Linee guida

Sul tema si confrontano gli esperti di tre importanti centri di riferimento italiani per la patologia

Quando parliamo di neurofibromatosi tendiamo a riferirci a un insieme di malattie genetiche che condividono alcuni aspetti clinici e possono essere ricondotte a due grandi gruppi: la neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) e la neurofibromatosi di tipo (NF2), entrambe trasmesse con modalità autosomica dominante ma piuttosto diverse sotto il profilo genetico e molecolare. In particolare, la NF1 si rende evidente soprattutto nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, con manifestazioni cutanee tipiche (le cosiddette “macchie caffellatte”), e nasconde una spiccata propensione allo sviluppo di tumori benigni, in particolare neurofibromi, e anche maligni, che necessitano di un’attenta sorveglianza.

Al fine di fornire una panoramica completa delle corrette modalità di diagnosi e monitoraggio della neurofibromatosi di tipo 1, tramite il contributo della dott.ssa Federica Chiara, del Dipartimento di Chirurgia Oncologica e Gastroenterologia dell’Università di Padova, nonché presidente dell’Associazione LINFA OdV (Lottiamo insieme contro la neurofibromatosi), Osservatorio Malattie Rare ha interpellato gli esperti di tre centri di riferimento per rispondere ad alcune domande sulla malattia e sulla corretta gestione dei pazienti ad alto rischio. Si tratta delle prof.sse Iria Neri e Ilaria Cecconi, rispettivamente dell’Ambulatorio di Dermatologia Pediatrica e Malattie Rare e Complesse e del servizio di Neuropsichiatria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, della dott.ssa Irene Bruno e del dott. Andrea Magnolato, dell’Unità di Malattie Metaboliche e Rare dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, e della dott.ssa Maria Cristina Diana, dell’UOC di Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari dell’IRCCS Istituto Giannina Gaslini di Genova.

Sulla base di quali criteri un paziente con NF1 viene definito ad alto rischio? Quali esami si eseguono per la ricerca di neurofibromi interni?

Iria Neri e Ilaria Cecconi (Bologna): “In genere, le complicanze più importanti della NF1 si presentano entro i primi 6-7 anni di vita, per cui in questa fascia di età va posta grande attenzione all’eventuale comparsa di manifestazioni cliniche potenzialmente rischiose e invalidanti e si devono eseguire periodici accertamenti clinico-strumentali per la ricerca delle stesse. Non esistono fattori predittivi che consentano di individuare persone con NF1 particolarmente a rischio di sviluppare quadri clinici più gravi, se non la presenza di microdelezione del gene NF1, che si associa, in genere, a un’espressività clinica più severa. Per la diagnosi di neurofibromi interni si effettuano, in prima istanza, indagini non invasive come quelle ecografiche e, in seconda battuta, una volta identificate eventuali localizzazioni della patologia di base, esami più approfonditi quali la risonanza magnetica”.

Irene Bruno e Andrea Magnolato (Trieste): “Di base, a parte i bambini con delezione completa del gene, nessuna mutazione genetica può al momento definire i bambini ad alto rischio. Tuttavia, è vero che in alcuni bambini la malattia ha un potenziale di espressione più alto che negli altri: tra i segni più evidenti, già visibili fin dai primi anni di vita, ci sono la facies (tratti tipici del viso) e la presenza di displasie scheletriche e di neurofibromi plessiformi. In conclusione, a priori, tutti i bambini sono potenzialmente a rischio e avviano lo stesso follow-up, che poi viene intensificato in caso di problemi”.

Maria Cristina Diana (Genova): “Il paziente con NF1 deve essere preso in carico globalmente per tutti gli aspetti della patologia, avviando un percorso diagnostico-assistenziale dedicato che includa la valutazione pediatrica, la consulenza specialistica (comprensiva di valutazione oculistica, dermatologica, neuropsichiatrica/psicomotoria o psicodiagnostica, neurogenetica, endocrinologica, ortopedica, cardiologica, oncologica, neuro-oncologica, neurochirurgica, chirurgica, nefrologica, neurofisiologica, fisiatrica), gli esami ematochimici, l’analisi genetica, la tomografia ottica computerizzata (OCT), l’esame del campo visivo e dei potenziali evocati visivi (PEV), l’ecografia addominale, l’ecodoppler renale, la risonanza magnetica encefalo/spinale e total body, l’ecografia di cute e sottocute, la PET, l’elettroencefalogramma, lo studio della velocità di conduzione nervosa (VCN) motoria e sensitiva e l’elettromiografia”.

