Ad affrontare il tema è il professor Sandro Giannini (Padova), intervistato nell'ambito della campagna #rachitismoXLH.
L'esperto spiega anche le diverse manifestazioni della malattia nel bambino e nell'adulto
Padova – Il bambino e il paziente adulto con ipofosfatemia legata all'X (XLH), nota anche come rachitismo ipofosfatemico legato all'X, hanno problemi in parte simili: entrambi, ad esempio, hanno una patologia fragilizzante dello scheletro. Ma sono tante anche le differenze, perché l'espressività clinica della malattia può essere molto diversa: per questo motivo, nel paziente in età adulta, il rachitismo ipofosfatemico prende il nome di “osteomalacia ipofosfatemica”. “Non disponiamo di numeri precisi sulla frequenza della XLH in Italia, ma è estremamente rara”, spiega il prof. Sandro Giannini, del Centro Regionale Specializzato per l’Osteoporosi, Clinica Medica 1 dell'Università di Padova. “Nella mia carriera ho incontrato solo un caso realmente inquadrato come rachitismo ipofosfatemico legato all'X; in Veneto, sembrano esserci circa 30 pazienti”.
Nel bambino, i sintomi tipici della XLH sono le alterazioni scheletriche, caratterizzate da ossa deboli, sottili e incurvate (rachitismo), che possono essere associate a dolore, crampi muscolari, anomalie dell'articolazione dell'anca, ginocchia valghe o vare e sviluppo anomalo del cranio o delle coste (pectus excavatum). Frequenti sono anche le anomalie dentali, quali eruzione tardiva dei denti, imperfezioni dello smalto e tendenza allo sviluppo di ascessi spontanei. Inoltre, a seconda dell'aggressività della malattia, questa può influire anche sulla statura, riducendola. Nell'adulto, invece, il rachitismo evolve in osteomalacia, una grave patologia che comporta una riduzione della densità ossea, con conseguenti alterazioni da fragilità delle ossa, debolezza muscolare, dolore, processi degenerativi a carico della sfera articolare, problemi di deambulazione e rischio di fratture, con una preferenza per vertebre, femori, coste e bacino.
“Se il bambino presenta dei sintomi rilevanti, come alterazioni del tessuto osseo deputato alla crescita o deformazioni dello scheletro, difficilmente vengono interpretati dal medico in modo scorretto”, prosegue il prof. Giannini parlando di diagnosi. “Se invece i sintomi sono lievi, possono passare inosservati per decenni e la diagnosi può quindi arrivare in età adulta. La diagnosi di osteomalacia ipofosfatemica nell’adulto, invece, è più frequente, e pretende una diagnosi differenziale tra le molteplici, possibili cause. Non è improbabile che una parte di queste siano da ricondursi, dopo un'attenta valutazione, a forme legate all’X”. I sintomi della XLH, infatti, possono essere attribuiti ad altre malattie più diffuse, come ad esempio l'osteoporosi: “Per riconoscere con precisione la forma di rachitismo è essenziale un'accurata valutazione clinica e di laboratorio, nonché un iter di diagnostica differenziale che oggi è ben codificato. Infine si procede con il dosaggio della proteina FGF23 e con i test genetici”, precisa Giannini.
La terapia standard per gli adulti con XLH è la stessa prescritta ai bambini: vitamina D attiva e sali di fosfato inorganico, da assumere per tutta la vita. Questo secondo tipo di medicinale, tuttavia, non è in commercio in Italia, e gli ospedali devono ordinarlo dall'estero: i pazienti che non hanno una malattia rara inserita nell'elenco ministeriale, quindi, devono provvedere a procurarselo da soli. Questa sostanza, inoltre, a seconda delle dosi, può avere effetti collaterali a livello gastroenterico, come stipsi, diarrea o meteorismo, e ciò può influire sulla compliance.
Recentemente, però, un nuovo farmaco è stato approvato sia dalla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti che dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): il burosumab, un anticorpo monoclonale che, a differenza della terapia standard per la XLH, agisce direttamente sul meccanismo biologico che provoca l'ipofosfatemia legata all'X. Questa patologia, infatti, è dovuta a mutazione inattivante del gene PHEX, il quale codifica per un enzima che si pensa abbia un ruolo importante nel processo di mineralizzazione delle ossa e della dentina. Tale enzima è coinvolto nella regolazione dell'equilibrio del fosfato all'interno dell'organismo, poiché è in grado, sulla base di un meccanismo ancora non del tutto chiaro, di controllare la produzione di una particolare proteina, il fattore di crescita fibroblastico 23 (fibroblast growth factor 23, FGF23). Le mutazioni nel gene PHEX, che sono alla base della XLH, comportano quindi un anomalo innalzamento dei livelli di FGF23, determinando l’ipofosfatemia che porta all’instaurarsi delle lesioni rachitiche.
