Polmoni

Un nuovo modulatore di CFTR, già approvato negli USA, potrebbe presto arrivare in Europa. Intanto la ricerca esplora nuove possibilità terapeutiche

Quest’anno, la stagione autunnale si sta rivelando un periodo di grande fermento nell’ambito della fibrosi cistica (FC). Le novità più importanti, che interessano i pazienti nell’immediato, sono giunte dal versante terapeutico e, tra queste, la notizia che ha sicuramente destato maggior interesse riguarda l’approvazione, negli Stati Uniti, di un nuovo farmaco specificamente indicato per la malattia: si tratta di Trikafta™ (elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor), il nuovo prodotto di Vertex Pharmaceuticals, che negli USA è stato autorizzato per il trattamento dei pazienti con FC, di età pari o superiore a 12 anni, aventi almeno una mutazione F508del nel gene CFTR.

La fibrosi cistica (FC) è una malattia che dipende da un’ampia varietà di mutazioni a carico di uno specifico gene, denominato CFTR. Questo tipo di difetto genetico determina il malfunzionamento, o l’assenza, della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), dando origine alla produzione di un muco eccessivamente denso che chiude i bronchi e ostruisce il pancreas. Sebbene la FC rappresenti una patologia multiorgano, la sua principale conseguenza, che pregiudica seriamente la qualità della vita dei pazienti, è il progressivo deterioramento della funzionalità polmonare.

Il nuovo farmaco Trikafta è costituito da una combinazione di tre molecole che appartengono alla classe dei cosiddetti “modulatori (o correttori) della proteina CFTR”: due di queste molecole, tezacaftor e ivacaftor, sono già state approvate, da diversi anni, per il trattamento della fibrosi cistica; la terza, invece, è denominata elexacaftor (ex VX-445) e rappresenta la vera e propria novità terapeutica, essendo stata sviluppata nel corso degli ultimi mesi.

L’approvazione di Trikafta da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense è giunta dopo un rapido procedimento di valutazione, in virtù dei positivi risultati ottenuti dal farmaco in due diversi trial clinici globali di Fase III: uno studio di 24 settimane condotto in pazienti con FC aventi una mutazione F508del e una mutazione a funzione minima nel gene CFTR (ossia pazienti eterozigoti per F508del) e uno studio di 4 settimane condotto in pazienti con due mutazioni F508del (ossia pazienti omozigoti per F508del). In entrambe le sperimentazioni, il nuovo regime a tripla combinazione è stato generalmente ben tollerato, determinando miglioramenti statisticamente significativi nella funzionalità polmonare dei pazienti, misurata tramite ppFEV1 (percentuale prevista del volume espiratorio forzato in un secondo). I risultati di questi trial sono stati recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine e su The Lancet, due importanti riviste medico-scientifiche.

“Può meravigliare che, nei due studi sul farmaco, il guadagno di 10 punti percentuali in ppFEV1 ottenuto nei pazienti omozigoti F508del sia inferiore di 4 punti rispetto a quello ottenuto nei pazienti eterozigoti F508del (14%)”, spiega a OMaR il prof. Gianni Mastella, Direttore scientifico della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (FFC) Onlus. “Va però considerato che gli omozigoti, prima di ricevere la terapia con Trikafta, avevano avuto un mese di pretrattamento con il doppio farmaco già approvato  Symkevi™ (tezacaftor-ivacaftor) e si può pertanto ipotizzare che quei 4 punti di differenza fossero già stati guadagnati proprio nella fase iniziale di pretrattamento”.

L’aspetto di maggior rilievo in merito all’approvazione statunitense di Trikafta è che il farmaco è indicato per i pazienti con FC aventi almeno una mutazione F508del, la più diffusa mutazione genetica all’origine della malattia. A questo dato si aggiunge il fatto che i pazienti omozigoti per F508del, attualmente eleggibili al trattamento con i farmaci Orkambi™ (lumacaftor-ivacaftor) e Symkevi™ (tezacaftor-ivacaftor), sono anch’essi potenzialmente idonei alla terapia con il nuovo Trikafta. “Non vi è dubbio che, nei malati omozigoti F508del, la triplice combinazione elexacaftor-tezacaftor-ivacaftor si sia mostrata francamente più efficace rispetto ai trattamenti correnti con Orkambi e Symkevi”, aggiunge il prof. Gianni Mastella. “I dati ottenuti appaiono sufficienti a testimoniare che la tripla combinazione è assai più vantaggiosa rispetto alle altre doppie combinazioni già introdotte nell’uso”.

In virtù di ciò, considerando sia gli omozigoti F508del che gli eterozigoti F508del, si stima che la terapia con Trikafta potrebbe interessare fino al 90% delle persone con fibrosi cistica nel mondo. “In realtà, in molti Paesi – sottolinea il prof. Mastella – la frequenza della mutazione F508del è più bassa, anche di molto, rispetto a quella che si ha nei Paesi anglosassoni. In Italia, ad esempio, da dati del Registro FC 2016, gli omozigoti F508del sono circa il 21% del totale e gli eterozigoti sono circa il 47%: nel nostro Paese, quindi, i pazienti con almeno una copia di F508del ammonterebbero a circa il 68% del totale”. In ogni caso, i pazienti italiani dovranno attendere ancora un po’ per l’eventuale arrivo del nuovo regime a tripla combinazione: a fine ottobre, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha accettato la domanda di approvazione presentata da Vertex, dando via alla procedura di revisione necessaria per la commercializzazione del farmaco nei Paesi dell’Unione Europea.

