Il convegno Ascoltare: primo passo del prendersi curaLa medicina narrativa come mezzo per migliorare il trattamento e aumentare la compliance del paziente: se ne è parlato a Roma, durante il convegno “Ascoltare: primo passo del prendersi cura”

Una terapia universale, capace di veicolare più campi della medicina e più punti di vista su un unico grande binario, quello della narrazione. E la narrazione è il modo per arrivare a costruire una medicina personalizzata, ovvero che guardi alla persona. Una 'medicina sartoriale', in cui la terapia è come un abito cucito su misura per il paziente. Ma affinché l’abito vesta bene è importante che il sarto impari a prendere le misure. O, uscendo fuor di metafora, è importante che il medico e gli operatori sanitari imparino ad ascoltare il paziente, a creare con lui un legame basato sull’empatia, a capire quali sono le sue reali esigenze. E che il paziente, dal canto suo, impari a lavorare con i sanitari, comunicando ciò che il medico non può vedere e diventando, così, parte attiva nel processo terapeutico. Del tema si è parlato lo scorso 16 marzo durante l’incontro “Ascoltare: primo passo del prendersi cura, organizzato a Roma dall’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) e dall'Associazione Nazionale Pemfigo e Pemfigoide Italia (ANPPI) per celebrare la scorsa Giornata Mondiale delle Malattie Rare.

L’evento è stato scandito da momenti di riflessione e condivisione, attraverso musiche, racconti e poesie, alternati agli interventi dei sanitari dell’IDI, che da anni lavorano nel campo delle malattie rare, in un incontro incentrato sulle esperienze vissute dai pazienti nel percorso di diagnosi e cura, raccontate da loro stessi o dai loro familiari. Esperienze come quella di Stefano, archeologo romano, che ha scoperto da qualche anno di essere affetto da sclerodermia, o sclerosi sistemica, una malattia che comporta l’ispessimento della pelle e degli organi interni. O quella di Teresa, madre di una ragazza che oggi ha 21 anni e che con la sclerodermia convive da quando ne aveva due. Alessia, invece, per non lasciarsi sopraffare dall’emozione, ha preferito raccontarsi in una lettera, in cui ha parlato della sua malattia “dal nome un po’ strano”: il pemfigo, causa della formazione di dolorose bolle cutanee. A Daniele, ricercatore dell’IDI, il compito di riportare il racconto di una mamma volata in America con le sue due figlie: Elisa e Stella. Elisa ha l’epidermolisi bollosa, la sindrome “dei bambini farfalla”, e negli Stati Uniti ci è andata per sottoporsi ad un trapianto di midollo osseo che le è stato donato da Stella.

Storie diverse, che raccontano tutte di persone che non si sono mai arrese, che hanno imparato a reinventarsi e a convivere con la malattia, anche nei giorni più bui. Le storie dei malati rari sono spesso segnate dall’angoscia di vivere sintomi di condizioni non facilmente diagnosticabili, o dal senso di impotenza e di frustrazione che si prova nel dover rimbalzare da un dottore all’altro, da un tentativo di cura all’altro. Fino ad arrivare al paradossale sollievo provato nel momento della diagnosi: sollievo perché comprendere di quale patologia si soffra, anche se rara, vuol dire smettere di essere soli. In questo, i gruppi di ascolto terapeutici possono essere molto utili: rappresentano un momento durante il quale raccontarsi e condividere con l’altro le proprie esperienze, non necessariamente legate alla malattia; l'occasione per infondersi speranza l’un l’altro. E dei gruppi di ascolto può far parte anche il personale sanitario, per fare informazione e chiarire i dubbi dei pazienti. Una mancanza avvertita dai malati è proprio la poca chiarezza da parte dei dottori sui sintomi e sulle patologie, ma anche sui possibili effetti collaterali che un trattamento comporti.

La collaborazione tra medico e paziente nel costruire insieme un percorso terapeutico, diventa ancor più importante nel campo delle malattie rare, che sono caratterizzate da una bassa prevalenza nella popolazione. Fondamentali, per migliorare l’inclusione del malato nel processo di cura, sono le associazioni dei pazienti, che rappresentano un ponte tra i medici e i malati e che possono contribuire attivamente alla creazione dei gruppi di ascolto. Attraverso la medicina narrativa si può imparare ad ascoltare, arrivando prima e meglio a un trattamento costruito su misura per il paziente; si possono accorciare i tempi della diagnosi, migliorando la comprensione dei sintomi; si può imparare, infine, anche a raccontarsi, perché la narrazione è un mezzo per vivere, per un attimo, la propria vita da spettatore, tentando di dare ordine al proprio caos attraverso le parole.

Leggi anche: "Empowerment, informazione, accesso alle cure: le 'armi' dell’ANPPI contro le malattie bollose autoimmuni".

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