Alfa-mannosidosi: Chapter One

L’evento, che ha visto riuniti medici e ricercatori provenienti da tutta Italia, si è tenuto il 28 e 29 giugno

L’alfa-mannosidosi colpisce circa una persona ogni 500.000. Malattia ultra-rara ereditaria, è generata dalla mutazione del gene MAN2B1 che provoca una carenza dell’enzima alfa-mannosidasi lisosomiale, con un deposito dannoso e progressivo di oligosaccaridi (zuccheri) nelle cellule di tutto l’organismo. Una patologia di estrema gravità che provoca disabilità e perdita di autonomia, verso la quale, in passato, le cure sono state orientate quasi esclusivamente al contrasto dei sintomi della malattia e alla prevenzione delle complicanze associate. È storia recente l’approvazione europea della prima terapia enzimatica sostitutiva specifica per l’alfa-mannosidosi: velmanase alfa.

Per condividere i dati aggiornati relativi ad efficacia e sicurezza del farmaco, ma anche per approfondire diagnosi, cause e meccanismi della malattia, Chiesi Global Rare Diseases Italia ha organizzato il congresso “Alfa-mannosidosi: Chapter One” (28-29 giugno, Una Hotel Verticale a Milano), dedicato a medici e ricercatori con esperienza nel trattamento delle malattie metaboliche lisosomiali. 

“Come azienda B-Corp, crediamo fortemente che tutte le persone dovrebbero avere accesso ai servizi sanitari e ai farmaci di buona qualità. Il nostro impegno quotidiano è rivolto a generare valore per l’intera comunità, in linea con l’obiettivo di sostenibilità n.3 delle Nazioni Unite: assicurare la salute per tutti e a tutte le età”, sottolinea Alessandra Vignoli, Head of Mediterranean Cluster Chiesi Global Rare Diseases. “Ecco perché siamo orgogliosi di poter avviare oggi questo dibattito all’interno della comunità scientifica su una patologia rara come l’alfa-mannosidosi, ponendo anche l’accento sull’importanza della diagnosi precoce, che permette al paziente di essere trattato meglio e tempestivamente. In Chiesi Global Rare Diseases ci impegniamo quotidianamente affinché nessun paziente venga dimenticato, ma è una missione che abbracciamo insieme all’intera comunità scientifica e per questa ragione momenti di scambio e confronto come l’appuntamento ‘Alfa-mannosidosi: Chapter One’ sono di primaria importanza”.

Le due giornate hanno avuto come obiettivo quello di approfondire argomenti eziopatogenetici e di diagnosi, oltre a fornire dati aggiornati sulla terapia. Le diverse tematiche sono state suddivise in 4 sessioni di approfondimento quali: ‘Nuove frontiere nelle malattie lisosomiali’, ‘La terapia enzimatica sostitutiva nell’Alfa-Mannosidosi’, ‘Definizione di outcome terapeutico nel paziente con Alfa-Mannosidosi: a confronto con l’esperto’, ‘Innovazione nelle malattie lisosomiali: l’esempio dell’Alfa-Mannosidosi’.

“L’importanza di questi eventi è data dalla necessità di creare una comunità di persone che pensino a come aiutare questi pazienti ad essere riconosciuti, identificando quello che la comunità scientifica deve fare per accelerare la diagnosi e dare la terapia giusta al momento giusto”, spiega Maurizio Scarpa, Direttore del Centro di Riferimento Regionale per le malattie rare dell’azienda sanitaria universitaria integrata di Udine.

Anche Serena Gasperini, Dirigente Medico di I° livello presso la Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha sottolineato la necessità di momenti di scambio dedicati alla comunità scientifica sulle malattie rare: “Congressi e momenti di incontro sono fondamentali per tutti: specializzandi, giovani medici che si avvicinano al mondo delle malattie rare, ma anche per tutti noi, che anche se siamo più ‘maturi’ e gestiamo malattie metaboliche da diversi anni, abbiamo bisogno di condividere casi clinici sulle malattie ultra-rare”.

I relatori coinvolti nel convegno, provenienti da tutta Italia, si sono alternati sul palco per approfondire la conoscenza di una malattia che si manifesta attraverso diversi sintomi. Tra i più frequenti: l’immunodeficienza e infezioni ricorrenti, le anomalie scheletriche, i dismorfismi facciali, la sordità, il ritardo nell’acquisizione del linguaggio, i deficit cognitivi e la graduale compromissione delle capacità motorie.

Un focus importante è stato fatto anche sulla necessità di un monitoraggio costante e “attivo” dell’alfa-mannosidosi: “È fondamentale perché si tratta di una malattia progressiva. Vi è necessità che sia fatto nei centri da esperti e svolto con una logica mirata a seguire la progressione della malattia verificando l’efficacia della terapia. Un paziente senza monitoraggio è un paziente abbandonato”, spiega il Professor Scarpa, mentre la Dott.Ssa Gasperini aggiunge: “Il monitoraggio è un gioco di squadra. In medicina oggi ci si specializza sempre di più ed è dunque fondamentale avere un team multidisciplinare con cui confrontarsi e su cui fare affidamento. Avere il supporto di più e diversi specialisti è vitale”.

Per questo obiettivo, sono stati coinvolti come relatori anche gli ingegneri biomedici, nuovi protagonisti nella gestione multidisciplinare e multicompetente del paziente con malattia rara. I partecipanti, nelle due giornate, sono stati impegnati in presentazioni frontali, tavole di discussione e workshop interattivi con l’obiettivo di identificare le maggiori barriere nella gestione clinica e terapeutica dei pazienti con alfa-mannosidosi. 

Durante l’evento si è presentata anche l’occasione di confrontarsi sulla necessità di avvicinare sempre più giovani, futuri medici, alla conoscenza delle malattie rare che vengono troppo spesso classificate purtroppo come ‘malattie di serie B’. 

Nel campo delle malattie rare è importante identificare nuove modalità di coinvolgimento per giovani medici, perché abbiamo un bisogno disperato di nuovi professionisti che siano motivati a studiare queste malattie”, spiega il Prof Scarpa. A unirsi a questo appello anche la Dott.ssa Gasperini, che sottolinea: “Condivido il pensiero del Prof. Scarpa e mi sento di aggiungere che essendo definite “rare” queste malattie non vengono contemplate, invece non dovrebbe essere così. La solitudine è dovuta spesso alla rarità. Ma voglio credere che cambierà qualcosa, serve un cambiamento radicale a livello universitario, proprio di formazione, non solo di numero. Oggi le associazioni pazienti hanno una spinta importante e maggiore a livello politico, e a noi clinici spetterebbe lavorare di più a livello universitario”.

Il dialogo, che ha caratterizzato questo primo evento a carattere nazionale, ha permesso di concludere le due giornate in un clima di soddisfazione generale, con l’impegno e la promessa, da parte di tutti gli interlocutori coinvolti, di continuare a scrivere, come in un libro, una storia in cui un’attenzione ancora maggiore alla diagnosi, alle cure e allo sviluppo di nuovi servizi possano condurre al lieto fine di migliorare la qualità di vita delle persone con malattie rare.

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