Il prof. Giuseppe Vita (Messina): “È molto verosimile che le nuove molecole potranno sostituire il trapianto di fegato”
GIARDINI NAXOS (MESSINA) – Neurologi e cardiologi a confronto: una collaborazione essenziale per le patologie trattate nel congresso dal titolo “Cardiomiopatie rare e scompenso cardiaco: cosa dobbiamo sapere e come dobbiamo trattarle”, che si è svolto il 31 marzo e il 1 aprile a Giardini Naxos (Messina). Nel corso del primo giorno sono state approfondite le cardiomiopatie, le distrofie muscolari e le malattie di Fabry e di Pompe, mentre il secondo è stato dedicato all'amiloidosi genetica, una grave patologia caratterizzata dalla presenza di depositi proteici insolubili nei tessuti.
“Anche l’amiloidosi genetica, come tutte le malattie rare, è difficile da diagnosticare: perciò le relazioni dei partecipanti hanno puntato molto sui “red flags”, i sintomi che devono 'far accendere la lampadina' al medico”, ha spiegato il prof. Giuseppe Vita, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Malattie Neuromuscolari del Policlinico “G. Martino” di Messina e organizzatore del congresso insieme al prof. Gianluca Di Bella. “Fra questi possiamo individuare una neuropatia periferica sensitivo-motoria progressiva, i disturbi intestinali con diarrea e stipsi alternate, il calo di peso, l'ipertensione ortostatica e l'impotenza, soprattutto se associate ad una cardiopatia. Inoltre, nel caso venga diagnosticata una differente malattia, la mancata risposta alle terapie dovrebbe far riflettere e indurre a riconsiderare la diagnosi”.
L'amiloidosi, infatti, ha ancora un ritardo diagnostico di 4-5 anni dall'esordio, causato appunto dalle troppe diagnosi errate da parte degli specialisti. Negli anni '90 e 2000 non c'era alcuna terapia disponibile a parte il trapianto di fegato, utilizzato ancora oggi in casi particolari ma estremamente invasivo; ha un esito positivo solo in caso di stadio precoce della malattia e nella mutazione Met30 (comune in Portogallo), presente in Italia in circa un quarto dei pazienti.
“Però – spiega il prof. Vita – dal 2011 esistono nuove opzioni terapeutiche: un farmaco è già in commercio, il Tafamidis, e due nuove molecole, il Patisiran (di Alnylam) e il TTRRX (di IONIS) sono oggetto di due trial clinici; i due farmaci agiscono in modo differente sull'RNA messaggero della transtiretina, riducendo la proteina mutata circolante fino all'80-90%. Questi due studi internazionali, ai quali hanno preso parte anche alcuni centri italiani fra cui il nostro di Messina, sembrano molto promettenti: stanno per concludersi, ed entro l'anno in corso sapremo i risultati. È molto verosimile che questi farmaci potranno sostituire il trapianto di fegato, affiancando il Tafamidis”.
La malattia ha mediamente una aspettativa di vita di dieci anni, ma molto dipende dal tipo di mutazione e dall'età di esordio: “Solitamente – conclude il professore – si manifesta dai 30 anni in su, ma può comparire anche a 70-80 anni: un esordio tardivo spesso favorisce un ritardo diagnostico, perché si pensa ad altre patologie con sintomi simili, come il diabete”.
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