Come si effettua il follow-up del paziente con NF1? Quali indagini vengono solitamente svolte e con quale frequenza?

Iria Neri (Bologna): “Nei bambini con NF1 accertata si eseguono con cadenza all’incirca annuale una visita dermatologica, una visita oculistica e un’ecografia addome/retro-peritoneo. In presenza di complicanze, gli esami necessari per il loro monitoraggio dipendono dalla sede e dal tipo di localizzazione delle stesse, e dalla presenza o meno di segni e sintomi clinici”.

Irene Bruno (Trieste): “Anche se nelle linee guida non è previsto, noi, alla diagnosi, eseguiamo una risonanza magnetica (RM) dell’encefalo per escludere aspetti malformativi e valutare la possibile presenza di ispessimenti del nervo ottico. Visitiamo e ‘palpiamo’ bene il corpo dei bambini per cercare la presenza di neurofibromi plessiformi, che spesso si associano a diversa pigmentazione cutanea e a peluria sovrastante. Eseguiamo annualmente ecografia addome. Se presente scoliosi, o chiazze che evocano la presenza di un neurofibroma plessiforme sottostante, eseguiamo RM o ecografia della parte sospetta. Visita oculistica e PEV vengono eseguiti ogni 6 mesi fino ai 3-4 anni, poi una volta all’anno fino ai 6-7 anni. Poi, se il paziente è attendibile, eseguiamo anche solo visita oculistica. La pressione sistolica viene misurata ogni sei mesi”.

Maria Cristina Diana (Genova): “Il follow-up varia a seconda delle problematiche e comprende una valutazione globale con visite oculistiche e valutazioni neurologiche, psicomotorie, ortopediche e cardiologiche. I pazienti effettuano anche la visita chirurgica e neurochirurgia e una serie di esami ematochimici e di imaging di controllo a cadenze specifiche, o in presenza di segni di malattia o sintomi clinici”.

Attualmente, è contemplato o consigliato l’uso della risonanza magnetica nel follow-up del paziente con NF1? Con quali vantaggi e quali controindicazioni?

Iria Neri (Bologna): “La RM è una metodica di studio estremamente sensibile e utile per la diagnosi e il monitoraggio delle complicanze della NF1. È indubbiamente utile per seguire l’evoluzione delle complicanze cerebrali e sistemiche della NF1, quali i neurofibromi plessiformi, e per indirizzare, quando necessario, il relativo trattamento (chirurgico o farmacologico) specie in fase pre-sintomatica. Infatti, generalmente, la RM encefalo viene effettuata per la diagnosi e il follow-up del glioma delle vie ottiche nei bambini con NF1. La RM tessuti molli viene riservata allo studio e al monitoraggio dei neurofibromi, specie i plessiformi, anche in previsione dell’eventuale intervento di asportazione parziale o totale della lesione, quando possibile. Tuttavia, l’esame richiede molta collaborazione e l’immobilità durante il suo svolgimento, per cui nei bambini deve essere effettuata in corso di sedazione farmacologica e, quindi, non è esente da rischi: in età pediatrica, la sedazione farmacologica necessaria per permettere il corretto svolgimento della RM può comportare rischi di eventi avversi e/o complicanze. Inoltre, in preparazione all'induzione della sedazione, i bambini devono essere sottoposti ad alcuni accertamenti, quali prelievo ematico ed ecocardiogramma (ECG). Ne consegue che tale esame vada eseguito nei casi in cui sussista una reale indicazione clinica e in cui il rapporto rischi/benefici sia a favore di quest’ultimi”.

