Il farmaco impedisce ai linfociti di attraversare la barriera emato-encefalica e di attaccare la mielina


Un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine mette in luce tutti gli aspetti fondamentali della terapia con Fingolimod, immunosoppressore di recente approvazione da parte della Food and Drug Administration come un trattamento mirato a ridurre la frequenza delle esacerbazioni cliniche e ritardare la progressione della disabilità fisica nei pazienti con forme recidivanti di sclerosi multipla.

Nella sclerosi multipla, malattia autoimmune, i linfociti migrano attraversando la barriera emato-encefalica dei linfonodi andando ad aggredire gli antigeni della mielina, provocando infiammazione, demielinizzazione, lesioni neuroassonali, astrogliosi, e infine neurodegenerazione. La migrazione dei linfociti dipende dal recettore S1P1, accoppiato alla proteina G, presenti sulla superficie dei linfociti. Il legame per questo recettore è il lipide sfingosina S1P ed è il gradiente di concentrazione di questo lipide che induce la migrazione dei linfociti nella circolazione.
Fingolimod, noto anche come FTY720 o Gilenya (nome del farmaco prodotto da Novartis), è strutturalmente simile al recettore S1P e all'interno dei linfonodi funge da agonista del recettore stesso, facendo si che i linfociti non rispondano più ad il gradiente di S1P e non siano costretti alla migrazione. L'efficiacia del fingolimod assunto per via orale è stata provata da due trial randomizzati in doppio cieco di fase 3, condotti su pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, con ottimi risultati. I pazienti con forme progressive sono stati invece esclusi dalle sperimentazioni.

Nonostante l'approvazione del trattamento da parte della Food and Drug Administration il team di ricerca del prof. Pelletier, dell'UCSF Multiple Sclerosis Center di S. Francisco, ritiene che il farmaco debba essere riservato come farmaco di seconda linea fino a quando le uteriori indagini di sicurezza a lungo termine saranno rese pubbliche. Quindi la terapia con Fingolimod dovrebbe essere considerata solo per i pazienti che hanno avuto di recente l'attività infiammatoria della malattia e quelli che non beneficiano o che non tollerano i farmaci di prima linea (beta interferone e il Glatiramer Acetato) o il Natalizumab. Il trattamento non deve essere inziato prima di tre mesi dopo la sospensione del Natalizumab  e per ogni trattamento successivo al fingolimod deve essere rispettato un intervallo di almeno 2 mesi.

Prima dell'inizio della terapia con Fingolimod devono essere eseguiti test di laboratorio e valutazioni specifiche: conta leucocitaria totale e differenziale, livelli di aminotransferasi,  livelli di bilirubina,  varicella-zoster titoli anticorpali (se negativo, la vaccinazione 1 mese prima dell'inizio della terapia Fingolimod deve essere considerata); elettrocardiografia (soprattutto se gli eventuali fattori personali o familiari di rischio cardiovascolare sono presenti); e spirometria (se fattori di rischio polmonari sono presenti). Per i pazienti che presentano alterazioni elettrocardiografiche è consigliato un consulto cardiologico. Deve essere prestata particolare attenzione a pazienti con evidenti blocchi di conduzione atrioventicolari e pazienti che assumonoagenti psicotropi, i farmaci beta-bloccanti e calcio-antagonisti.  E' infine raccomandata la vigilanza oculistica e dermatologica, almeno fino a quando il rischio reale di edema maculare (attualmente pari all'1%) e il cancro della pelle non sarà noto.
La terapia deve essere sospesa per i pazienti con una conta dei linfociti inferiore a 200 cellule per millimetro. Il farmaco non dovrà essere assunto in gravidanza.
Il paziente dovrà essere monitorato per 6 ore dopo la prima assunzione orale del farmaco, e sospeso nel caso di bradicardia, in quanto i più comuni effetti collaterali sono a carico del sistema cardiovascolare.

I medici raccomandano inoltre che gli agenti immunosoppressori per via endovenosa (per esempio, ciclofosfamide), anticorpi monoclonali (ad esempio, rituximab o alemtuzumab), o altri immunosoppressori per via orale (ad esempio, metotressato, micofenolato, o azatioprina), che non sono approvati dalla FDA per il trattamento della sclerosi multipla, debbano essere considerati unicamente come terza linea opzionale. Da prendersi in considerazione quindi solo nel caso in cui il paziente abbia avuto una risposta inadeguata o abbia riscontrato effetti collaterali nel trattamento con Fingolimod e Natalizumab. Infine il Mitoxantrone, farmaco approvato e ancora utilizzato da alcuni medici specializzati nella cura dei pazienti con sclerosi multipla, non è più da considerarsi, secondo il team di Pelletier, una opzione di trattamento a causa del rischio a lungo termine di leucemia.

 

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