Dr.ssa Elisabetta Balestro

Il punto sulla terapia con la Dr.ssa Elisabetta Balestro e il Prof. Paolo Spagnolo, dell’Azienda Ospedale-Università di Padova

La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è un’interstiziopatia polmonare caratterizzata dalla formazione irreversibile di tessuto cicatriziale a livello dei polmoni e conseguente compromissione della funzionalità polmonare che può portare, anche rapidamente, all’insufficienza d’organo. “La IPF insorge generalmente intorno ai 60-65 anni”, spiega la Dr.ssa Elisabetta Balestro, specialista pneumologa con Incarico di Altissima Professionalità per lo Studio e cura delle Malattie Rare e Interstiziali del Polmone, Unità Operativa Complessa di Pneumologia, Azienda Ospedale-Università di Padova. “La sintomatologia prevalente è rappresentata da tosse secca e stizzosa e da mancanza di fiato lentamente progressiva che porta, se non immediatamente trattata, a una grave insufficienza respiratoria. “

“La patologia – prosegue Balestro – è riconoscibile all’esame radiologico e anatomo-patologico (effettuato tramite broncoscopia) e si chiama idiopatica perché la sua causa è sconosciuta. Oggi sappiamo però che la malattia si può sviluppare in seguito a una combinazione di fattori genetici e ambientali predisponenti, tra cui il fumo di sigaretta, l’esposizione a particolari sostanze chimiche (agricole e industriali) e a polveri.”

Esistono anche delle forme familiari di malattia – spiega Paolo Spagnolo, Professore associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio presso il Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università di Padova – ad insorgenza più precoce, che risultano essenzialmente indistinguibili clinicamente, radiologicamente e istologicamente dalla fibrosi polmonare idiopatica. Sebbene non ci sia un consenso unanime sulla sua definizione, per forma familiare si intende la presenza di due o più consanguinei con fibrosi polmonare nella stessa famiglia. La prevalenza della IPF è stimata in circa 20 casi per 100.000 abitanti e circa il 10% dei casi sono familiari.”

“Quello che certamente è migliorato – spiega Balestro – è la nostra conoscenza della patologia, dal punto di vista diagnostico, clinico e patogenetico. Sul fronte diagnostico si è fatto molto per sensibilizzare alla conoscenza della malattia, il che ha permesso di ridurre i tempi medi per la diagnosi. A differenza di 10 anni fa, ora anche nei centri territoriali si pone il sospetto diagnostico. Il passo successivo è il ricorso ai centri di riferimento regionali per porre la diagnosi accurata, ma la situazione è decisamente migliorata; soprattutto, è migliorata dal punto di vista terapeutico: da diversi anni le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo delle terapie antifibrotiche fin dal momento della diagnosi e anche in presenza di una sintomatologia lieve. Questo perché entrambi i farmaci disponibili (pirfenidone e nintedanib) sono in grado di rallentare la progressione della patologia, ne deriva che iniziare immediatamente la terapia vuol dire preservare la funzione polmonare. Le terapie che abbiamo sono sicure, ben tollerate e ampiamente utilizzate anche da pazienti con multiple comorbilità. Abbiamo anche a disposizione dei dati di “real life” (ad esempio i registri) che confermano l’efficacia dei farmaci nel rallentamento della perdita di funzionalità polmonare e la loro sicurezza e tollerabilità, in quanto i loro effetti collaterali sono lievi e facilmente gestibili con semplici accorgimenti. Questo significa che il trattamento si può protrarre nel tempo, diventando un trattamento cronico.”

“Possiamo affermare che il vantaggio degli antifibrotici in termini di mortalità è ormai stato dimostrato – spiega ancora Balestro – e presto potremo riscrivere i dati di mortalità: fino a 10 anni fa si parlava di una mortalità a due anni dalla diagnosi, ora le cose sono davvero cambiate, per la maggior parte dei pazienti. Questo perché esiste una visione del paziente a 360 gradi: il paziente non è la sua patologia ed è dovere dello pneumologo farsi carico della persona nella sua complessità, indagando soprattutto la presenza di eventuali comorbilità e/o complicanze, quali in primis l’ipertensione arteriosa polmonare e il tumore del polmone.”

“È inoltre nostro dovere – prosegue l’esperta – mettere a conoscenza dei pazienti la possibilità di partecipare a trial clinici, che rappresentano un aspetto fondamentale dell’accesso alla cura per le malattie rare. Attualmente stiamo svolgendo uno studio di Fase III, multicentrico e randomizzato, da poco avviato a Padova e in pochi altri centri italiani. Si tratta di uno studio che durerà 52 settimane, durante il quale sarà testata l’efficacia di una molecola anti-fosfodiesterasi 4 (selettiva per il tipo B), che ha già dimostrato significativi risultati in termini di preservazione della funzione polmonare nel precedente studio di Fase II”, spiega ancora Balestro. “La seconda fase dello studio clinico su questa molecola, a somministrazione orale, ne ha dimostrato la sicurezza e tollerabilità sia nei pazienti che stavano già assumendo una terapia antifibrotica sia in quelli che non avevano mai assunto alcuna terapia prima del farmaco sperimentale. Questo dato ha permesso di documentare il vantaggio del farmaco sperimentale a prescindere dalla terapia antifibrotica. Ora sarà compito dello studio di Fase III confermare l’efficacia del farmaco in termini di preservazione della funzionalità polmonare. Lo studio ha coinvolto una serie di centri in America, Asia ed Europa, tra cui il nostro centro di Padova.”

“Uno studio parallelo, sempre di Fase III, con la medesima molecola, è stato avviato, ed è ancora aperto al reclutamento, per i pazienti con forme di fibrosi progressiva non IPF. Si definiscono fibrosi neglette: polmoniti da ipersensibilità e altre patologie fibrosanti che tendono ad avere un andamento progressivo simile a quello dell’IPF. Per questo motivo, oggi molti farmaci sperimentali vengono testati sia nell’IPF che nelle forme fibrosanti progressive. A questo proposito, un passo importante per i pazienti che ne sono affetti è stata l’approvazione da parte di AIFA dell’uso del farmaco nintedanib come terapia di seconda linea proprio per le forme di fibrosi non idiopatica che fino a poco tempo fa potevano essere trattate unicamente con corticosteroidi e immunosoppressori.”

Presso l’Unità Operativa Complessa di Pneumologia dell’Azienda Ospedale-Università di Padova opera un’equipe multidisciplinare che attualmente ha in carico oltre 200 pazienti con fibrosi polmonare. Offre inoltre consulenza diagnostica e terapeutica a tutti i centri territoriali che necessitino di una “second opinion” per i loro pazienti. “Da ormai più di 10 anni siamo in prima linea accanto ai pazienti con patologie rare del polmone – conclude Balestro – e, sebbene la diagnostica e gli strumenti terapeutici a nostra disposizione siano migliorati moltissimo, sappiamo che c’è ancora molto da fare: per questo, come ogni anno, organizziamo un evento di formazione e informazione in occasione del mese dedicato alla fibrosi polmonare, che sarà a settembre. Venerdì 22 settembre, dalle ore 9, presso l'Istituto Veneto di Medicina Molecolare di Padova (Via Orus, 2) si svolgerà l'evento "Fibrosi polmonare: medici e pazienti insieme per uno sguardo al futuro", in collaborazione con AIRPP (Associazione Italiana Ricerca Patologie Polmonari) e Unione Trapiantati Polmone di Padova e con il patrocinio dell'Osservatorio Malattie Rare”.

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