Il prof. Roberto Giacomelli: “Questa complicanza della sclerosi sistemica si può trattare solo con gli ACE-inibitori, che non vengono più prodotti in Europa”
Roma – Per un medico è sempre frustrante dover comunicare a un paziente che per la malattia di cui soffre non c'è una cura. Ma una situazione è ancora peggiore: quando un farmaco efficace esiste, ma non è disponibile perché non viene più acquistato. È ciò che è accaduto al prof. Roberto Giacomelli, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Immunoreumatologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e professore ordinario di Reumatologia presso lo stesso ateneo.
“Recentemente ho seguito il caso di una donna affetta da sclerosi sistemica una malattia cronica e progressiva di tipo autoimmune chiamata anche sclerodermia”, spiega Giacomelli. “La paziente presentava inoltre una complicanza vascolare molto grave, la crisi renale sclerodermica, per la quale gli unici farmaci efficaci, previsti dalle linee guida, sono gli ACE-inibitori (inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina) per via iniettiva. Si tratta di farmaci antipertensivi, solitamente utilizzati per trattare l'ipertensione arteriosa, al dosaggio di 10/20 mg al giorno per via orale. In caso di una crisi renale sclerodermica, invece, il dosaggio è 10-15 volte superiore (200-250 mg al giorno) e deve essere somministrato per via endovenosa. Così, nell'intento di reperire questi ACE-inibitori in soluzione iniettabile – nello specifico Enalapril 20 mg e Captopril 50 mg – ho scoperto che da un anno o due non sono più in commercio in Italia e neppure in Europa, ma solo negli Stati Uniti”.
La sclerosi sistemica è una patologia che interessa la cute e gli organi interni ed è caratterizzata da vasculopatia, autoimmunità e fibrosi; secondo i dati della Lega Italiana Sclerosi Sistemica, colpisce una persona adulta su 6.500 (per l'89% donne fra i 30 e i 50 anni), per un totale di circa 25.000 malati in Italia. Una condizione rara ma non troppo: per anni è stata in bilico fra gli status di “rara” e “non rara”, ma dal 2017 è riconosciuta come tale e ha un suo codice di esenzione, RM0120. Le cause che la determinano sono molteplici: gli studi più accreditati puntano il dito su fattori ambientali e genetici; sembra inoltre che ci sia una maggiore predisposizione ad ammalarsi se, in famiglia, si sono già verificati casi di malattie autoimmuni.
L’interessamento renale rappresenta un’importante manifestazione della vasculopatia sclerodermica: si manifesta in circa il 10-15% dei pazienti affetti da sclerosi sistemica, con l’insorgere di insufficienza renale acuta e la comparsa di ipertensione da moderata a marcata, un sedimento urinario che di solito è normale o lieve proteinuria. Questa complicanza costituisce una delle emergenze mediche in reumatologia e il controllo della pressione sanguigna è il cardine della terapia. Il trattamento aggressivo dell’ipertensione è in grado di stabilizzare o migliorare la funzione renale fino al 55–70% dei casi, se iniziato prima di una lesione vascolare irreversibile.
La crisi renale sclerodermica è caratterizzata dall’insorgenza di una grave ipertensione diastolica (pari ad almeno 110 mm Hg) che può assumere le caratteristiche di un'ipertensione “maligna” e si associa ad almeno due dei seguenti parametri: alterazioni vascolari del fondo dell’occhio, proteinuria, ematuria, incremento dell’azotemia o anemia emolitica microangiopatica. L’ipertensione arteriosa può causare forte mal di testa, disturbi della vista, affanno, nausea, vomito, palpitazioni e crisi convulsive.
È una situazione che può persino causare la morte; tuttavia, se diagnosticata per tempo, si possono conseguire risultati eccellenti, con frequente recupero della funzionalità renale e allontanamento del rischio di dover ricorrere al trattamento dialitico, che diventa necessario nel 25-50% dei casi. Attualmente la prognosi è decisamente migliorata proprio grazie alla disponibilità dei farmaci ACE-inibitori, dei quali è stata dimostrata l’attività nefro-protettiva: somministrati nelle fasi precoci di malattia, possono infatti prevenire le manifestazioni cliniche più gravi.
“Questi farmaci, in uso dai primi anni '90, hanno permesso di far calare la mortalità della crisi renale sclerodermica dall'80% a meno del 10%. La loro irreperibilità, dunque, ci fa tornare all'assenza di opzioni terapeutiche che c'era negli anni '80”, precisa il prof. Giacomelli. “Fra l'altro si tratta di farmaci che costano pochi euro, ma che sono indispensabili per salvare la vita di questi pazienti. Il fatto che oggi siano irreperibili è di una gravità assoluta per un Paese civile: ritengo che, anche se non sono più in produzione in Italia, lo Stato dovrebbe comunque averne una scorta”.
La Lega Italiana Sclerosi Sistemica APS, da sempre concretamente al fianco dei pazienti, si è fatta portavoce di questa gravissima denuncia: “Accogliamo la richiesta di presentare istanza alle istituzioni competenti per il ripristino del farmaco. Infatti, qualora lo stesso non sia più disponibile sul mercato farmaceutico, lo Stato deve provvedere con mezzi propri alla sua produzione o importazione”, specifica la presidente Manuela Aloise.
“Il diritto di avere i farmaci cosiddetti orfani è già garantito dalla legge 10 novembre 2021, n. 175 (Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani), che si propone di tutelare il diritto alla salute delle persone con malattia rara mediante l’uniformità dell’erogazione di prestazioni e farmaci su tutto il territorio nazionale, il riordino della rete nazionale delle malattie rare e la creazione di percorsi di transizione dall’età pediatrica all’età adulta. Tale riferimento è anche riportato nel recente Piano Nazionale Malattie Rare 2023–2026 recepito con l’Accordo Stato-Regioni”, conclude Manuela Aloise. “Alla luce di quanto emerso, è urgente e improrogabile un’azione che miri al ripristino di questo farmaco salvavita”.
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