MILANO - L'ipofosfatasia è stata descritta nel 1948 da J.C. Rathbun, che la differenziò dalle “ben note entità cliniche dell'osteogenesi imperfetta e dell'acondroplasia” per alcuni riscontri insoliti, in particolare livelli estremamente bassi di fosfatasi alcalina e convulsioni. Ora sappiamo che l'ipofosfatasia è una rara ed eterogenea malattia ereditaria del metabolismo osseo e minerale, causata da un certo numero di mutazioni con perdita di funzione nel gene della fosfatasi alcalina epatica, con una riduzione generalizzata dell'attività isoenzimatica della fosfatasi alcalina tessuto-aspecifica (fegato, midollo e reni).
La Dr.ssa Maria Luisa Bianchi, del Centro Metabolismo Osseo dell'IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano, ha effettuato una panoramica delle conoscenze attuali sulla malattia, dalla genetica all'epidemiologia, dalla classificazione alla presentazione clinica delle diverse forme della malattia, fino agli indizi diagnostici essenziali. L'articolo è stato pubblicato sulla rivista Osteoporosis International.
La malattia ha diverse forme, che vanno da quella lieve alla letale. L'espressione clinica è altamente variabile a seconda del tipo di mutazione, del meccanismo di ereditarietà e dell'età di comparsa. Le forme più gravi sono quelle che colpiscono neonati e bambini, che possono manifestarsi anche nel periodo prenatale in utero. I principali segni clinici sono legati alla mineralizzazione difettosa di ossa e denti (rachitismo, osteomalacia, fratture, perdita di denti), ma altre manifestazioni sistemiche possono essere presenti in forma grave (crisi epilettiche, problemi respiratori e renali, dolore cronico, debolezza, etc).
L'ipofosfatasia è diffusa in tutto il mondo e colpisce tutte le razze, ma con una prevalenza altamente variabile. È particolarmente frequente in Canada, dove la prevalenza della forma grave è stata stimata in 1:100.000, mentre nella popolazione europea è intorno a 1:300.000. La prevalenza delle forme più lievi, comprese quelle degli adulti, sono estremamente difficili da stimare, a causa della varietà di sintomi e della frequenza di casi non diagnosticati.
La classificazione della malattia è sostanzialmente invariata dalla sua prima proposta, nel 1957. Sono stati considerati cinque principali sottotipi: perinatale letale, neonatale, infantile, adulta, e odonto-ipofosfatasia. Recentemente è stata riconosciuta una sesta forma: quella prenatale (o perinatale) benigna.
Negli ultimi anni è stata sviluppata una terapia enzimatica sostitutiva a base di fosfatasi alcalina ricombinante tessuto-aspecifica, chiamata asfotase alfa, commercializzata da Alexion col nome commerciale Strensiq. Studi clinici di fase 2 sono in corso, in particolare nelle forme gravi dei neonati e dei bambini, con risultati promettenti per ossa e polmoni. Nonostante i recenti progressi, ulteriori indagini sono necessarie in particolare per i seguenti aspetti: chiarire le diverse funzioni della fosfatasi alcalina tessuto-aspecifica (ad esempio nel tessuto nervoso), studi di correlazione fenotipo-genotipo per prevedere la gravità della malattia, e studi clinici randomizzati controllati per valutare le strategie di trattamento per le forme lievi e per quelle dell'adulto.
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