Grazie alle tecniche di Next Generation Sequencing è oggi possibile ottenere un accurato inquadramento del paziente
Il bacino del Mediterraneo fa attualmente da sfondo a un periodico spostamento di migliaia di persone che sta cambiando il volto dell’Europa e chi mastichi anche solo un po’ di genetica sa che le migrazioni rappresentano un potente substrato di rimescolamento, contribuendo a variare ed arricchire il patrimonio genetico. Un gruppo di malattie che riflette tale processo evolutivo è quello delle talassemie, che nel nome stesso includono la propria area di diffusione privilegiata: quella del mare Mediterraneo. Sono tra i disordini monogenici più noti al mondo, con un elevato interesse in chiave clinica che ne ha fatto le patologie ereditarie più studiate in Italia: a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, storici contributi alla loro comprensione sono giunti dagli studi del professor Antonio Cao all’Ospedale Microcitemico di Cagliari. Tanto che ancora adesso il percorso di diagnosi delle talassemie è al centro di un turbine di innovazione.
EMOGLOBINOPATIE: ALFA- E BETA-TALASSEMIA
L’avanzamento della tecnologia d’indagine e l’avvento di nuove terapie - tra cui l’editing del genoma - stanno facendo avvertire l’esigenza di portare sotto i riflettori il tema della diagnosi precoce di malattia.
Le talassemie hanno origine da mutazioni nelle sequenze di codificazione dei geni delle catene globiniche capaci di alterare la struttura delle principali proteine formanti la molecola di emoglobina, che nei globuli rossi è deputata al trasporto dell’ossigeno ai vari distretti dell’organismo: se questa molecola non viene correttamente assemblata l’apporto di ossigeno non può esser garantito, con conseguenze di diversa intensità per l’organismo, a partire dall’anemia fino a eventi - fra cui l’idrope fetale - incompatibili con la vita del feto.
L’emoglobina è formata da due catene alfa globiniche e da due catene beta globiniche assemblate tra di loro. La presenza di difetti nel DNA dei cluster o dei singoli geni globinici può causare un’alterazione sia della struttura che del grado di produzione delle catene globiniche. L’alfa-talassemia è causata soprattutto da delezioni di uno o più dei geni che codificano per le catene alfa, mentre la beta-talassemia è dovuta ad alterazioni puntiformi che influenzano la produzione delle catene per la beta-globina.
Le talassemie vengono dunque classificate in base alla catena globinica coinvolta e alla gravità dei sintomi. Sul piano della gravità si possono distinguere almeno tre forme di talassemia: lo stato di soggetto portatore sano, la talassemia intermedia e la talassemia major o anemia di Cooley. Il portatore sano è asintomatico e il suo stato può essere rilevato con test di primo livello come un semplice emocromo o la valutazione quali-quantitativa delle frazioni globiniche. I soggetti con talassemia major presentano splenomegalia, iposplenismo, osteoporosi e altre anomalie dello scheletro con alterazioni dei tratti somatici, accumulo di ferro nei tessuti, deformazioni ossee e disfunzioni a danno di organi vitali come il fegato, il pancreas o il cuore. In relazione ai difetti molecolari si può classificare il soggetto come talassemia intermedia: tali individui possono presentare un quadro fenotipico variabile che può essere vicino a quello del portatore sano un po' più anemico, o a quello del soggetto affetto da talassemia major.
DUE MALATTIE MOLTO DIFFUSE NEI PAESI DEL MEDITERRANEO
Il maggior riscontro delle talassemie si ha tra le popolazioni dell’area mediterranea. “Circa l’8% della popolazione dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo è costituita da portatori sani di beta-talassemia, mentre nel Sud-Est asiatico e in Medio-Oriente questa frazione sale, rispettivamente, al 9 e al 10%, per arrivare al 15% in India”, afferma il dott. Antonino Giambona, dell’U.O.S.D. di Diagnostica Molecolare e Malattie Rare Ematologiche dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo. Circa il 10% della popolazione italiana è portatrice asintomatica di una anomalia dell’emoglobina. “In Europa son presenti circa 15mila soggetti affetti da talassemia major, in particolare beta-talassemia, e solo in Italia se ne contano circa 7mila”. Nel nostro Paese le zone a maggior diffusone della beta-talassemia sono le Regioni del Sud, come Sicilia, Puglia e Sardegna, ma non sono infrequenti i casi nell’area della pianura padana. La talassemia major è una grave forma di anemia congenita che richiede per la sopravvivenza regolari trasfusioni di globuli rossi (circa 250mila unità di sangue/anno). Gli scambi che attraverso i decenni hanno spinto molti ad abbandonare le proprie case e cercare fortuna in nuove regioni hanno favorito il riassortimento del pool genico, rimescolando le carte, e contribuendo così alla diffusione di queste patologie anche in aree inizialmente meno colpite. Poiché un numero non trascurabile di persone affette da talassemia necessita di terapie e trasfusioni continue, diventa prioritario ricevere una diagnosi precocemente e garantire ai malati un rapido accesso alle cure.
