Reni

Uno studio condotto da ricercatori turchi apre alla possibilità di una terapia che possa migliorare la sopravvivenza renale nei pazienti 

Secondo un recente studio condotto in Turchia e pubblicato sulla rivista Nefrologia, l’elevato livello ematico di una specifica proteina, la periostina, potrebbe rappresentare un prezioso biomarcatore del danno renale correlato alla malattia di Fabry. Pensiamo – dichiarano gli scienziati dell'Università Necmettin Erbakan – che valga la pena indagare il ruolo della periostina nella gestione del processo fibrotico tipico della nefropatia di Fabry. Questo perché, ipotizzano sempre i ricercatori impegnati nello studio, un’integrazione tra terapia enzimatica sostitutiva (ERT) e terapie per la riduzione della periostina potrebbe contribuire a migliorare la sopravvivenza renale nella malattia di Fabry.

LA PERIOSTINA 

La periostina – viene spiegato nella studio – è una proteina di comprovata importanza nell'infiammazione dei reni, che svolge un ruolo essenziale nel processo che porta alla fibrosi (cicatrizzazione) renale. La sua espressione, infatti, è aumentata in molte malattie renali. Studiata già come biomarker di infiammazione delle vie aeree e per il suo ruolo nello sviluppo di metastasi cancerose, in questo caso è stata analizzata in relazione alla nefropatia di Fabry.

LA NEFROPATIA DI FABRY

La malattia di Fabry è causata da mutazioni nel gene GLA, il quale fornisce le istruzioni per produrre l'enzima alfa-galattosidasi A (Gal A), deputato alla scomposizione delle molecole di grasso in blocchi che le cellule possono utilizzare. Le mutazioni in GLA causano assenza o malfunzionamento dell’enzima Gal A, con conseguente accumulo tossico di alcune molecole di grasso - in particolare Gb3 e liso-Gb3 - nei piccoli vasi sanguigni e nei tessuti corporei. L'accumulo tossico di queste molecole porta a danni agli organi, in particolare ai reni e al cuore.

Il trattamento precoce con la terapia enzimatica sostitutiva, che fornisce all’organismo un enzima Gal A funzionante, prodotto in laboratorio, rallenta il deterioramento della funzione renale nei pazienti affetti da Fabry ma spesso non previene il progressivo danno ai reni. L'infiammazione e la conseguente fibrosi, infatti, possono iniziare prima che il danno renale sia clinicamente visibile e possono progredire nonostante il trattamento con ERT.

LO STUDIO TURCO

Nella malattia di Fabry, i meccanismi biologici secondari che contribuiscono al danno renale non sono ancora del tutto chiari. Pertanto, svelarli potrebbe essere determinante per sviluppare trattamenti nuovi e di maggior successo per la nefropatia associata alla patologia. Dal momento che i livelli di periostina spesso si dimostrano elevati nei soggetti con disturbi renali, l’ipotesi dei ricercatori è quella che la proteina sia direttamente coinvolta nei processi infiammatori e cicatriziali. Per questo, lo studio svolto dall'Università Necmettin Erbakan si è concentrato nell’analisi della relazione tra periostina e danno renale nella malattia di Fabry.

Lo studio ha incluso 18 pazienti con malattia di Fabry (10 maschi, 8 femmine) con indicazione di terapia enzimatica sostitutiva (ERT) e 22 pazienti sani di controllo, di età e sesso simili.  I pazienti, di età media 33,3 anni, sono stati diagnosticati tra il 2014 e il 2020 e hanno manifestato i primi sintomi a un'età media di 27,1 anni. 

I ricercatori hanno esaminato i test plasmatici di alfa-galattosidasi A e globotriaosilsfingosina (liso-Gb3) e verificato la funzionalità renale - attraverso i livelli di urea, creatinina e proteinuria - dei pazienti al momento della diagnosi, prima della terapia enzimatica sostituiva. Anche la periostina è stata studiata da campioni di siero raccolti e conservati prima dell'ERT. Come da ipotesi, i valori sono risultati significativamente più elevati nei soggetti con malattia di Fabry rispetto agli individui di controllo sani e, al contempo, la velocità di filtrazione glomerulare (GFR), parametro che misura la funzionalità renale, era significativamente più bassa tra i pazienti, indicando una scarsa funzionalità dell’organo.

Per quanto riguarda la periostina, i livelli questa proteina nel sangue erano significativamente più alti nei soggetti malati che in quelli sani, ed erano positivamente correlati con un aumento dei livelli di liso-Gb3 e con proteinuria, ossia eccessiva presenza di proteine nelle urine. Livelli più elevati di periostina erano anche associati a un'età più bassa all'insorgenza dei sintomi della malattia e a una velocità di filtrazione glomerulare inferiore. Considerando che i pazienti con proteinuria elevata avevano livelli di periostina significativamente più alti rispetto a quelli con proteinuria bassa, i ricercatori hanno ritenuto di poter considerare la periostina come l’unico predittore indipendente di proteinuria nei pazienti Fabry.

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