Lo studio è stato effettuato in Giappone, ma non si parla ancora di trial sugli uomini
Uno dei più noti sintomi dell’ipofosfatasia è l’esfoliazione prematura dei denti, in particolar modo quelli anteriori, dovuta ad una irregolare deposizione del cemento acellulare che non consente un saldo legame del legamento parodontale al dente. Alla radice della caduta dei denti nei malati di ipofosfatasia ci sono i difetti di mineralizzazione ossea collegati a questa rara malattia causata da mutazioni nel gene ALPL che determinano una carenza o una sottoproduzione del relativo enzima (TNSALP), il quale ha un ruolo di primaria importanza nella corretta mineralizzazione dello scheletro.
Studi scientifici tuttora in corso stanno testando nuovi farmaci per combattere questa grave patologia e un contributo sostanziale su questo fronte è giunto proprio dalla terapia genica: in uno studio appena pubblicato sulla rivista Journal of Periodontal Research, un gruppo di ricercatori giapponesi dell’Università di Osaka ha testato gli effetti della somministrazione di copie funzionanti di ALPL in esemplari di topo nei quali esso non fosse espresso. Per fare ciò si sono serviti di un apposito vettore lentivirale e, successivamente, hanno analizzato i cambiamenti prodotti da questa forma di terapia su sezioni di tessuto ottenute dalle mandibole dei roditori. Utilizzando un apposito strumento di dimensioni ridotte hanno anche effettuato una tomografia computerizzata ai topi per produrre immagini tomografiche che permettessero di quantificare la densità dell’osso a livello alveolare.
Un primo e importante risultato verificabile è stato l’allungamento dei tempi di sopravvivenza dei topi trattati (oltre il 65% degli esemplari che avevano ricevuto la terapia hanno raggiunto il limite di 100 giorni mentre quelli non trattati morivano nell’arco di un paio di settimane e anche quelli non trattati ma che avevano ricevuto una dieta a base di integratori di vitamina B6 non superavano il mese di vita). Inoltre, in più della metà dei topi Alp-/- è stato possibile rilevare l’espressione di osteopontina – utilizzata come marcatore per studiare la formazione del cemento acellulare – sulla superficie linguale degli incisivi dallo smalto al cemento. Nello stesso modo è stato possibile rilevare un consistente miglioramento nella deposizione del cemento. Le analisi delle immagini tomografiche hanno confermato il miglioramento nella densità ossea indotto dalla terapia anche a livello dell’alveolo. Gli stessi parametri di osservazione sono stati applicati anche ai molari e, sebbene i livelli di espressione di osteopontina non siano raffrontabili a quelli dei topi Alp-/+, questi risultati servono a chiarire il passo avanti che la terapia genica può consentire, rivelando un discreto grado di mineralizzazione ossea anche a livello dei molari, sia a livello alveolare che del cemento acellulare e prevenendo, in tal modo, la caduta dei denti.
Ad oggi il trattamento per i pazienti con ipofosfatasia ad alto rischio di esfoliazione dei denti prevede il ricorso a terapie di contenimento e, nonostante i buoni risultati fatti registrare dalla terapia di sostituzione enzimatica a base di asfotasi alfa, l’utilizzo della terapia genica è ancora in fase di studio. I vantaggi di questa forma di trattamento sono una minore invasività e la capacità di migliorare la sintomatologia, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia ma saranno necessari ulteriori studi di verifica prima di passare da modello murino a quello umano.
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