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L’intervista al Dottor Antonino Giambona, degli Ospedali Riuniti di Palermo 

La celocentesi è una tecnica diagnostica prenatale che permette di individuare precocemente la presenza di alcune patologie genetiche nel feto dalla settima settimana di gestazione. Messa a punto al Campus di Ematologia “Franco e Piera Cutino” di Palermo, la metodica permette oggi di effettuare una diagnosi prenatale precoce per la talassemia, la fibrosi cistica, la sindrome di Cockayne, l’ipertrofia cardiaca, la sindrome di Noonan e altre rare malattie genetiche.

La procedura della celocentesi è stata avviata nel 2006 presso il laboratorio di diagnosi prenatale della UOC di Ematologia delle Malattie Rare del Sangue e degli Organi Emopoietici dell’Azienda Villa Sofia Cervello, in collaborazione con l’UOS di Diagnosi Prenatale, afferente all’UOC di Ginecologia ed Ostetricia. Antonino Giambona, Direttore dell’Unità Operativa Semplice dipartimentale di “Diagnostica Molecolare e Malattie Rare del Sangue”, ubicata al Campus di Ematologia “Cutino” ed afferente agli Ospedali Riuniti “Villa Sofia Cervello” di Palermo, ci ha raccontato come è stata sviluppata la metodica oggi offerta gratuitamente alle coppie a rischio di talassemia e di altre malattie genetiche provenienti da tutto il territorio nazionale.

Dott. Giambona, la celocentesi è utilizzata da oltre un decennio: ci racconta come è nato il vostro interesse per questa metodica?

Abbiamo iniziato circa quindici anni fa il percorso di ricerca che ci ha condotto oggi ad essere l’unico Centro al mondo in grado di eseguire la celocentesi. All’inizio siamo stati incuriositi da alcuni articoli pubblicati su importanti riviste scientifiche internazionali da un gruppo di ricercatori inglesi e greci. Gli stuti pubblicati riportavano dati molti interessanti su questa nuova metodica che consentiva, come detto, di anticipare, attraverso il prelievo di fluido celomatico, la diagnosi prenatale. Abbiamo a quel punto contattato il più esperto ginecologo per il prelievo di liquido celomatico, il Prof. George Makrydimas dell’Università di Ioannina, in Grecia. Da lì è partita una collaborazione che ha condotto il ginecologo greco a frequentare, con cadenza mensile, il servizio di Diagnosi Prenatale dell’Ospedale “Cervello” di Palermo per effettuare il prelievo di liquido celomatico in donne che optavano per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Gli obiettivi di questa collaborazione con il Prof. Makrydimas erano essenzialmente due: da un lato, istruire i nostri ginecologi nel prelievo del fluido celomatico; dall’altro, fornire campioni di liquido celomatico al laboratorio di diagnosi prenatale per sviluppare un protocollo diagnostico sicuro da offrire alle coppie a rischio di talassemia ed altre patologie geneticamente trasmissibili.

La composizione cellulare del fluido celomatico non era nota prima di allora: la prima fase della sperimentazione è stata dunque focalizzata proprio sulla conoscenza delle cellule fetali presenti nel fluido celomatico e sulla definizione della loro percentuale rispetto alle cellule materne. La presenza anche di una piccola percentuale di cellule materne rendeva il campione prelevato non idoneo per l’analisi genetica e gli studi scientifici pubblicati sino ad allora non fornivano informazioni adeguate su questo argomento. Durante la fase sperimentale abbiamo dunque esaminato decine e decine di campioni di fluido celomatico e abbiamo compreso che questo fluido conteneva cellule fetali miscelate a cellule materne, che la componente fetale/materna era molto variabile e che il numero di cellule fetali presenti era variabile da diverse centinaia a poche unità. 

La contaminazione materno/fetale ha complicato sensibilmente l’indagine di laboratorio, poiché le cellule necessarie per poterla eseguire correttamente erano soltanto quelle fetali. Ci siamo inizialmente concentrati nel riconoscimento delle cellule fetali sulla base della loro morfologia e abbiamo scoperte che si trattava di eritroblasti fetali. Successivamente, abbiamo sperimentato un sistema per l’isolamento di questi eritroblasti, per poter avere campioni puri di cellule fetali. Per questo ci siamo avvalsi dell’ausilio di un micromanipolatore, un’attrezzatura di laboratorio che consente di aspirare singolarmente le cellule. Ciò ha accresciuto dall’80 al 99% la fattibilità diagnostica, ossia la possibilità di poter eseguire il test genetico sulle cellule.

Un’altra problematica era legata al numero di cellule fetali ottenibili, molto variabile, per cui è stato messo a punto un protocollo diagnostico di laboratorio molto sensibile, che permetteva di analizzare anche poche unità di cellule. Soltanto in un caso su 100 non si riscontrano cellule fetali su cui potere eseguire i test di laboratorio: da qui la fattibilità diagnostica del 99%. 

Oltre alla fattibilità della celocentesi, era anche necessario che l’indagine producesse risultati affidabili. Tra le 680 procedure diagnostiche effettuate in questi 15 anni, il risultato ottenuto è sempre stato confermato dalle indagini successive di controllo, eseguite attraverso villocentesi o amniocentesi o dopo la nascita del bambino, oppure, in caso di IVG, dopo analisi sul tessuto abortivo. Negli ultimi anni, considerando la fattibilità e l’attendibilità dei dati prodotti dalla celocentesi, un numero sempre maggiore di donne preferisce non sottoporsi alle altre procedure di controllo. In questi ultimi casi procediamo a una verifica dello stato di salute del bambino dopo qualche mese dalla sua nascita. Ad oggi, circa 60 donne all’anno ricorrono alla celocentesi, in maniera completamente gratuita.

Il Centro di Palermo è attualmente è l’unico in cui poter eseguire la procedura, pertanto le donne che desiderino avere maggiori informazioni possono contattarci telefonando allo 091-6802770 o inviando una e-mail al mio indirizzo, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Per saperne di più sulla celocentesi leggi anche: “Talassemia e diagnosi prenatale precoce: la celocentesi sicura già dal secondo mese di gravidanza”.

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