Premio Nobel, James P. Allison e Tasuku HonjoIl premio Nobel per la Medicina è stato assegnato a James P. Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi pionieristici nel campo dell’immunoterapia per combattere i tumori

Come ormai da tradizione, la settimana dei Nobel si è aperta con l’annuncio da parte del Karolinska Institutet di Stoccolma per il premio in Fisiologia o Medicina. “Per le loro scoperte nel campo delle terapie contro il cancro mediante inibizione della regolazione negativa del sistema immunitario”, questa è la motivazione dell’assegnazione del Nobel di quest’anno, che il 1° ottobre è andato allo statunitense James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo. Le loro ricerche, condotte in maniera indipendente, sono state una pietra miliare nella lotta contro i tumori poiché hanno identificato i meccanismi con i quali le cellule del sistema immunitario sono in grado di attaccare quelle tumorali e, più in particolare, hanno dimostrato come togliere i 'freni' che impediscono al sistema immunitario di compiere un attacco efficace e determinante. I due ricercatori hanno posto le basi dell’immunoterapia, oggi considerata l’ultima frontiera della lotta al cancro, una malattia che a livello globale, colpisce circa 18 milioni di persone all’anno.

Le cellule tumorali, cellule che hanno una proliferazione incontrollata, vengono solitamente riconosciute come estranee e dannose dal sistema immunitario e attaccate dai linfociti T (o cellule T), i 'soldati d'assalto' della risposta immunitaria. Questa difesa dell’organismo non è però sempre efficace, perché le cellule tumorali attuano tutta una serie di strategie di fuga. Il sistema immunitario è finemente regolato per poter agire con modalità e tempistiche corrette: deve essere sufficientemente impegnato in attacchi contro microrganismi estranei, evitando però un'eccessiva attivazione, che può portare alla distruzione autoimmune di cellule e tessuti sani. Questa regolazione è mediata da una serie di proteine che agiscono come 'acceleratori' o 'freni' sulle cellule T. Ed è proprio in questo ambito che, negli anni ’90, i due neo Premi Nobel Allison e Honjo hanno fatto le loro importanti scoperte.

James P. Allison, il quale allora lavorava presso la University of California a Berkeley, osservò che la proteina CTLA-4 espressa sulla superficie dei linfociti T funzionava come freno sulla risposta immunitaria. Ebbe quindi l’idea di rimuovere questo blocco per aumentare la capacità dei linfociti di fronteggiare i tumori. Nel 1994, i primi esperimenti condotti con un anticorpo che lega e blocca l’azione di CTLA-4 diedero dei risultati eccezionali su topi malati di cancro. La reale portata della scoperta si è rivelata quindici anni dopo, quando, nel 2010, un importante studio clinico ha mostrato effetti sorprendenti, mai ottenuti prima, in pazienti con melanoma avanzato, un tumore della pelle.

Dall’altra parte dell’oceano, in maniera del tutto indipendente, Tasuku Honjo stava conducendo ricerche molto simili all’Università di Kyoto. Nel 1992 scoprì PD-1, un'altra proteina presente sui linfociti T che, come CTLA-4, funziona da freno sull’azione delle cellule immunitarie, anche se con un meccanismo diverso. Anche in questo caso, gli esperimenti condotti sugli animali con il blocco di PD-1 e i successivi studi clinici hanno dimostrato l’impatto di questa strategia nella lotta contro il cancro. Nel 2012, uno studio clinico ha dimostrato l’efficacia del trattamento nei pazienti: una remissione a lungo termine e una possibile cura in diversi pazienti con carcinoma metastatico, una condizione che in precedenza era stata considerata non trattabile.

Ciò che è stata un’intuizione di ricerca di base - il sistema immunitario come chiave di accesso per combattere il cancro - si è tradotta, nel tempo, nello sviluppo di terapie innovative, basate su un meccanismo d’azione denominato “inibizione dei checkpoint immunologici”, per pazienti affetti da tipologie di tumore ritenute incurabili. "Non riesco ancora a realizzare”, ha dichiarato Allison in conferenza stampa, dopo l’annuncio del Nobel ricevuto. "Ero un ricercatore di base. Il fatto che il mio lavoro abbia un impatto concreto sulle persone è una delle cose migliori a cui possa pensare. È il sogno di tutti”.

Il primo farmaco sotto il cappello degli inibitori di checkpoint immunologici ad essere stato messo in commercio è stato ipilimumab, un anticorpo che inibisce il CTLA-4 che, nel 2011, ha ottenuto l'approvazione negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento del melanoma avanzato. A seguire, sono arrivati diversi altri farmaci ideati per bloccare PD-1, che si sono dimostrati efficaci nei tumori polmonari e renali, nei linfomi e melanomi. Più recentemente, inoltre, è stato avviato lo sviluppo clinico di una terapia combinata che mira a bloccare, in un colpo solo, sia CTLA-4 che PD-1, con ottimi risultati per il melanoma.

Ed è sempre nell’ambito dell’immunoterapia, con l’idea di armare il sistema immunitario per riconoscere le cellule tumorali e poi annientarle, che sono nate le strategie di ultimissima generazione chiamate CAR-T (Chimeric Antigen Receptor). La tecnica si basa sull’ingegnerizzazione genetica dei linfociti T in maniera tale da potenziarli per combattere i tumori. Nello specifico, le cellule T vengono prelevate dal sangue del paziente, modificate geneticamente in modo tale da esprimere sulla loro superficie il recettore CAR capace di aumentare la risposta immunitaria, e reinfuse nel paziente stesso. A differenza della strategia basata sugli inibitori dei checkpoint, le CAR-T rappresentano la medicina personalizzata nel campo dei tumori. Ogni dose viene sviluppata e prodotta per un singolo paziente partendo dalle sue stesse cellule immunitarie. Le prime approvazioni per l’applicazione delle CAR-T nei pazienti con alcuni tumori del sangue (leucemia linfoblastica acuta nel bambino e linfoma nell’adulto) sono arrivate nel 2017 negli Stati Uniti e quest'anno anche in Europa, con l'autorizzazione all'immissione in commercio delle terapie tisagenlecleucel e axicabtagene ciloleucel.

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