Acidosi tubulare renale, il punto sulle terapie con il prof. Francesco Emma

Prof. Francesco Emma (Roma): “Diminuire le assunzioni di medicinale contribuisce a migliorare l’aderenza terapeutica, soprattutto nei pazienti più piccoli”

La formazione dell’urina avviene mediante complicati processi di riassorbimento e secrezione che hanno luogo nei tubuli renali, durante i quali il liquido di partenza, simile al plasma, viene appunto trasformato in urina. Se durante questo percorso qualcosa va storto le conseguenze per l’organismo possono essere pesanti. Esattamente come nel caso dell’acidosi tubulare renale distale (dRTA), una patologia caratterizzata dall’incapacità del tubulo distale di espellere gli acidi: ciò comporta un abbassamento del pH ematico, con l’instaurarsi di uno stadio di acidosi metabolica e, sulla lunga distanza, anche di un rischio di insufficienza renale.

Nell’acidosi tubulare renale distale accade che, per motivi genetici o per un danno a livello del tubulo distale, il rene non riesce più a eliminare gli ioni idrogeno (H+) nelle urine”, afferma il prof. Francesco Emma, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Nefrologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Di conseguenza, l’acido si accumula nel sangue creando varie complicazioni. I pazienti affetti da dRTA possono soffrire di un calo dei livelli di potassio nel sangue e di un aumento dell’escrezione urinaria di calcio. Di conseguenza si genera il fenomeno della nefrocalcinosi, cioè della formazione di depositi di calcio nei reni. Quando poi il calcio passa nelle urine, si creano i calcoli renali”. La perdita di calcio con le urine implica anche la riduzione di questo prezioso ione a livello osseo, pertanto molte persone con acidosi tubulare renale distale presentano problematiche delle ossa, fra cui rachitismo e osteopenia (demineralizzazione ossea). Inoltre, questi pazienti possono soffrire di astenia e debolezza muscolare, associate al calo del potassio e all’acidosi. Nei bambini, infine, si assiste a un ritardo della crescita.

La forma primaria di dRTA, quella classica, si manifesta soprattutto nei più piccoli ed è dovuta a svariate mutazioni in geni che partecipano a creare un sistema complesso che permette alle cellule del tubulo distale di eliminare ioni H+”, aggiunge Emma. “Invece, la dRTA acquisita, cioè non di origine genetica, è una malattia più tipica dell’adulto e spesso associata all’assunzione di sostanze che danneggiano le medesime componenti del rene deputate allo smaltimento degli ioni H+, oppure a condizioni autoimmunitarie fra cui la sindrome di Sjogren. In una persona affetta da Sjogren che manifesta problematiche di calcoli renali e ipokaliemia [abbassamento dei livelli di potassio nel sangue, N.d.R.] dovrebbe essere sempre sospettata la presenza di dRTA”.

Attualmente non è disponibile una terapia risolutiva che corregga in modo definitivo il difetto genetico alla base della dRTA primaria, ma esistono opzioni terapeutiche in grado di correggere il sintomo principale, cioè l’accumulo di ioni H+ nell’organismo. “Il trattamento consiste nella somministrazione ripetuta di sostanze alcaline, prima fra tutte i bicarbonati (HCO3-)”, aggiunge Emma, che durante il 55° Congresso Annuale della Società Europea di Nefrologia Pediatrica (ESPN) ha partecipato ad un simposio sulla diagnosi e il trattamento della dRTA. “Il bicarbonato può essere somministrato come tale oppure sotto forma di citrato, il quale viene convertito in bicarbonato a livello del fegato e ha il vantaggio di legare il calcio nel rene, impedendogli di precipitare e formare i calcoli renali”.

Pubblicate sulla rivista Nephrology Dialysis Transplantion e redatte con la collaborazione del gruppo di lavoro sulle tubulopatie dello European Rare Kidney Disease Reference Network (ERKNet), le attuali linee guida europee per l’acidosi tubulare renale distale raccomandano di mantenere i livelli degli ioni bicarbonato, cloro, potassio e calcio il più possibile all’interno degli intervalli di normalità: ciò significa che i pazienti devono regolarmente assumere sostanze a base di bicarbonato. A tal proposito, uno studio pubblicato sempre su Nephrology Dialysis Transplantion, volto a indagare le cause genetiche della dRTA, riporta l’esistenza di oltre una trentina di diverse formulazioni alcaline disponibili in Europa per contrastare la malattia: la differenza tra queste è il tipo di sostanza alcalinizzante (citrato o bicarbonato o un’associazione di entrambi) e il tipo di sale utilizzato (sale di sodio o di potassio). L’emivita dei bicarbonati o del citrato è però corta, ed è perciò necessario che i pazienti assumano la terapia anche 3-4 volte al giorno. “In genere i bambini piccoli hanno bisogno di una maggior quantità di terapia rispetto agli adulti, e ciò richiede un numero ancora più alto di assunzioni”, precisa Emma. “Tutto ciò, abbinato al cattivo sapore di queste sostanze, rende difficoltosa l’aderenza terapeutica”.

Tra le richieste dei pazienti c’è dunque quella di formulazioni terapeutiche aggiornate, che riducano il numero di dosi di sostanze alcaline giornaliere. Al 55° Congresso ESPN sono stati presentati i risultati di uno studio clinico progettato per dimostrare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine di un’innovativa terapia alcalinizzante, a base di citrato di potassio e bicarbonato di potassio a rilascio prolungato, approvata in Europa con il nome commerciale Sibnayal. I dati riportati, relativi a 30 pazienti pediatrici e adulti affetti da dRTA seguiti per un periodo medio di 6 anni, mostrano che il trattamento con il farmaco ha determinato un controllo sostenuto dell’acidosi metabolica, con risultati incoraggianti in termini di crescita e mantenimento della densità ossea. “I bicarbonati e il citrato esistono in due forme: come sali di sodio o di potassio”, puntualizza Emma. “I sali di sodio, in realtà, aumentano il calcio nelle urine, per cui potrebbero non costituire la formulazione migliore; il citrato di potassio, invece, è in grado di ridurre il calcio urinario, costituendo idealmente una buona soluzione terapeutica per la dRTA. Inoltre, un altro vantaggio di trattamenti quali Sibnayal consiste nella possibilità di assumere le stesse quantità di terapia alcalina solo 2 volte al giorno, mantenendo costanti i livelli di bicarbonato nell’arco delle 24 ore”, conclude l’esperto. “L’aumento dell’aderenza terapeutica riscontrato nello studio è quasi sicuramente dovuto a questa caratteristica del prodotto”.

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