Lo rivelano i risultati dello studio di estensione in aperto POISE: i marcatori di colestasi e danno epatico si sono stabilizzati e il farmaco non ha provocato eventi avversi gravi

Le conferme continuano ad arrivare, e tutti i dati vanno nella stessa direzione: per i pazienti con colangite biliare primitiva (CBP), l'acido obeticolico è sicuro ed efficace anche a lungo termine. Le ultime evidenze, pubblicate sulla rivista The Lancet Gastroenterology and Hepatology, giungono dai dati intermedi, a 3 anni, dello studio di estensione in aperto di Fase III POISE, della durata totale di 5 anni. Una sperimentazione che è stata condotta anche in Italia, presso il reparto di Gastroenterologia dell'Azienda Ospedaliera di Padova, l'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università di Bologna: fra gli autori dello studio, infatti, figura anche il prof. Pietro Andreone, dell'ateneo bolognese.

La colangite biliare primitiva è una rara malattia epatica cronica che colpisce circa 13.000 persone in Italia, per il 90% donne. L’attuale standard di trattamento è rappresentato dall'acido ursodesossicolico, ma una percentuale di pazienti (fino al 40%) non ha un'adeguata risposta, oppure è intollerante al farmaco. Per queste persone la prospettiva era quella di veder progredire la malattia: questo fino all'arrivo di una molecola che ha rappresentato il primo nuovo trattamento disponibile da quasi 20 anni per i pazienti europei con questa condizione: l'acido obeticolico.

Il farmaco, prodotto dall'azienda farmaceutica statunitense Intercept con il nome commerciale di Ocaliva, è stato approvato in Europa nel dicembre 2016 e nell'ottobre dell'anno successivo ha ottenuto in Italia la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale.

Il giudizio favorevole degli enti regolatori si è fondato sui dati dello studio POISE, che nella fase in doppio cieco ha reclutato 217 pazienti con colangite biliare primitiva e intolleranza o risposta inadeguata all'acido ursodesossicolico. I partecipanti al trial hanno ricevuto un placebo oppure l'acido obeticolico in due dosaggi (l'uno che variava da 5 a 10 mg, l'altro da 10 mg), una volta al giorno per 12 mesi. Durante la fase di estensione in aperto, alla quale hanno preso parte 193 pazienti, le dosi del farmaco sono state variabili.

I ricercatori hanno valutato i marcatori di colestasi e danno epatico – la fosfatasi alcalina e la bilirubina diretta e totale – nonché la sicurezza fino a 48 mesi di trattamento. Queste analisi ad interim sono state effettuate nella cosiddetta “popolazione di sicurezza”, che comprende qualsiasi paziente randomizzato nella fase in doppio cieco che ha ricevuto almeno una dose di acido obeticolico durante l'estensione in aperto.

Le concentrazioni di fosfatasi alcalina sono risultate significativamente ridotte rispetto al basale dopo 12, 24, 36 e 48 mesi. Una stabilizzazione è stata notata sia per i livelli di bilirubina totale, con un cospicuo calo dopo 12 e 48 mesi, che per quelli di bilirubina diretta, con un cambiamento rilevante dopo 12 mesi; tuttavia, in altri momenti dello studio, queste riduzioni non si sono rivelate significative.

L'acido obeticolico è stato generalmente ben tollerato: gli eventi avversi più comuni sono stati il prurito, nel 77% dei pazienti, e l'affaticamento, nel 33% dei casi. Inoltre, non si sono verificati eventi avversi gravi correlati al farmaco: alla luce di questi nuovi dati, gli studiosi hanno concluso che il farmaco dev'essere considerato sicuro ed efficace anche dopo 3 anni di trattamento.

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