Irene Bruno (Trieste): “L’uso della RM è consigliato in primis per le procedure di screening dell’encefalo, poi, in caso di dubbio, in altre parti del corpo sospette e, infine, per eseguire una corretta valutazione volumetrica delle masse e dei loro rapporti con altre strutture vitali. Fondamentalmente, la RM è utile per valutare il coinvolgimento midollare in caso di scoliosi, dolore, zoppia o neurofibroma plessiforme di schiena/retroperitoneo. Uno dei principali vantaggi di questo esame è l’individuazione precoce di masse retroperitoneali o mediastiniche e la valutazione volumetrica per un’eventuale terapia medica/chirurgica. Lo stesso discorso vale per i gliomi e le masse cerebrali. Va specificato che in un centro pediatrico specialistico la sedazione è una procedura di routine, certo non scevra di rischi, ma certamente sicura. I rischi vanno sempre pesati e confrontati con i benefici delle informazioni ottenibili. Vi sono alcune segnalazioni di accumulo di Gadolinio dopo numerose RM con contrasto: questo tipo di esame, quindi, va effettuato con parsimonia”.

Maria Cristina Diana (Genova): “La RM encefalo e spinale si esegue come primo controllo all’età di 6 anni, quando i pazienti sono maggiormente collaboranti, e poi ogni 2-3 anni o in base alla presenza di segni di malattia o sintomi clinici; può essere indicato anticiparla, in sedazione, nel caso si rilevino segni clinici o sintomi visivi o neurologici o in presenza di un quadro complesso malformativo. La RM total body si effettua a partire dai 6 anni, in presenza di malattia, oppure per controllo in età adulta”.

Attualmente, in particolar modo in Italia, c’è uniformità e consenso sulle modalità per la presa in carico e il follow-up del paziente con NF1?

Iria Neri (Bologna): “Al momento attuale, in Italia, i diversi centri che si occupano della presa in carico delle persone con NF1 non adottano i medesimi protocolli diagnostici. In parte, ciò è dovuto alla mancanza di linee guida su scala nazionale e, in parte, alle disponibilità/possibilità diagnostiche delle varie strutture. Le principali criticità sono quindi legate alla necessità di stabilire modalità di condotta il più possibile omogenee a livello italiano e alla possibilità di accedere a strumenti diagnostici adeguati, nonché di disporre della consulenza di professionisti adeguatamente formati e con esperienza nella gestione delle persone affette da NF1”.

Irene Bruno (Trieste): “Il nostro centro segue le linee guida internazionali, con una personalizzazione a seconda della nostra realtà e del paziente che abbiamo davanti. Purtroppo, c’è uno scarso confronto tra clinici”.

Maria Cristina Diana (Genova): “Al momento non esiste un progetto di transizione bambino-adulto, pertanto nel nostro centro i pazienti vengono seguiti anche dopo i 18 anni, per quanto possibile. In caso di problematiche specifiche ti tipo oncologico, chirurgico, cardiologico e nefrologico, i pazienti adulti vengono inviati presso strutture competenti per questa fascia di età”.

Conclusioni

Come si evince dalle risposte dei medici intervistati, che appartengono a istituti di eccellenza nella gestione clinica e terapeutica delle neurofibromatosi, grandi progressi sono stati fatti in Italia per organizzare centri dedicati a queste malattie complesse. Tuttavia, non in tutte le regioni italiane sono presenti strutture all’avanguardia come quelle citate, in grado di garantire al paziente un’assistenza a trecentosessanta gradi. Ecco perché le persone affette da neurofibromatosi e le loro famiglie (soprattutto quando si tratta di pazienti in età pediatrica) sono spesso costrette a spostamenti e viaggi per visite e controlli, sopportando stress e fatica e sobbarcandosi i relativi oneri economici. Per questo motivo, associazioni come LINFA OdV si battono da anni affinché ciascuno di questi pazienti riceva la necessaria assistenza sul proprio territorio e, soprattutto, possa accedere ad adeguate cure chirurgiche o farmacologiche. Un obiettivo prioritario è quello di armonizzare, a livello nazionale, i protocolli di presa in carico e assistenza delle persone con neurofibromatosi, facendo in modo che le modalità di accesso a controlli clinici e trattamenti siano uguali per tutti, sia in ambito pediatrico che adulto.

Leggi anche: “Neurofibromatosi: dietro macchie cutanee si cela una malattia rara e pericolosa”.

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