Per ora si dedica allo sport ma ha un sogno nel cassetto: “Da grande voglio progettare protesi”
Accade, a volte, che la soluzione B si riveli quella vincente. È stato sicuramente così per Emanuele Lambertini, giovane promessa della scherma paralimpica, campione italiano in carica nella spada individuale e nel 2023 anche campione del mondo nel fioretto individuale. Classe 1999, residente a San Giovanni in Persiceto vicino Bologna, oggi Emanuele gareggia nella categoria amputazione sopra il ginocchio e la vita sembra premiare l’ottimismo e il buon umore che lo contraddistingue, tanto che il suo motto è: “Non è disabile chi non può camminare, ma chi non può sorridere”. Non è stato però sempre così, la serenità per lui ha avuto un prezzo alto che ha scelto di pagare. “Sono nato con una rarissima malformazione vascolare alla gamba destra, degenerata negli anni”, racconta a OMaR. “I miei primi anni di vita sono stati molto difficili. La gamba rischiava continuamente di andare in cancrena, venivo sottoposto a continue embolizzazioni per chiudere i vasi sanguigni e indirizzare il sangue verso il piede. È stato un vero calvario”.
All’epoca Emanuele era solo un bambino, ma non può dimenticare la sofferenza di quei momenti. La malformazione era talmente rara che gli stessi medici non davano spiegazioni concordanti: “Fino ai 4 anni tutti gli specialisti che abbiamo consultato formulavano diagnosi diverse e, con cure, conseguentemente, diverse”, ricorda. “Sono stato sottoposto anche a 5 cicli di chemioterapia”. Nel frattempo la gamba continuava a gonfiarsi, fino a diventare considerevolmente più voluminosa della sinistra. “E poi c’era il problema dei sanguinamenti continui e quello della difficile cicatrizzazione delle ferite”. Così quando, all’età di 8 anni, i medici prospettano per la prima volta il piano B, la famiglia non si oppone: dopo aver fatto tutto il possibile, l’amputazione diventa l’ultima spiaggia. “Medici e genitori erano favorevoli, ma volevano anche la mia approvazione”, racconta Emanuele. “E io dissi di sì. Così, quando dopo l’operazione mi svegliai ‘sgambato’ tirai un sospiro di sollievo: ‘È fatta, non si può più tornare indietro’, mi dissi”.
Era il 28 agosto 2007 e per Emanuele quel giorno segna la seconda nascita, anzi la sua ‘rinascita’. Perché da quel momento la sua vita è stata tutta in discesa: “Cominciai finalmente a vivere come i miei coetanei, senza le preoccupazioni e le ansie che avevano accompagnato i miei primi anni”. Il resto è venuto da sé. E oggi, all’età di 24 anni, Emanuele Lambertini ha già due Giochi Paralimpici alle spalle nelle discipline del fioretto e della spada e in questi mesi si sta preparando in vista di Parigi 2024. Dal 2009 cammina con una protesi e, nello stesso anno, ha iniziato a praticare scherma in carrozzina. È in Nazionale da 10 anni e a Rio de Janeiro è stato l’atleta più giovane dell’intera spedizione italiana. Fa anche parte di Art4sport, l’associazione fondata da Bebe Vio per aiutare i bambini amputati a integrarsi nella società attraverso l’attività sportiva. Tuttavia per Emanuele lo sport non è l’unico sogno. Coltiva la passione per il pianoforte e, soprattutto, frequenta la facoltà di Ingegneria dell’Automazione presso l’Università di Bologna, perché il suo obiettivo è lavorare alla progettazione di nuovi modelli innovativi nel settore delle protesi. Anche in questo caso, insomma, ha adottato la ricetta di trasformare una debolezza in un punto di forza. “Perché – conclude – chi meglio di un amputato può conoscere le necessità degli altri amputati?”.
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