Alberto BurlinaIl dr. Alberto Burlina (Padova): “Una dieta povera di fenilalanina è la colonna portante del trattamento. Nuove prospettive terapeutiche sono rappresentate dalla terapia farmacologica e, in futuro, dall'arrivo della terapia enzimatica sostitutiva”

PADOVA – La fenilchetonuria (PKU), la più frequente fra le malattie metaboliche ereditarie, ha ora delle linee guida europee, le prime e uniche mai pubblicate. Un lavoro iniziato tre anni fa da un team internazionale di esperti, al quale hanno contribuito anche due italiani: il prof. Alberto Burlina, direttore dell'Unità Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie e Centro Regionale screening esteso dell'Azienda Ospedaliera di Padova, e il prof. Vincenzo Leuzzi, neuropsichiatra dell'Università Sapienza di Roma. Lo studio, con 70 raccomandazioni formulate, è stato pubblicato sulla rivista The Lancet Diabetes and Endocrinology.

“La fenilchetonuria è l'unica malattia metabolica per la quale esiste in tutta Europa da più di 30 anni una diagnosi precoce, lo screening neonatale, ed una terapia efficace”, spiega il dr. Burlina. “La malattia precocemente riconosciuta e trattata permette di raggiungere l’età adulta, fatto molto raro in campo metabolico”. Le linee guida indicano i requisiti minimi per la gestione e il follow-up in base all'età, all'aderenza al trattamento e allo stato clinico. Infatti il follow-up nutrizionale, clinico e biochimico è necessario per tutti i pazienti, indipendentemente dalla terapia.

“La dieta – continua Burlina – è la colonna portante del trattamento: deve essere povera di fenilalanina, con quantità molto ridotte di alimenti ad alto tenore proteico e l’utilizzo di alimenti speciali quali miscele di aminoacidi e prodotti aproteici (farine per pane, pasta e dolci). Circa il 30% dei pazienti che hanno una particolare mutazione genetica risponde alla terapia farmacologica con tetraidrobiopterina (BH4), l'unico farmaco ad oggi utilizzato per questa patologia”.

A determinare la gravità della malattia è la concentrazione di fenilalanina nel sangue: se è inferiore a 360 μmol/L, non è necessario alcun intervento terapeutico. Per valori superiori il trattamento deve durare per tutta la vita. Le concentrazioni target da raggiungere con il trattamento sono le seguenti: inferiori a 360 μmol/L per i pazienti fino ai 12 anni e inferiori a 600 μmol/L per i pazienti di età superiore ai 12 anni.

Per le donne che cercano di concepire e durante la gravidanza (PKU materna), i livelli ematici di fenilalanina devono essere inferiori a 360 μmol/L. Livelli elevati di fenilalanina sono infatti teratogeni per il feto.

“Le prospettive future – conclude il dr. Burlina – vedranno per i pazienti con fenilchetonuria classica in età adulta una nuova possibilità terapeutica: la terapia enzimatica sostitutiva, che libererebbe i pazienti dall'obbligo di seguire una dieta rigorosa. Il messaggio che si ricava dalle linee guida è quello che oggi il paziente con fenilchetonuria che mantiene i livelli nei range terapeutici può avere una vita assolutamente normale e ricca di soddisfazioni. Un grande successo per chi è affetto da malattie rare”.

In Italia lo screening neonatale per la fenilchetonuria è stato introdotto dalla Legge Nazionale n. 104 del 05/02/92, insieme a quello per l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica.

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