Secondo uno studio dell'Università Federico II di Napoli, la terapia domiciliare è associata ad una migliore compliance.

NAPOLI – L'angioedema ereditario con deficit di C1-inibitore è caratterizzato da ricorrenti attacchi di gonfiore che interessano vari siti corporei. Tali attacchi sono una causa frequente di visite al pronto soccorso e sono spesso trattati in ospedale. Negli ultimi anni, però, l'auto-somministrazione di concentrati di C1-inibitore a domicilio è diventata un'opzione sempre più utilizzata, con un impatto positivo sull'esito clinico del paziente e sulla sua qualità di vita. Un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell'Università “Federico II” di Napoli ha svolto uno studio osservazionale, della durata di 6 mesi, su 56 pazienti con angioedema ereditario: il lavoro è stato recentemente pubblicato sull'Orphanet Journal of Rare Diseases.

I pazienti, in cura presso il Centro Angioedema Ereditario dell'Università partenopea, hanno ricevuto tre tipi di trattamento per i loro attacchi di gonfiore: a 25 di loro sono stati somministrati a domicilio dei concentrati di C1-inibitore, 12 hanno ricevuto icatibant a domicilio e 19 sono stati trattati in ospedale con concentrati di C1-inibitore. L'obiettivo di questo studio osservazionale era confrontare la compliance alla terapia (definita come la percentuale di attacchi trattati) e la qualità della vita nei pazienti trattati a domicilio e in ospedale, e identificare i fattori associati alla decisione di utilizzare la terapia domiciliare.

Nel complesso, in 6 mesi sono stati segnalati 918 attacchi, dei quali 544 (il 59,2%) sono stati trattati. Il numero totale di attacchi segnalati e il numero medio di attacchi per paziente è stato, rispettivamente, nei tre gruppi: 611 e 24,4 per il C1-inibitore a domicilio, 191 e 15,9 per l'icatibant a domicilio, 166 e 6.1 per il C1-inibitore in ospedale. Le differenze nella frequenza degli attacchi fra i trattamenti a domicilio e quelli ospedalieri sono state statisticamente significative, mentre le caratteristiche demografiche dei pazienti la gravità della malattia non sono correlati all'uso della terapia domiciliare.

La compliance è stata significativamente migliore con la terapia a domicilio (71,2% degli attacchi trattati con C1-inibitore e 44,0% con icatibant) rispetto a quella ospedaliera (21,6%). La qualità di vita ha mostrato invece un andamento opposto: più elevata per i pazienti in trattamento ospedaliero.

Questo risultato dipende però da un bias, relativo alla severità dei pazienti trattati in ospedale. In realtà, secondo gli autori dello studio, la migliore qualità di vita dipende dal fatto che sono pazienti con fenotipo meno grave, e non dal fatto che siano stati trattati in ospedale. “I nostri risultati mostrano, in contrasto con la maggior parte delle prove disponibili, una tendenza verso una minore qualità della vita nei pazienti in trattamento domiciliare, rispetto a quelli trattati in ospedale”, ha spiegato la dr.ssa Maria Bova, del Centro di Riferimento Campano per la Diagnosi e la Terapia dell'Angioedema Ereditario presso l'Università “Federico II” di Napoli.

“Una possibile spiegazione è che i nostri pazienti in terapia domiciliare hanno una frequenza significativamente più alta di attacchi e, probabilmente, una condizione più grave che incide negativamente sulla loro qualità di vita. Il confronto dei risultati nei pazienti stratificati secondo l'indice di gravità della malattia ha mostrato infatti una correlazione significativa tra la malattia grave e la ridotta qualità della vita”, ha sottolineato la dr.ssa Bova.

La scelta di adottare la terapia domiciliare sembra correlata a un'elevata frequenza di attacchi: è dunque una valida opzione di trattamento per i pazienti con angioedema ereditario e dovrebbe essere offerta in particolare a quelli con un'alta frequenza di attacchi.

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