La terapia tradizionale per la XLH può correggere solo alcune delle alterazioni biochimiche della malattia, senza modificare i meccanismi patogenetici sottostanti, come gli elevati livelli di FGF23, un aspetto che potrebbe spiegare perché, spesso, i pazienti sottoposti al trattamento presentino una guarigione delle lesioni rachitiche ma non dell’osteomalacia, dal momento che permangono le alterazioni dei processi di mineralizzazione ossea. “Il trattamento standard non riesce a curare la causa dell'ipofosfatemia legata all'X, ma è solamente in grado di compensare parzialmente la carenza di fosfato e di vitamina D”, spiega la professoressa Giovanna Weber, dell’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano).
E' per questo motivo che la ricerca, negli ultimi tempi, ha iniziato a focalizzare la propria attenzione su FGF23 quale importante bersaglio per nuove terapie. Il nuovo farmaco burosumab, infatti, è frutto proprio di questa filosofia: si tratta di un anticorpo monoclonale specificamente progettato per dirigersi contro il fattore di crescita fibroblastico 23. “In base alle evidenze, burosumab è in grado di offrire un giovamento senza effetti collaterali gravi rilevati”, spiega la prof.ssa Weber. “Nei bambini sottoposti al trattamento sono stati segnalati miglioramenti nella fosforemia (livello di fosforo nel sangue) e nel quadro clinico del rachitismo, oltre ad un aumento della crescita”.
“I dati sul trattamento sono estremamente incoraggianti”, aggiunge il prof, Giannini. “Al momento, tuttavia, l'indicazione è diversa: negli Stati Uniti è stato approvato anche per gli adulti, mentre in Europa solo per i bambini a partire da un anno e per gli adolescenti. Questo è dovuto ai diversi meccanismi di registrazione tra FDA ed EMA: quest'ultima si attiene molto di più ai dati disponibili su specifici target di terapia”, sottolinea l'esperto. Per tale ragione, diversi studi sono attualmente in corso per incrementare le informazioni sugli effetti di burosumab in pazienti adulti affetti da XLH, studi che sono in svolgimento anche nel nostro Paese. “Al Careggi sta per concludersi un trial clinico al quale hanno preso parte nove pazienti in età adulta”, spiega Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia dell’Università di Firenze e Direttore della S.O.D. Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo presso l'AOU Careggi di Firenze. “I risultati verranno resi noti a breve, ma possiamo anticipare che il burosumab funziona negli adulti così come nei bambini”.
Oltre alla XLH, il rachitismo comprende tutta una serie di diverse forme cliniche, congenite o acquisite, come la sindrome di Fanconi e quella Fanconi-like (ipofosfatemia con iperfosfaturia), le forme indotte da tumore (tumoral-induced), molto simili all'ipofosfatemia legata all'X, e molte altre varianti di ipofosfatemia iperfosfaturica. “A parte l'ipofosfatemia legata all'X, ci sono numerose patologie dell'adulto che hanno l'FGF23 come attore principale, e che pertanto potrebbero trarre giovamento dal burosumab: ad esempio, le forme di rachitismo tumoral-induced, nel caso in cui il tumore non possa essere asportato o tenda a recidivare; oppure l'insufficienza renale cronica, un'altra condizione nella quale i livelli di FGF23 sono molto elevati”, conclude il prof. Sandro Giannini, volgendo lo sguardo verso il futuro. “Le applicazioni del burosumab, perciò, sono teoricamente molteplici”.
Partecipa alla campagna di sensibilizzazione di O.Ma.R. sull'ipofosfatemia legata all'X: condividi questo articolo sui social con l'hashtag #rachitismoXLH.
Nella prossima intervista parlerà Gianni Lombardi, presidente della nuovissima associazione AIFOSF, nata il 5 luglio 2018 a tutela dei pazienti affetti da ipofosfatemia legata all'X o da altri rari disordini del metabolismo dei fosfati.
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