Prof.ssa Claudia StefanuttiROMA – L'aferesi delle lipoproteine come l'antica città di Troia, e i PCSK9-inibitori come il leggendario cavallo che potrebbe essere usato per espugnarla. Questa la metafora usata nell'editoriale della rivista European Heart Journal, a firma della prof.ssa Claudia Stefanutti*, dell'Università “Sapienza” di Roma, e del prof. Gerald F. Watts**, della University of Western Australia . Il loro commento, non a caso, fa riferimento ad uno studio dal nome omerico, pubblicato sulla stesso giornale della Società Europea di Cardiologia: il trial Odyssey Escape, condotto su pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote.

L'aferesi delle lipoproteine: la città di Troia

L'aferesi lipoproteica è un trattamento radicale per la grave ipercolesterolemia familiare (FH), che comporta la rimozione extracorporea intermittente delle lipoproteine contenenti l'apolipoproteina aterogenica B-100 dalla circolazione, segnatamente le LDL. Il suo uso è ben supportato da linee guida internazionali, secondo cui migliora gli esiti coronarici, la progressione della malattia cardiovascolare aterosclerotica, la disfunzione endoteliale, l'infiammazione e la coagulazione. L'aferesi è indicata per i pazienti con FH omozigote o eterozigote composta, nonché per quelli con FH eterozigote e malattia cardiovascolare progressiva che sono refrattari alla massima terapia farmacologica tollerata.

Tipicamente, la procedura viene effettuata una volta alla settimana o ogni 15 giorni, per un totale di 4-6 litri di plasma trattato in 2-4 ore. Come spiegano Stefanutti e Watts, il principale ostacolo al suo utilizzo è il costo elevato, tuttora non calmierato, né a livello nazionale, né a livello internazionale: la spesa media annua per paziente di un regime quindicinale di aferesi può variare da 33.187 dollari in Germania a 114.478 negli Stati Uniti. Tuttavia è necessario riconoscere che anche i farmaci ipolipemizzanti di recente introduzione hanno un alto costo e devono essere assunti continuamente. Il valore terapeutico dell'aferesi lipoproteica spesso non viene promosso, e di conseguenza vi è una generale mancanza di consapevolezza e uno scarso utilizzo di questa tecnica terapeutica extracorporea. In contrasto con l'FH omozigote, il valore della plasmaferesi nel trattamento della forma eterozigote refrattaria è meno evidente per carenza di report scientifici. Ciò pone la domanda se i sistemi sanitari siano in grado di soddisfare la domanda di aferesi a causa del crescente volume di pazienti refrattari alle statine ad alta efficacia e all'ezetimibe.

I PCSK9-inibitori: il cavallo di Troia

La proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9) è una proteasi secreta dal fegato in risposta ad una bassa concentrazione intracellulare di colesterolo libero. L'inibizione della PCSK9 è ottenuta in modo efficiente utilizzando anticorpi monoclonali (mAb) che bloccano l'interazione extracellulare della PCSK9 con il recettore delle lipoproteine a bassa densità (LDL). Un intenso e ben tollerato abbassamento del colesterolo LDL è stato di conseguenza segnalato con coerenza sia con alirocumab che con evolocumab, aggiunti alla massima dose tollerata di terapia ipocolesterolemizzante nei pazienti con FH, con una percentuale significativa di eterozigoti che raggiungono gli obiettivi di trattamento raccomandati.

Un nuovo studio clinico: Odyssey Escape

In questo contesto, Moriarty et al. hanno svolto un importante trial (studio clinico sperimentale) in doppio cieco, controllato con placebo, sugli effetti di alirocumab 150 mg una volta ogni 2 settimane, per 18 settimane, in pazienti adulti eterozigoti che ricevevano regolare plasmaferesi (settimanale o quindicinale) e costante terapia medica ipolipemizzante. In generale, i pazienti trattati con alirocumab hanno mostrato una riduzione del 75% nella frequenza dell'aferesi (l'endpoint primario), per 12 settimane in confronto ai pazienti trattati con placebo. Questo – continuano gli autori – è il primo studio controllato a dimostrare che nei pazienti complessi con FH, alirocumab riduce l'esigenza della plasmaferesi, una terapia impegnativa e costosa, ma efficace.

Riflessioni: il ritorno a Itaca

Quali sono i limiti dello studio?
La dimensione del campione e la durata del trial sono stati modesti, e non è stato possibile testare gli esiti della malattia cardiovascolare aterosclerotica. Una valutazione di economia sanitaria sull'impatto di alirocumab rispetto all'aferesi sarebbe stata pertinente, riconoscendone i potenziali maggiori risparmi. Sarebbe stato opportuno anche un periodo più lungo di intervento con alirocumab, per mostrare una differenza negli esiti psicologici rispetto alla sola aferesi.

Quali sono le implicazioni cliniche?
Le implicazioni di questo studio sono rigorosamente riservate ai pazienti con FH eterozigote con malattia cardiovascolare aterosclerotica conclamata, sottoposti regolarmente a plasmaferesi terapeutica. Dato che quasi la metà dei partecipanti non stava assumendo statine, le ramificazioni si estendono anche al sottogruppo di pazienti in aferesi che sono intolleranti o riluttanti alle statine. Questi risultati potranno potenzialmente avere maggiore impatto nei centri che impiegano spesso la plasmaferesi, in particolare la Germania e altri grandi paesi europei, Italia inclusa, dove si praticano tecniche selettive.

Quali ulteriori indagini sono necessarie?
Il ruolo potenziale che gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 potrebbero avere nella ripianificazione e valorizzazione della plasmaferesi ha bisogno di ulteriori indagini. Nuovi dati possono derivare dal programma di studi clinici quali Proficio, con evolocumab. Nessuna informazione è attualmente disponibile nelle persone più giovani con grave ipercolesterolemia familiare omozigote. Meritano anche ulteriori approfondimenti le combinazioni terapeutiche di inibitori PCSK9, mipomersen e lomitapide con l'aferesi. Sono anche necessari – concludono Stefanutti e Watts – dati più affidabili sui vantaggi in termini di qualità di vita e una formale valutazione analitica di economia sanitaria.

Leggi anche l'articolo "Ipercolesterolemia familiare eterozigote: alirocumab permette di ridurre la frequenza dell'aferesi".

* Claudia Stefanutti - Centro Malattie Rare Neurometaboliche Regione Lazio
Tecniche Terapeutiche Extracorporee – Gravi Dislipidemie Genetiche
Dipartimento di Medicina Molecolare
Laboratorio  per lo Studio, Diagnosi, Terapia delle Dislipidemie e Prevenzione della Aterosclerosi
Università di Roma “Sapienza”
Policlinico Universitario “Umberto I”
Roma, Italia (EU)

** Gerald F. Watts - School of Medicine and Pharmacology, University of Western Australia, Western Australia, Australia

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