WÜRZBURG (GERMANIA) – Il carfilzomib, un inibitore del proteasoma di seconda generazione, è ancora in attesa di approvazione per il trattamento del mieloma multiplo in Europa. I risultati degli studi clinici hanno dimostrato un'efficacia favorevole nella malattia avanzata, ma hanno aperto un dibattito in corso sulle complicanze cardiache legate al trattamento. I dati “real life” sul carfilzomib, inoltre, sono scarsi. Recentemente uno studio tedesco pubblicato sulla rivista European Journal of Haematology ha approfondito questo tema: presso il Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Würzburg, 22 pazienti sono stati registrati nell'ambito del Programma Europeo di accesso al carfilzomib.
A seconda delle loro caratteristiche e del trattamento precedente, i pazienti sono stati candidati a ricevere carfilzomib, desametasone e un terzo farmaco in combinazione. In media, essi avevano ricevuto sei precedenti linee di terapia, e per la maggior parte erano refrattari al bortezomib (77%) e ai farmaci immunomodulatori (95%).
Il tasso di risposta globale è stato del 65% con una sopravvivenza media libera da progressione di 6 mesi e una durata media di risposta di 6,8 mesi. La sopravvivenza media globale è stata di 14,9 mesi. Eventi avversi di grado 3/4 si sono verificati nel 50% dei pazienti, e il 23% ha sperimentato insufficienza ventricolare sinistra. Il rischio di eventi avversi cardiaci è aumentato notevolmente dopo precedente radioterapia della colonna vertebrale toracica e somministrazione concomitante di doxorubicina.
Il trattamento basato sul carfilzomib è quindi efficace nel mieloma multiplo avanzato. Nei pazienti “real life”, però, in alcuni casi sono stati riscontrati notevoli effetti cardiotossici, il che suggerisce la necessità di un'attenta selezione dei pazienti e di un accurato controllo della popolazione a rischio.
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