Prof. Santini: “Se non c’è tessuto adiposo i grassi si depositano nel sangue e negli organi”
Con il termine lipodistrofia si intende una riduzione, fino alla completa scomparsa, del tessuto adiposo. Dal punto di vista medico non esiste ‘una’ lipodistrofia, ma diverse lipodistrofie con cause differenti e manifestazioni variabili: ciò che le accomuna è comunque la rarità, più o meno elevata nelle diverse forme. Nel caso di Lucia si tratta di una lipodistrofia generalizzata di origine autoimmune, cioè dovuta a una reazione anomala del suo sistema immunitario. Abbiamo chiesto al prof. Ferruccio Santini, Responsabile Centro Obesità U.O. Endocrinologia 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana di spiegarci meglio cosa accade nelle diverse forme di lipodistrofia e che cosa è possibile fare oggi per migliorare la vita di chi ne è affetto.
Professore che forme di lipodistrofia esistono e quali sono le più comuni manifestazioni?
“La lipodistrofia è una malattia molto rara che si manifesta in modo eterogeneo - spiega il medico – può essere totale o parziale a seconda dell’entità della perdita di tessuto adiposo sottocutaneo, che nei casi più gravi scompare del tutto. L’esordio può avvenire ad età variabili: nelle forme ereditarie, dove la malattia è dovuta a dei difetti genetici ormai noti, compare nell’infanzia o nell’adolescenza, mentre nelle altre forme, che si dicono acquisite e sono di tipo autoimmune, può comparire anche in età più avanzata.
Qualunque sia la causa, la perdita di tessuto adiposo sottocutaneo genera dei problemi. Non essendoci un tessuto in cui i grassi possano naturalmente accumularsi questi si depositano in altri organi, per lo più il fegato ma anche altri visceri. Il risultato è lo sviluppo di disturbi del metabolismo come diabete e alcune dislipidemie, in particolare ipertrigliceridemia, che sono le manifestazioni più comuni. Ci possono poi essere degli effetti negativi anche a livello cardiaco e di altri tessuti, ad esempio quelli articolari”.
Lei ha usato su alcuni pazienti un farmaco a base di leptina, di che si tratta?
La leptina non è altro che un ormone che in condizioni normali viene prodotto proprio dal tessuto adiposo in proporzione al suo volume. Le persone che hanno molto tessuto adiposo producono molta leptina e quelle magre ne producono poca, i lipodistrofici ne hanno poca o per niente. Si tratta di un ormone importante con diverse funzioni, una delle quali è quella di dire al sistema nervoso centrale se nel corpo ci sono riserve di grasso. Molta leptina dice al cervello che ci sono abbondanti riserve, poca leptina dice invece che ci sono poche riserve e occorre fare scorta. È per questo che molti pazienti affetti da lipodistrofia hanno un eccessivo appetito: al loro cervello arriva un segnale di scarsità che spinge il corpo a cercare nutrimento. Il problema è che per quanto mangino questi pazienti non mettono su grasso e non arrivano mai ad avere le ‘scorte’ e, peggio ancora, il grasso che introducono non avendo un tessuto di destinazione va a depositarsi nel sangue e negli altri organi facendo danni. Il farmaco che ho usato in alcuni pazienti con lipodistrofia è del tutto simile all’ormone naturale solo che viene prodotto in laboratorio sotto forma di proteina ricombinante.
Questo farmaco in Italia non è ancora in commercio, che terapia viene fatta dunque ai pazienti?
Fino ad oggi la terapia convenzionale per le persone affette da lipodistrofia è stata basata sul controllo dei diversi problemi. In sostanza viene trattato il diabete, la dislipidemia, la cardiopatia quando presente, tamponando le diverse manifestazioni della lipodistrofia. Nelle forme più gravi, soprattutto le generalizzate ma anche alcune forme parziali che sono resistenti alle terapie convenzionali, i pazienti possono avere beneficio dalla somministrazione di leptina – e quindi di questo farmaco, che oltre a regolare l’appetito ha effetti positivi su tutto il metabolismo. L’effetto può essere quello di ridurre in maniera considerevole l’accumulo di grasso negli organi. Quello su cui non riusciamo invece ad intervenire è l’aspetto fisico dei pazienti: il grasso che manca infatti non ricresce. Quindi rimane l’aspetto tipicamente emaciato, con la pelle che aderisce ai muscoli mettendoli in rilievo, e spesso dei muscoli più gonfi della norma perché anche qui va ad inserirsi del grasso.
Se il farmaco non è in commercio come ha fatto ad utilizzarlo nel caso di Lucia?
Questo farmaco per un periodo è stato usato, dai centri che avevano aderito, nell’ambito di un programma di uso compassionevole gestito direttamente dal NIH. Accedendo a quel programma si poteva ottenere per alcuni pazienti, selezionati in base a specifiche caratteristiche, l’uso di questo farmaco, anche se non era ancora in commercio, e questo perché veniva donato dall’azienda.
Ad un certo punto però l’iter di commercializzazione negli Usa si è concluso e il farmaco è stato messo regolarmente in vendita: a questo punto, secondo i protocolli, in Italia era possibile continuare a darlo solo ai pazienti che avevano già cominciato. Quando è arrivata Lucia, con il suo quadro così grave, teoricamente non c’era un modo per darle il farmaco. Per fortuna è intervenuta l’azienda che lo ha comunque messo a disposizione gratis capendo la gravità della situazione. Ad oggi il farmaco non è ancora in commercio in Italia, poiché si attende l’approvazione da parte dell’EMA e la conclusione dell’Iter in AIFA.
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