L’utilizzo di condizionamenti a intensità ridotta con fludarabina ne hanno migliorato gli esiti.
Per il futuro si sperimentano le terapie a base di anti TNF
“L’Anemia di Fanconi (AF) è una malattia genetica caratterizzata da instabilità cromosomica, tendenza a sviluppare tumori ematologici e non, e da un difetto produttivo del midollo osseo che comporta anemia, piastrinopenia e leucopenia. Sono stati individuati un gruppo di 15 geni che coinvolgendo le funzioni di riparazione del DNA, i processi di ossido-reduttasi, di regolazione di citochine e dell’apoptosi sono alla base dei fenomeni che determinano la malattia di Fanconi. Di solito intorno ai 5-10 anni compaiono i primi difetti di emopoiesi e si comincia ad evidenziare anemia, piastrinopenia e leucopenia”. A spiegare la malattia e lo stato delle terapie è il prof. Mimmo Ripaldi, Direttore SSD Trapianto di Midollo Osseo AORN Pediatrica Santobono Pausilipon di Napoli in un articolo a sua firma nell’ultimo notiziario dell’AIRFA – Associazione Italiana per la Ricerca sull’Anemia di Fanconi. “Da studi su animali e su cellule umane – spiega Ripaldi - si è visto che le cellule dei pazienti affetti da FA, in presenza di un eccesso di citochine infiammatorie (TNF) e di Interferon- Gamma (IFN), vanno incontro a morte (apoptosi) per incremento delle alterazioni dei cromosomi, i quali non possono essere riparati in quanto è geneticamente alterato il sistema di riparazione. Questo scenario è anche il quadro delle malattie precancerose tanto che, nel midollo dei pazienti affetti da FA, spesso prima della comparsa di una Leucemia Mieloide Acuta si assiste al comparire di una sindrome mielodisplastica associata ad alterazione genetiche come la monosomia del cromosoma 7. I pazienti affetti da AF in alcuni casi rispondono alla terapia con androgeni o con corticosteroidi correggendo l’anemia e la piastrinopenia con il midollo residuo ancora funzionante, ma alla lunga, questi effetti benevoli tendono a scomparire lasciando evidenti solo gli effetti negativi di tali terapie (mascolinizzazione, irsutismo, epatiti,bassa statura e carcinomi epatici). L’uso dei fattori di crescita come EPO, GSM e IL-3 hanno determinato risposte parziali e transitorie. Molto più interessanti sono le terapie a base di anti TNF che, ancora in fase sperimentale, stanno ottenendo, in alcuni casi, risultati incoraggianti.
Ma il primo presidio terapeutico nella AF, quando si osserva un decremento della emopoiesi con la necessità di trasfusioni e si possiede un familiare HLA identico, è il trapianto di midollo osseo. Dalla fine degli anni 90 i protocolli di preparazione al trapianto sono stati quelli utilizzati dalla prof.ssa Gluckman e perfezionati da diversi gruppi. I risultati raggiunti da questi programmi sono stati interessanti con mortalità trapiantologica (TRM) pari al 8-18 per cento, rigetto pari al 9 per cento e sopravvivenza pari al 80 per cento L’introduzione di condizionamenti a intensità ridotta (RIC), a base di fludarabina, ha migliorato quello che era uno dei più importanti aspetti negativi la TRM portandola al 9 per cento con una sopravvivenza che supera l’ 85 per cento”.
“La natura della malattia (genetica) e la bassa probabilità di un familiare compatibile (25 per cento) – spiega ancora il prof Ripaldi - rappresentano due degli ostacoli a un trapianto familiare, per cui spesso si è costretti a ricorrere ad un donatore compatibile non familiare, ma in questo caso si ha un incremento dei rischi di mortalità trapiantologica (TRM), della possibilità dell’incremento della reazione contro l’ospite da parte delle cellule immunocompetenti del donatore (GVH) e del mancato attecchimento del midollo infuso, tanto che la sopravvivenza globale è valutata intorno al 35 per cento. Anche in questi casi l’introduzione della fludarabina nella preparazione al trapianto ha incrementato in maniera netta la sopravvivenza toccando valori intorno al 53 per cento. Bisogna comunque ricordare che, con il trapianto di midollo osseo, si correggono le alterazioni ematologiche ma non si corregge la tendenza che i pazienti con FA hanno nello sviluppare tumori non ematologici. Appare chiaro che, al momento, la terapia trapiantologica, anche con le sue limitazioni, appare quella che attualmente offre le migliori garanzie per la guarigione”.
Relativamente ai centri in cui oggi, in Italia, è possibile trovare centri trapianti esperti in questa malattia rara Ripaldi spiega che “numerosi sono i Centri di Trapianto che hanno avuto in cura pazienti affetti da questa malattia. Anche il Centro Trapianti Pediatrico da me diretto, allocato presso l’Ospedale Pausilipon nel dipartimento di Oncologia Pediatrica diretto dal prof. Vincenzo Poggi, ha maturato esperienze con bambini affetti da FA effettuando il trapianto di midollo osseo sia da donatore familiare che da donatore non familiare. I dati del nostro centro, con i suoi 220 trapianti effettuati sia allogenici che autologi in piccoli pazienti affetti sia da patologie oncologiche sia da patologie genetiche come l’A.F. ma non solo questa, sono sovrapponibili a quelli di tutti gli altri centri nazionali ed internazionali ed esso può rappresentare per l’Italia meridionale un punto di riferimento senza la necessità di dover emigrare, come spesso è capitato negli anni passati, in altre regioni”.
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