Ciò che oggi i ricercatori riescono a fare applicando protocolli di terapia genica per trovare nuove cure per le malattie genetiche rare corrisponde alla fantascienza di ieri, ma perché questo presente ancora incerto si possa tramutare nella certezza di domani sono necessarie preparazione, costanza, determinazione, abnegazione e una dose straordinaria di intraprendenza. Le stesse qualità che hanno reso vincente l’approccio di un gruppo di studiosi della Washington University di Saint Louis (USA) i quali, dalle pagine della rivista Gene Therapy spiegano l’affinamento dell’uso della tecnica CRISPR-Cas9 per contrastare il deficit di alfa-1-antitripsina (AATD), una rara malattia genetica caratterizzata da scarsi livelli della proteina AAT (alfa-1-antitripsina).

Nei mesi scorsi CRISPR-Cas9, il 'taglia e cuci' genetico che sta rivoluzionando le basi della medicina, è stato oggetto di programmi di aggiornamento che hanno innalzato la precisione dell’intervento, permettendo di correggere anche singole basi del codice genetico. D’altro canto, qualche dubbio sulla sua efficacia è sorto a seguito del riscontro di una risposta immunitaria diretta contro le Cas9 di origine batterica che tagliano il DNA, e qualche altro sulla sua sicurezza, a causa del rischio di insorgenza di tumori in seguito all’impiego di questa tecnica che, secondo alcuni, potrebbe interferire con processi cellulari che portano al cancro. Gli ostacoli sul cammino della ricerca, dunque, non mancano ma fortunatamente le tante pubblicazioni prodotte sul tema evidenziano l’interesse della comunità scientifica per la terapia genica e, in particolare, per CRISPR-Cas9, sottolineando nel contempo la volontà di migliorare la metodica per renderla al più presto fruibile in ambito clinico. L’utilizzo dei vettori retrovirali e lentivirali ha permesso l’iniziale sfruttamento di metodiche di terapia genica che, con i vettori che sfruttano i virus adeno-associati (Adeno-Associated Virus, AAV), hanno fatto un salto di categoria aumentando il grado di sicurezza dell’intero procedimento. Tuttavia, la perdita del vettore genomico con i cicli di divisione cellulare o in conseguenza della risposta immunitaria dell’organismo ospite inficia notevolmente il tasso di espressione genica. Grazie a CRISPR-Cas9 la precisione dell’innesto è aumentata ma rimane la necessità di veicolare il composto esattamente sul sito bersaglio così da operare il taglio con il minor tasso possibile di effetti off-target. Per questo, diversi gruppi di ricerca hanno pensato di combinare l’effetto di CRISPR-Cas9 con i vettori AAV aumentando il livello di efficacia della metodica nei modelli in vivo.

I ricercatori della Washington University hanno cavalcato questa filosofia mettendo al centro del bersaglio il deficit di alfa-1-antitripsina, che ha una ben precisa base genetica. La malattia origina, infatti, da una mutazione del gene posto sul cromosoma 14 (14q32.1), espresso prevalentemente a livello di macrofagi ed epatociti, che codifica per la proteina AAT della famiglia delle serpine, la quale ha lo scopo di proteggere i tessuti dall’attacco proteolitico degli enzimi rilasciati dai polimorfonucleati neutrofili richiamati in certe zone nel corso dei processi infiammatori. Il gene dell’AAT è stato oggetto di una lunga serie di mutazioni direttamente correlate a un esteso numero di varianti alleliche, ognuna delle quali associata ad una diversa variante proteica. Questa notevole variabilità si traduce in forme di malattia a diversa concentrazione serica di AAT con un ampio ventaglio sintomatico: nonostante esistano forme asintomatiche, la malattia si associa, generalmente, alla comparsa di epatopatia, enfisema polmonare, cirrosi epatica e broncopneumopatia cronica ostruttiva. La diagnosi può essere posta a partire dall’esecuzione dell’elettroforesi delle proteine, grazie a cui si identifica l’assenza o la riduzione del primo picco dopo quello dell’albumina mentre il trattamento è una materia più complessa che richiama in causa la terapia sostitutiva a base di alfa-1-antitripsina per via intravenosa, la somministrazione di broncodilatatori a lunga durata e corticosteroidi per via inalatoria o, nei casi più severi, il trapianti d’organo. Tutto ciò ha reso la malattia un campo di prova ideale per il primo studio di efficacia di CRISPR-Cas9 veicolato da vettori AAV su modelli di topo in vivo. Infatti, l’inserimento di sequenze dei geni AAT ed EGFP all’interno del locus di ROSA26 in fegati murini, ha permesso di ottenere un aumento dei livelli serici di AAT perdurato per circa 200 giorni a fronte di un basso rischio genotossico e a testimonianza della concretezza di una tecnica che combina la specificità della macchina CRISPR-Cas9 con le capacità integranti dei vettori AAV.

La creazione del modello in vivo è importante poiché certifica il mantenimento della stabilità di espressione della proteina e stabilisce l’ottimo livello di integrazione nel genoma del vettore virale. Si tratta, pertanto, di un’elaborata forma di terapia genica che, prima di giungere ad essere considerata un nuovo trattamento per il deficit di alfa-1-antitripsina, punta a mettere alla prova l’efficacia e la sicurezza di una metodologia che, di giorno in giorno, si fa sempre più vicina al letto del paziente.

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