Dottor Andrea Diociaiuti

Il Dr. Andrea Diociaiuti (Bambino Gesù): “È essenziale evitare le complicanze di tipo infettivo o cicatriziale, e sorvegliare il paziente per il rischio di tumori cutanei”

Roma – Esistono malattie della cute che, per la loro gravità e per il coinvolgimento di altri organi e apparati, risultano particolarmente complesse da gestire. Parte di queste sono di natura malformativa o tumorale, come nel caso delle anomalie vascolari, altre sono malattie rare di origine genetica come ad esempio l'ittiosi, l'incontinentia pigmenti e l'epidermolisi bollosa.

Conosceremo meglio quest'ultima patologia con l'aiuto del dr. Andrea Diociaiuti, responsabile del Centro delle Dermatosi Croniche Complesse e Genodermatosi, l'unità che presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è dedicata a queste malattie e che ha una grande esperienza nel trattamento dei “bambini farfalla”, come vengono chiamati i piccoli pazienti affetti da epidermolisi bollosa ereditaria. Questa malattia rara, infatti, è dovuta ad una fragilità geneticamente determinata della giunzione fra derma ed epidermide, un difetto che provoca la formazione di bolle in aree di cute sottoposte anche al minimo trauma. Sono ormai noti circa 21 geni che se mutati causano la malattia.

Dottor Diociaiuti, l'epidermolisi bollosa può manifestarsi in quattro diverse forme: ce le può descrivere?

Esiste la forma semplice, dove il distacco bolloso è superficiale all’interno dell’epidermide; quella giunzionale, nella quale è intermedio a livello della giunzione; la forma distrofica, con distacco immediatamente sotto alla giunzione dermoepidermica; e infine la sindrome di Teresa Kindler. A seconda del livello del distacco le conseguenze sono più o meno gravi: si va dalla forma semplice dove la bolla è molto superficiale, alla forma distrofica dove l’erosione guarisce con la cicatrice. La gravità, però, dipende anche dall’estensione della malattia e infatti la forma più grave è una forma giunzionale generalizzata severa che normalmente è letale nei primi mesi di vita. Ci sono anche altre forme rarissime semplici, ma che si possono associare a conseguenze a carico di altri organi e apparati, come ad esempio il deficit di plectina con conseguente distrofia muscolare o la mutazione di KLHL24 associata a cardiomiopatia. La sindrome di Teresa Kindler, infine, è caratterizzata da una particolare fotosensibilità con conseguenze oculari, e dall’interessamento dell’esofago e delle vie urinarie”.

Quali opzioni terapeutiche sono attualmente disponibili per i pazienti?

“Attualmente le terapie standard sono limitate al trattamento delle lesioni e non esistono cure riconosciute come efficaci nel correggere il difetto genetico. I pazienti devono effettuare ogni 2-3 giorni delle medicazioni avanzate, che facilitano la guarigione delle erosioni cercando di evitare o ritardare le complicanze, che possono essere di tipo infettivo o di tipo cicatriziale nel caso della forma distrofica. Inoltre è fondamentale la sorveglianza del paziente per il rischio aumentato di sviluppare tumori cutanei, che sono la prima causa di morte nelle forme distrofiche. Questi pazienti, inoltre, hanno difficoltà ad alimentarsi a causa della microstomia, e sono soggetti a complicanze odontoiatriche, stenosi esofagee e malassorbimento. Per questi motivi sono spesso sottopeso, malnutriti e anemici, con un rischio aumentato di osteoporosi. È dunque necessario un supporto nutrizionale adeguato per contrastare il loro naturale deperimento”.

Ci sono delle sperimentazioni in corso per altre potenziali future terapie?

“La ricerca in questo gruppo di patologie è all’avanguardia e rappresenta un esempio anche per altre malattie rare e genetiche. Primo fra tutti, il trapianto autologo di cute geneticamente modificata e coltivata: si tratta di una tecnica descritta per la prima volta da un ricercatore italiano, il prof. Michele De Luca, e poi sviluppata anche in altri Paesi, che consente di risanare la cute di aree del corpo dove si trapianta una cute riparata geneticamente in laboratorio e poi coltivata in piastre. Estremamente interessante anche l’infusione di collagene VII ricombinante per via endovenosa. In questo caso viene prodotta in laboratorio la proteina mancante nell’epidermolisi bollosa distrofica e viene infusa per via endovenosa. La terapia cellulare con trapianto di midollo proposta in Minnesota ha permesso di migliorare l’andamento clinico dei pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica, ma a costo di potenziali effetti collaterali talora letali. Sono in corso anche terapie topiche target che inibiscono specifiche citochine responsabili di forme di epidermolisi bollose semplici. Infine sono numerosi i trial clinici che sperimentano nuove forme di trattamenti topici per accelerare la guarigione delle ferite difficili”.

Quali sono le sfide principali da affrontare nella gestione di questi pazienti?

Le difficoltà maggiori riguardano le forme distrofiche e la forma giunzionale generalizzata severa. Per il primo gruppo il problema più complesso da fronteggiare è quello oncologico: questi pazienti in età giovane-adulta iniziano a sviluppare un numero continuamente crescente di carcinomi spinocellulari. Il problema principale è la diagnosi precoce, per cui spesso si è costretti ad affrontare lesioni difficilmente operabili e per le quali a volte non è possibile ottenere la radicalità. Non di rado, quindi, ci si trova di fronte al dilemma se continuare a trattare la neoplasia o amputare un arto per cercare di evitare il rischio di complicanze maggiori. Questi pazienti devono inoltre fronteggiare quotidianamente limitazioni funzionali secondarie alla fusione delle dita delle mani. Per le forme giunzionali generalizzate severe, invece, il problema principale è decidere assieme ai genitori l’intensità delle cure per una malattia letale nei primi mesi di vita”.

Ci può raccontare qualche caso clinico particolare di epidermolisi bollosa che ha incontrato nel corso della sua professione?

“Dal punto di vista scientifico abbiamo avuto casi rarissimi: tra i tanti, segnalo una forma di epidermolisi bollosa semplice associata a cardiopatia, una forma semplice associata a distrofia muscolare ed una forma giunzionale associata ad atresia del piloro. Ma ogni caso di epidermolisi bollosa è un caso particolare e ricordo tanti episodi che mi hanno colpito dal punto di vista umano. Ricordo una ragazza affetta da epidermolisi bollosa distrofica, con le deformità che questa malattia comporta, che nonostante la fusione delle dita riusciva a disegnare delle ragazze bellissime. Un’altra paziente, nonostante l’invalidità, è fumettista e si è dedicata per anni allo sport della carabina ad altissimi livelli. Quello che mi colpisce in questi pazienti è l’enorme vitalità a dispetto delle limitazioni fisiche che la malattia impone loro. Sono di esempio e di insegnamento per tutti noi. Ovviamente porto nel cuore il ricordo di tutti i casi giunzionali generalizzati severi: neonati che hanno vissuto pochi mesi, e che nonostante le sofferenze loro e dei loro cari sono stati anche portatori di amore e di gioia per le famiglie”.

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