Basilea (SVIZZERA) - Roche ha annunciato nuove analisi retrospettive sui dati relativi a pirfenidone nella fibrosi polmonare idiopatica (IPF), presentate in occasione del congresso internazionale 2017 dell’American Thoracic Society (ATS). Tre analisi post hoc sui risultati aggregati degli studi di Fase III ASCEND e CAPACITY hanno indicato che, a differenza di quanto osservato con il placebo, i soggetti affetti da IPF trattati con pirfenidone presentano una riduzione del rischio di decesso, un calo della dispnea riferita dai pazienti e una maggiore sopravvivenza libera da progressione (PFS) con un numero inferiore di ricoveri ospedalieri per cause respiratorie.

La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia mortale, di causa sconosciuta, provocata dalla formazione progressiva e irreversibile di tessuto cicatriziale (fibrosi) nei polmoni, che rende difficile respirare e impedisce a cuore, muscoli e organi vitali di ricevere abbastanza ossigeno per funzionare correttamente. Circa 100.000 persone negli Stati Uniti e 110.000 in Europa soffrono di IPF.

Pirfenidone è un farmaco orale approvato per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica e disponibile in oltre 40 Paesi in tutto il mondo. Sebbene il meccanismo d’azione di pirfenidone non sia stato ancora pienamente compreso, si ritiene che il farmaco interferisca con la produzione del fattore di crescita trasformante (TGF) beta, una piccola proteina presente nell’organismo coinvolta nelle modalità di proliferazione cellulare e cicatrizzazione (fibrosi), e del fattore di necrosi tumorale (TNF) alfa, un’altra piccola proteina implicata nell’infiammazione. Pirfenidone ha ottenuto la designazione di farmaco orfano ed è stato approvato in Europa nel 2011 per l’uso in pazienti adulti con IPF da lieve a moderata, e negli Stati Uniti ad ottobre 2014 in pazienti affetti da IPF.

Nella prima analisi post hoc sui risultati aggregati degli studi di Fase III, pirfenidone, rispetto al placebo, si è associato a una riduzione del rischio di mortalità per ogni causa pari al 72% a un anno nei pazienti con compromissione più avanzata della funzionalità polmonare (4 decessi contro 12; hazard ratio [HR] 0,28; intervallo di confidenza [IC] al 95% 0,09, 0,86; P = 0,018). Sempre a un anno, pirfenidone, rispetto al placebo, ha inoltre prodotto una riduzione relativa del 56% della percentuale di pazienti andati incontro a decesso oppure ad un peggioramento assoluto della capacità vitale forzata (CVF) ≥ 10%.

Nella seconda analisi post hoc sui risultati aggregati degli studi di Fase III, il trattamento con pirfenidone si è associato a una minore progressione della dispnea nei pazienti con compromissione moderata della funzionalità polmonare valutata mediante lo strumento University of California, San Diego Shortness of Breath Questionnaire (UCSD-SOBQ). Nei pazienti con funzionalità polmonare meno conservata (stadio GAP [Gender-Age-Physiology] II/III), il punteggio UCSD-SOBQ mediano si è attestato a 9,2 e a 13,0 rispettivamente nei soggetti trattati con pirfenidone e in quelli trattati con placebo (differenza mediana pari a −3,67; IC al 95% −6,50, −1,00; p = 0,009). Inoltre, una percentuale inferiore di pazienti trattati con pirfenidone ha manifestato incrementi più pronunciati dei punteggi UCSD-SOBQ a un anno.

La terza analisi post hoc sui risultati aggregati degli studi di Fase III ha riguardato l’effetto esercitato da pirfenidone sulla progressione della malattia nell’arco di un anno, avvalendosi di una nuova definizione di PFS comprendente i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie. La nuova definizione ha determinato un hazard ratio della sopravvivenza libera da progressione pari a 0,49 (IC al 95% 0,38, 0,64; p < 0,0001) a favore di pirfenidone rispetto al placebo. I dati pubblicati di recente nell’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine (AJRCCM) hanno inoltre evidenziato retrospettivamente che pirfenidone ha ridotto il rischio di ricoveri ospedalieri per cause respiratorie rispetto al placebo (7% contro 12%; HR 0,52; IC al 95% 0,36, 0,77; valore di p = 0,001). Tra i pazienti ricoverati per qualsiasi ragione, pirfenidone si è associato a un minor rischio di decesso a seguito del ricovero ospedaliero.

Infine, nel primo studio retrospettivo condotto su dati 'real world' relativi all’aderenza e alla persistenza d’uso di terapie antifibrotiche per il trattamento dell’IPF, i pazienti trattati con pirfenidone hanno mostrato un tasso elevato di aderenza durante il periodo di follow-up dello studio. Il 76,2% dei pazienti trattati con pirfenidone ha evidenziato persistenza d’uso della terapia.

“Questi dati ci permettono di comprendere meglio il modo in cui pirfenidone potrebbe aiutare i soggetti affetti da IPF rallentando la progressione della malattia e forniscono, inoltre, informazioni sulla gestione dell’IPF nel contesto della reale pratica clinica” ha dichiarato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche.

Roche nelle malattie respiratorie
Roche è impegnata nel trasformare la cura dei pazienti con patologie respiratorie gravi. L’esperienza di quasi 30 anni del Gruppo Roche nel respiratorio include soluzioni terapeutiche come il dornase alfa per la fibrosi cistica e il pirfenidone per la fibrosi polmonare idiopatica.

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