

Alberto Auricchio (Istituto Telethon di genetica e medicina): "Non c'è una soluzione unica al problema, ma tutti dobbiamo contribuire"

La sostenibilità dei farmaci per le malattie rare è un tema sempre più caldo e di attualità: dell’argomento ha parlato, con Adnkronos Salute, Alberto Auricchio, direttore dell'Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli, Napoli.

"La sostenibilità dei farmaci per le malattie rare e ultra rare, e in particolare dei prodotti di terapia genica - spiega Auricchio - sta diventando un problema importante per il quale non esiste una soluzione univoca. Da una parte si può intervenire abbattendo i costi dello sviluppo clinico di questi farmaci, dall'altro si possono adottare modelli nuovi a valle dell'approvazione, dopo cioè che un prodotto è andato sul mercato. C'è molta discussione al riguardo, sui modelli da mettere in campo. Gli ingenti fondi messi a disposizione dal PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, potrebbero essere usati proprio in questa direzione, ma questo è avvenuto solo in parte".

E per quanto riguarda l'abbattimento dei costi di sviluppo? "Una possibilità - risponde ad Adnkronos Salute Auricchio - sono i progetti cosiddetti 'piattaforma', che cioè usano uno stesso approccio, ad esempio lo stesso tipo di vettore per terapia genica, per più malattie contemporaneamente, permettendo di abbattere alcuni costi di sviluppo, seguendo una strategia concordata con le agenzie regolatorie".

"L'altro problema, inaspettato fino a poco fa - continua il direttore del Tigem - è quello osservato in alcuni casi, a valle dell'approvazione, con aziende che dismettono farmaci approvati perché non più sostenibili per loro, considerato il ristretto numero di malati che ne beneficiano. È stato questo - ricorda - il caso recente di un farmaco di terapia genica che la Fondazione Telethon, in particolare il Tiget, aveva sviluppato per una malattia rara e che è stato dato in licenza ad un'azienda che aveva il compito di produrlo e distribuirlo dopo l'autorizzazione. Questa azienda lo ha poi dismesso e la Fondazione, in maniera coraggiosa e assolutamente innovativa, si è ripresa in carico il farmaco organizzandone la produzione e distribuzione, e rendendolo quindi disponibile di nuovo ai pazienti. Questa iniziativa ha avuto una grossa risonanza nel mondo scientifico, e anche imprenditoriale. Sebbene la Fondazione stia per seguire lo stesso percorso anche per un secondo prodotto simile, dubito che riesca a farlo per molti altri ancora - osserva Auricchio - essendo una organizzazione non-profit e non un'azienda".

Il dibattito rimane dunque aperto. Circa i finanziamenti alla ricerca, ammette lo scienziato, "la situazione nel nostro Paese non è rosea, l'Italia non è un Paese che investe in ricerca e non offre possibilità di accedere a fondi in maniera programmata e competitiva. Al Tigem siamo fortunati - evidenzia il direttore - in quanto applichiamo a fondi che la Fondazione Telethon ci mette a disposizione dopo una valutazione rigorosa fatta da una commissione internazionale di esperti. Inoltre ci impegniamo nel procurarci fondi esterni, soprattutto provenienti dalla Comunità Europea. Negli anni siamo diventati sempre più efficaci in questo senso, grazie al nostro Ufficio Scientifico che supporta i nostri ricercatori nella stesura dei progetti di ricerca. In particolare i grant della Comunità Europea 'a cordata', che prevedono la partecipazione allo stesso grosso progetto di più ricercatori di diverse nazioni europee. Siamo stati anche bravi ad assicurarci i prestigiosi e competitivi fondi dell'ERC (European Research Council): ad oggi al Tigem abbiamo vinto 16 finanziamenti dell'ERC, un numero non comune considerate le dimensioni del nostro istituto".

"Stiamo parlando comunque di fondi adatti a portare avanti ricerca di base e preclinica. Ma non quella ricerca traslazionale, che prevede poi uno sviluppo clinico. In quel caso - conclude Auricchio - bisogna trovare dei modelli diversi. Uno che la Fondazione ha recentemente adottato è la partnership con il fondo di investimento Sofinnova-Telethon che ha selezionato alcune delle ricerche fatte all'interno dell'ecosistema Telethon, principalmente Tigem a Napoli e Tiget a Milano, e ha investito creando delle spin-off, cioè delle piccole biotech che hanno spesso questo obiettivo di portare in clinica alcune delle nostre ricerche più avanzate, utilizzando fondi e competenze che non sono tipici di ambienti di ricerca accademica".

(Fonte Adnnkronos Salute)

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