UNA DIAGNOSI CHE COMINCIA DALL’EMOCROMO
Il pilastro diagnostico centrale delle talassemie sono gli esami ematologici. “Le analisi di primo livello (screening ematologico) comprendono l’emocromo e l’elettroforesi dell’emoglobina, per formulare un’ipotesi sulla tipologia di difetto a carico dei geni globinici per il paziente analizzato”, afferma la dott.ssa Cristina Curcio, del Laboratorio di Genetica Medica presso la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. “Le talassemie sono le sole malattie genetiche sospettabili fin da un semplice esame del sangue. Le analisi genetiche si eseguono in ben determinate condizioni”. Infatti, presso il Laboratorio di Genetica del Policlinico di Milano lo screening ematologico riguarda per buona parte i portatori sani. In Italia, una persona su dieci è portatrice sana di una forma di emoglobinopatia e quindi non presenta sintomi tipici della malattia. Tuttavia, di fronte ad alcune scelte di vita - tra cui quella di avere dei figli - sapere se si appartenga o meno a questa categoria può fare la differenza.
“Alcune coppie eseguono dei test in epoca pre-concezionale per stabilire il rischio riproduttivo e molte altre, una volta accertatolo, decidono di sottoporsi a diagnosi prenatale per sapere lo stato di salute del feto”, precisa Curcio. “Negli ultimi anni i progressi tecnologici in biologia molecolare si sono tradotti nella disponibilità di strumenti per valutare in modo più preciso e veloci i geni globinici. Infatti, grazie alle tecniche di NGS (Next Generation Sequencing) siamo in grado di fare uno screening simultaneo dei geni alfa, beta, gamma e delta globinici per un più accurato inquadramento del paziente”. Nel caso di persone che già abbiano la certezza di essere portatrici di una mutazione per la beta talassemia si utilizza il sequenziamento Sanger o la tecnica Reverse-Dot-Blot PCR (Polymerase Chain Reaction) la quale, tuttavia, consente di cercare le 23 mutazioni più frequenti nella popolazione caucasica e potrebbe essere dunque limitativa nel caso di persone provenienti da altre aree del mondo.
“I kit di sequenziamento del DNA aggiornati con le nuove sonde permettono di superare questo problema, allargando il set di mutazioni identificabili”, aggiunge ancora Curcio. “Una volta che la mutazione specifica sia stata identificata per entrambi i componenti della coppia, si procede con una consulenza genetica per definire la patogenicità della variante ed illustrare l’eventuale possibilità di una diagnosi prenatale e/o pre-impianto. Alle coppie che desiderano conoscere il loro rischio riproduttivo cerchiamo perciò di offrire un servizio esaustivo e suggerire quali scenari possibili si prospettano loro”.
LA DIAGNOSI PRENATALE ANCHE GRAZIE ALLA CELOCENTESI
La diagnostica prenatale include test di screening e test prettamente diagnostici, che possono essere eseguiti in base a differenti richieste o in epoche gestazionali nonché con modalità di prelievo e metodiche tra loro diverse. Le procedure disponibili includono la villocentesi (che si esegue dopo l’undicesima settimana di gestazione), l’amniocentesi (dopo la sedicesima) e la cordocentesi (a partire dalla diciottesima). “Da tali tessuti viene estratto il DNA fetale e si esegue l’analisi molecolare per individuare o escludere la presenza delle mutazioni dei genitori”, precisa Giambona. “In sede di consulenza genetica, le informazioni ottenute saranno trasmesse alla coppia che gestirà consapevolmente la prosecuzione o l’interruzione della gravidanza”.
Tra le procedure di diagnosi prenatali oggi figura anche la celocentesi. Tale procedura può essere eseguita dalla settima alla nona settimana di gestazione anticipando la diagnosi prenatale di circa quattro settimane rispetto alla villocentesi. La celocentesi permette di prelevare una piccolissima quantità di liquido celomatico (1 mL) per via transvaginale e sotto controllo ecografico. “Dopo oltre 4 anni di sperimentazione, è stato perfezionato il metodo di selezione delle cellule per ottenere un campione idoneo contenente cellule fetali puro”, puntualizza Giambona. “La celocentesi ha un’accuratezza diagnostica del 100% e rappresenta una valida alternativa alla villocentesi o all'amniocentesi perché consente una diagnosi più precoce e un’interruzione meno traumatica della gravidanza se la paziente preferisce sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza in caso di feto affetto”.
Oltre alla talassemia, la celocentesi è stata utilizzata per la diagnosi prenatale di altre patologie monogeniche, tra cui la sindrome di Cockayne, l’ipertrofia cardiaca, la sindrome di Noonan e la fibrosi cistica. “Ad oggi, presso il nostro centro sono state eseguite oltre 770 procedure di celocentesi”, conclude Giambona. “Un quinto delle richieste di celocentesi giunge da altre Regioni italiane, soprattutto dalla Sardegna e dalla Puglia, ma anche da altri paesi della Comunità Europea, tra cui la Grecia”.
La celocentesi è una prestazione sicura e attendibile, offerta ai cittadini tramite il Servizio Sanitario Nazionale (SSN): per saperne di più è possibile leggere l’articolo di approfondimento di OMaR.
Per saperne di più sulle metodiche di diagnosi vi invitiamo a leggere anche: “Dalla chimica clinica alle analisi genetiche: il percorso diagnostico delle talassemie”.
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