Durante il congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi), un workshop dedicato

Roma – La diagnosi di angioedema ereditario è difficile, il ritardo diagnostico può arrivare fino a 15 anni. Il ritardo diagnostico si traduce nell'assunzione di terapie non mirate, corse al pronto soccorso e interventi come la tracheostomia. Perché questo accade?
Se ne è parlato durante il congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Interna (Simi) svoltosi qualche giorno fa a Roma. All’angioedema ereditario è stato dedicato un worskshop organizzato da Shire.

I sintomi dell'angioedema ereditario consistono nella formazione circoscritta di edemi di tre tipologie: i primi sono cutanei e localizzati a volto, torace, genitali ed estremità del corpo; i secondi colpiscono la mucosa gastrointestinale e gli ultimi le vie respiratorie, con problemi di deglutizione e rischio asfissia.
Negli ultimi anni la situazione è decisamente migliorata, grazie alla rete dei centri di riferimento italiani, la rete ITACA, e grazie alla disponibilità dei nuovi farmaci.

Durante il congresso è stato presentato anche il registro europeo e internazionale all’angioedema ereditario, strumento indispensabile che consentirà di raccogliere tutti i dati di un numero maggiore di persone colpite da questa malattia, in modo da saperne di più sui rischi legati alla patologia e sull'efficacia e gli effetti a lungo termine dei farmaci utilizzati oggi. E' l'obiettivo del progetto a cui lavora Marco Cicardi, Professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università Statale di Milano.

I registri, spiega Cicardi, "sono particolarmente importanti nelle malattie rare, seguite in genere da centri che raccolgono piccoli gruppi di malati. Ciò comporta una maggiore difficoltà a conoscere i problemi legati alla condizione che, con una casistica maggiore, avrebbe meno segreti. In particolare, avere più dati a disposizione ci permetterebbe di sapere se i pazienti con angioedema hanno una maggiore vulnerabilità ad altre malattie, se per loro ci sono problematiche di salute più frequenti rispetto alle persone che non soffrono di questa malattia". Avere una maggiore casistica su cui studiare, inoltre, sarebbe di grande aiuto nel monitoraggio delle terapie.

"Molte persone con angioedema - ricorda Cicardi - hanno usato per 20 o 30 anni i farmaci che abbiamo a disposizione per la terapia, a base di androgeni. Analizzando e comparando i dati di un numero consistente di pazienti (che seguono le cure o che non le hanno mai seguite) possiamo capire se ci sono stati effetti a lungo termine attribuibili ai farmaci e che differenze si determinano tra chi è in cura e chi non lo è". Un elemento che potrà essere di grande aiuto anche sui nuovi farmaci in arrivo: "Grazie ai dati del registro ci sarà più possibilità di sorvegliare e di monitorare l'efficacia delle nuove terapie".

L'appuntamento per gli esperti che stanno lavorando alla costruzione del registro internazionale è per il 22 novembre a Sofia. "Il registro italiano conta oggi 920 pazienti ed è in fase di completamento - ricorda l'esperto - l'incontro di novembre aprirà la strada per allargare il database a Francia, Spagna, Germania, Ungheria, Polonia, Serbia, Bulgaria, Macedonia, Grecia, Canada, Brasile e Messico. Con un numero di pazienti che potrebbe superare i 1500. Una base utile per migliorare il livello di informazione generale sulla malattia, con ricadute positive nella cura del paziente" .

Al workshop era presente anche Claudio Giustozzi, presidente dell'associazione Dossetti, che da anni si batte per un reale diritto all'assistenza delle persone con malattie rare. "Su queste patologie – ha ricordato Giustozzi - nel 2003 fu presentato il primo disegno di legge a firma di Francesco Rutelli e dell'ex ministro della Sanità Rosy Bindi. Successivamente sono stati presentati, anche su spinta dell'associazione Dossetti, molti disegni di legge. Ma, alla fine, non ci sono stati risultati. Siamo in ritardo su tutti gli altri Paesi europei". E a questo, continua Giustozzi, vanno aggiunti i problemi legati alla riforma del titolo V, alla regionalizzazione, che "ha portato a molte diseguaglianze. Ci sono malati che non hanno praticamente possibilità di assistenza nella propria regione", dice il presidente dell'associazione che prova a far chiarezza sui numeri.

"In questi anni si è parlato di 2 milioni di malati rari in Italia - precisa - noi crediamo che sia più attendibile la cifra di 800 mila pazienti. Purtroppo però, non abbiamo un quadro preciso: non sappiamo veramente quanti siano, di quali delle 8 mila patologie indicate dall'Oms soffrano, quale sia la distribuzione geografica. Come associazione avevamo, richiesto nel 2002, un comitato nazionale per le malattie rare, dotata di portafoglio in modo da erogare risorse alle Regioni quando è necessario, per esempio per comprare un farmaco orfano. Un comitato che avrebbe dovuto fare una fotografia della situazione, in modo che anche le risorse potessero essere meglio allocate. Non è successo".

Il registro nazionale, presto internazionale, dedicato all’angioedema ereditario potrebbe dunque essere un modello di operatività per altre malattie rare, per la razionalizzazione delle risorse e l’uniformità delle informazioni, il tutto a reale vantaggio dei pazienti.

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