Itaca

Il tema è stato al centro di un simposio svoltosi nell’ambito del congresso nazionale di ITACA 

Milano - Durante l’ultimo congresso nazionale di ITACA (Italian Network for Hereditary and Acquired Angioedema), associazione scientifica che raggruppa i principali esperti nel campo dell’angioedema, si è tenuto un simposio, sponsorizzato da CSL Behring, in cui sono state discusse le principali comorbilità che interessano le persone con angioedema ereditario (HAE), patologia caratterizzata da “gonfiori” improvvisi e ricorrenti a carico del tessuto sottocutaneo (viso, arti, genitali) e delle mucose (apparato gastro-intestinale, vie genito-urinarie, cavo orale e laringe). I dati riguardavano 500 pazienti che afferiscono ai due principali centri di riferimento italiani per l’HAE (Milano e Padova, diretti rispettivamente da Andrea Zanichelli e Mauro Cancian), confrontando la rilevanza delle comorbilità con la popolazione generale.

I risultati hanno evidenziato una aumentata prevalenza nell’angioedema ereditario delle malattie cardiovascolari, che interessano in maniera più che doppia (10% vs 4,8%) questi soggetti rispetto alla popolazione generale. Lo dimostrano in particolare i dati relativi all’infarto del miocardio (5,4% contro 1,4%), mentre fra le altre comorbilità spiccano la diffusione del diabete mellito (4,8% nell’HAE vs. 1,4% nella popolazione generale) e degli angiomi epatici (4,3% vs. 0,6%). 

Il simposio ha consentito inoltre di presentare i dati della survey promossa da ITACA per approfondire l’andamento della pandemia di SARS-Cov-2 nei soggetti italiani con angioedema ereditario. L’interesse nasceva dal fatto che il recettore ACE-2, porta di ingresso del virus nelle cellule umane, è coinvolto nel metabolismo della bradichinina, la molecola che causa l’angioedema nelle forme ereditarie ed in quelle indotte da alcuni farmaci. Tale interazione rendeva pertanto ipotizzabili varie conseguenze nei pazienti con HAE, fra cui:

- maggiore predisposizione all’infezione;

- maggiore severità di COVID-19;

- maggiore severità dell’angioedema durante il COVID-19. 

L’analisi, condotta per un anno su 677 pazienti afferenti a 16 centri di riferimento del network ITACA, ha consentito innanzitutto di verificare che 52 di loro, pari al 7,68% del campione, avevano contratto COVID-19 con una durata media di 15 giorni e con una un’incidenza sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale, risultata essere del 6.04% nel periodo in esame.

Il 51,9% dei casi positivi a SARS-CoV-2 ha presentato, durante l’infezione, almeno un attacco di angioedema, la cui severità correlava con quella del COVID-19”, spiega il Professor Mauro Cancian, Presidente di ITACA. “Nonostante il virus non sembri colpire maggiormente i pazienti con HAE, sicuramente ha favorito una maggiore insorgenza e gravità di episodi acuti. Per contrastare l’impatto del COVID-19 sull’angioedema e la difficoltà di accesso ai Pronto Soccorso e ad altre strutture sanitarie in questo periodo, si è rivelato fondamentale il training dei pazienti all’auto-somministrazione della terapia, che ha consentito alla grande maggioranza di loro di trattare a domicilio gli attacchi in piena sicurezza. Tutti i pazienti con angioedema ereditario sono stati poi vaccinati contro COVID-19 in via prioritaria senza eventi avversi, ed è in corso una analisi dell’efficacia in questa popolazione”.

Conoscere a fondo ogni singolo paziente e le sue comorbilità è fondamentale per una gestione ottimale della malattia”, ha concluso il Professor Cancian, che sottolinea come, proprio a tal fine, il network ITACA stia concentrando le sue energie sullo “sviluppo del Registro Nazionale, che ad oggi ingloba quasi 1000 casi, e sulla individuazione di quanti sfuggono ancora ad una diagnosi e che non possono pertanto accedere a cure adeguate.” 

Gli studi anticipati al simposio saranno condivisi da ITACA con la comunità scientifica internazionale nel corso dell’imminente congresso dell’EAACI (European Academy of Allergy, and Clinical Immunology).

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