Nel frattempo, però, per i pazienti europei con fibrosi cistica è recentemente giunta un’altra buona notizia: il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato l’impiego di ivacaftor (Kalydeco) nei bambini con FC (con determinate mutazioni nel gene CFTR) a partire dai 6 mesi di età. In Europa, il farmaco può essere attualmente utilizzato dall’età di 1 anno: se la Commissione Europea dovesse adottare in via definitiva il parere del CHMP, la terapia con ivacaftor potrà essere ulteriormente anticipata. “La notizia che ivacaftor sia impiegabile a partire dai 6 mesi avvicina la possibilità auspicata che si possa avviare il trattamento con modulatori di CFTR in una fase molto precoce della vita, quando ancora non vi siano complicanze irreversibili della malattia, che possono limitare i benefici terapeutici”, spiega il prof. Mastella. “Per ivacaftor, come per altri modulatori o combinazioni di modulatori, l’ideale sarebbe di poter intervenire nelle prime settimane di vita, subito dopo la diagnosi ottenuta tramite screening neonatale, che in Italia sta interessando quasi il 95% di tutti i malati”.

Le recenti novità terapeutiche per la fibrosi cistica hanno fatto da sfondo alla XVII Convention dei ricercatori italiani FFC: due giornate d’incontro, promosse dalla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (FFC) Onlus, che hanno visto riuniti a Verona, il 14 e 16 novembre scorsi, alcuni dei massimi esperti nel campo della ricerca sulla FC, sia nazionali che internazionali, allo scopo di condividere i risultati finora ottenuti e discutere delle prospettive future.

È proprio di fronte allo scenario terapeutico attuale che emerge l’importanza del ruolo della ricerca italiana sulla malattia, come quella promossa da FFC, che sta affrontando una serie di problematiche tuttora aperte, come la necessità di trovare approcci farmacologici per i malati di FC che, ad oggi, ne sono ancora privi. Oltre a ciò, un importante obiettivo è quello di contribuire allo sviluppo di terapie alternative a quelle presenti sul mercato, affinché sia possibile diminuire i prezzi dei medicinali ed aumentarne l’accessibilità da parte dei malati. La Convention, pertanto, è stata anche l’occasione per fare luce sulle politiche di costo dei farmaci e sul rapporto tra spese della ricerca e prezzo dei farmaci sul mercato, tema che è stato al centro dell’intervento di Silvio Garattini, dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, il quale ha presentato una relazione dal titolo “I costi sociali dei nuovi farmaci e le loro implicazioni per la ricerca e le cure”.

Per quanto riguarda le nuove strategie terapeutiche per la FC, all’incontro di Verona ha presenziato anche Tim Lee, dell’Università di Leeds (Regno Unito), rappresentante della Società Europea Fibrosi Cistica, che ha esposto nei dettagli il ricco panorama dei trial clinici finora compiuti e illustrato le prospettive aperte. Nel corso del convegno sono stati discussi anche i risultati preliminari di un approccio sperimentale che, sebbene sia ancora nelle primissime fasi di studio, è potenzialmente applicabile a tutti i pazienti con fibrosi cistica, a prescindere dal tipo di mutazione alla base della malattia. Questa particolare strategia, infatti, consiste nel correggere direttamente il DNA del gene CFTR, mediante editing genomico, o il relativo RNA messaggero.

Alla Convention FFC è stato dato largo spazio anche a progetti che sono orientati a ottimizzare le cure tradizionali, che restano e resteranno ancora, per un tempo non breve, di fondamentale rilievo. In particolare, è stato affrontato il tema dello studio di nuovi anti-infiammatori e antibiotici per il trattamento delle infezioni polmonari, con interesse per i batteri emergenti nella popolazione di malati adulti e per strategie collaterali più promettenti, come la cosiddetta “terapia fagica”.

Nel campo della ricerca clinica, invece, sono sati presentati progetti interessanti per rendere più accurata la diagnosi precoce di FC attraverso lo screening neonatale, con l’obiettivo di diminuire il costo ‘umano’ e sociale delle diagnosi dubbie. All’estremo opposto del percorso di vita del malato, infine, sono stati approfonditi gli studi in corso per la prevenzione del rigetto d’organo nel trapianto polmonare e per l’identificazione dei fattori prognostici di buon esito del trapianto stesso.

Se il presente, insomma, sta portando buone notizie per i pazienti con fibrosi cistica, il futuro, sotto la spinta della ricerca scientifica, fa sperare in una prospettiva ancor più rosea.

Leggi anche: “Fibrosi cistica, vicina la sperimentazione clinica di un farmaco brevettato da FFC Onlus

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