È questo il tempo che ha impiegato la mamma di Claudia per ottenere la diagnosi per sua figlia
Una mamma, Marina, scopre che la figlia, Claudia, è affetta da sindrome di Rett (RTT) dopo 38 anni, grazie all’esame del DNA effettuato attraverso una semplice analisi del sangue. La scoperta di Marina Cometto è stata un fulmine a ciel sereno: dopo aver contattato la mamma di un'altra bambina affetta da RTT Marina ha deciso di sottoporre sua figlia a un test che ha confermato la sua ipotesi, la presenza di una malattia rara che per 38 anni nessun medico ha mai diagnosticato. Si è rivolta al laboratorio genetico di Siena, dove hanno ritenuto verosimile che Claudia fosse affetta da RTT. Successivamente ha effettuato il test diagnostico all’ospedale Molinette di Torino, che ha dato esito positivo. Abbiamo chiesto a Marina di raccontarci la sua esperienza, per far si che la sua drammatica esperienza non si ripeta più.
“Durante il parto - racconta Cometto - ho avuto delle complicazioni perché mia figlia si presentava di faccia ed è nata cianotica. Secondo i medici questo è stato il motivo delle gravi limitazioni che nel corso degli anni si sono presentate. Dopo la nascita Claudia è stata dimessa il sesto giorno, come era solito fare allora. La piccola era ancora violacea ma mangiava, solo si stancava presto e durante la poppata era necessario interrompersi per farla riposare. A 2 mesi emetteva suoni gioiosi, a 3 mesi aveva il controllo del capo, a 4 mesi teneva in mano correttamente i giochi dei neonati, a 5 mesi è iniziato lo svezzamento. Era una bambina sempre sorridente ma la posizione da seduta che normalmente si acquisisce verso i 6 mesi lei l’ha conquistata a 9 mesi.”
Quando si è accorta che c’era qualcosa che non andava in lei? E quali sono state le risposte dei medici?
“Il fatto che a 6 mesi non avesse ancora acquisito la posizione seduta mi ha preoccupato subito (facevo il confronto con la sorella maggiore) ma il pediatra mi diceva che non tutti i bambini sono uguali, che ognuno matura in modo diverso. Dovevo avere pazienza e anche Claudia avrebbe fatto tutte le cose che facevano i suoi coetanei. Ha iniziato a camminare a 18 mesi, diceva qualche parola, gironzolava per casa come tutti i bimbi. Poi ha iniziato a perdere le capacità acquisite: ha smesso di dire quelle poche parole, piano piano la coordinazione dei movimenti si è fatta più critica, cadeva spesso, era più instabile sulle gambine, fino a che ha dovuto essere sostenuta per muovere qualche passo. Ha smesso di usare le mani con movimenti volontari, le sue manine “sfarfallavano” e “sfarfallano tutt’ora, ma senza coordinazione. Solo gli occhi hanno mantenuto un vivace contatto con ciò che la circonda e il sorriso è la sua manifestazione per dirci che sta bene. Ha anche smesso di piangere, il dolore lo manifesta irrigidendosi e lamentandosi .”
Ora che Claudia ha una diagnosi per Marina è cambiato molto, anche se le limitazioni che sono state causate dalla sindrome non saranno purtroppo reversibili. “Ora almeno quando dico il nome della patologia - spiega Cometto - i medici si rendono conto della gravità della situazione. Prima si parlava genericamente di cerebropatia, che vuol dire tutto e niente allo stesso tempo. Ora sappiamo che le cellule cerebrali non sono distrutte per lesioni durante la nascita ma sono immature, hanno interrotto la loro crescita e questo può forse dare un po’ di speranza in più nella ricerca di una possibile cura. Grazie alla diagnosi stiamo facendo una cura per l’osteoporosi precoce che ha Claudia e che è una prerogativa della sindrome di Rett.”
La figlia di Marina è ora seguita presso il Centro di neuropsichiatria infantile presso il Policlinico Le Scotte di Siena, diretto dal dott. Hayek, per sottoporsi a specifici esami neurologici, cardiaci e respiratori. Presso questo centro Marina ha trovato un punto di riferimento e la possibilità di aiutare Claudia a stare meglio.
Ora però questa mamma desidera far conoscere il più possibile la sindrome di Rett: “so che la malattia non è di facile diagnosi, ma se i medici fossero stati più attenti al sintomo primario, che è la regressione delle capacità acquisite, forse Claudia non avrebbe avuto il tracollo fisico e intellettivo che ha invece ha limitato di molto la sua vita. Vorrei dare il mio contributo per evitare che a altre bambine fossero rubate le opportunità di una vita piena e gioiosa. Vorrei che anche i genitori fossero più informati in modo da suggerire eventualmente ai medici almeno il dubbio della diagnosi. Non è accettabile che nel terzo millennio ci si mettano 38 anni per una diagnosi così importante.”
A questo scopo, Marina Cometto ha creato un opuscolo che illustra la storia di Claudia e intende far si che venga pubblicato e distribuito a medici di base, pediatri di libera scelta, consultori e ospedali.
“Sto cercando un sostegno economico per provvedere alla stampa, per poter diffondere il più possibile informazioni sulla RTT. Sto poi scrivendo un libro dove racconto le nostre vicissitudini, e sto cercando un editore. Gli eventuali diritti d’autore saranno devoluti interamente alle associazioni che si occupano della sindrome di Rett. Ogni euro ci avvicina sempre di più per la ricerca delle cause e della cure per le nostre ‘bimbe dagli occhi belli’”
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