malattia polmonare da micobatteri non tubercolari, prof. Stefano AlibertiProf. Stefano Aliberti (Milano): “all’inizio del trattamento deve essere preso in seria considerazione il rapporto rischio-beneficio. La deposizione polmonare di farmaci per via inalatoria ha chiari vantaggi rispetto alla somministrazione sistemica”

Esistono molte specie diverse di micobatteri non tubercolari (MTN), ma, tra tutte, quelle più pericolose per la salute dell’uomo sono il Mycobacterium avium complex (MAC) e il Mycobacterium kansasii. Il MAC può provocare un’infezione disseminata che rappresenta la forma infettiva più comune in soggetti affetti da AIDS o sottoposti a terapie immunosoppressive. “Con l’acronimo MAC ci riferisce ad un gruppo di specifici micobatteri che comprende principalmente il M. avium, il M. intracellulare e il M. chimaera, spiega il Prof. Stefano Aliberti, pneumologo del Policlinico di Milano e professore di malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano. “Il MAC comprende i principali patogeni che possono dare malattia polmonare sia in soggetti immunocompetenti affetti da bronchiectasie, che, insieme al M. abscessus, in soggetti affetti da fibrosi cistica”.

La malattia polmonare da MAC si presenta con sintomi aspecifici quali tosse, espettorazione, febbricola, astenia, calo ponderale e sudorazione notturna, e il trattamento non si basa su un unico farmaco ma si articola in un complesso protocollo terapeutico che prevede l’impiego, anche simultaneo, di farmaci come rifampicina o rifabutina, etambutolo e claritromicina o azitromicina. La terapia sfrutta la combinazione di 3 o più di questi medicinali, per periodi prolungati che possono arrivare fino anche a 18-24 mesi (tendenzialmente per 12 mesi dopo la negativizzazione dell’esame colturale). “Tre farmaci possono essere utilizzati come terapia standard nel soggetto immunocompetente senza escavazione polmonare [l processo di formazione delle caverne a livello polmonare che si verifica specialmente nella tubercolosi, N.d.R.], accompagnati anche dall’amikacina per via sistemica per i primi tre mesi a seconda della gravità del quadro, della presenza di escavazione polmonare e delle caratteristiche dell’ospite”, precisa Aliberti. “Non bisogna tuttavia dimenticare che, quando si esegue una diagnosi di malattia da micobatteri non tubercolari da MAC, è importante capire quale sia la resistenza ai macrolidi [composti chimici usati come antibiotici, N.d.R.] per poter impostare al meglio il percorso terapeutico”.

criteri diagnostici per le malattie da micobatteri non tubercolari sono noti, ma prima di prendere una decisione sul trattamento è fondamentale valutare il quadro clinico, radiologico e microbiologico, oltre a considerare con attenzione l’esito dell’antibiogramma, che, analogamente a quanto avviene per altre patologie infettive, rappresenta il filo conduttore nella scelta degli antibiotici da usare. “Nel caso dei micobatteri non tubercolari l’antibiogramma è indicativo ma non sempre risolutivo”, spiega il Prof. Alfonso Altieri, pneumologo dell’‎Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma. “Spesso può capitare che non vi sia corrispondenza tra la risposta di laboratorio e quello che, in realtà, si può verificare in vivo. È, quindi, necessario conoscere la sensibilità ai farmaci in uso per il trattamento di queste forme di malattia e, una volta fatto ciò, avviare la terapia che può essere lunga e può comportare diversi effetti collaterali”. Infatti, in alcuni pazienti – specialmente quelli colpiti da infezione da HIV – il trattamento può durare anche tutta la vita, e in molti altri, il MAC può dare origine a recidive e reinfezioni. Su circa un paziente su tre pende la spada di Damocle della recidiva o del fallimento terapeutico e, di fronte ad un sensibile aumento della prevalenza di questo tipo di infezioni, un dato del genere è a dir poco preoccupante. “Il rapporto rischio-beneficio – spiega Aliberti – deve essere preso in seria considerazione all’inizio del trattamento e discusso approfonditamente con il paziente, proprio perché è essenziale che il paziente sia consapevole della possibilità di dover assumere una pluri-farmacoterapia per un periodo di tempo prolungato, con la possibile insorgenza di eventi avversi. La qualità di vita, le comorbilità, il performance status e la qualità delle attività di vita quotidiane del soggetto sono variabili da considerare al momento della scelta della terapia per la malattia polmonare da micobatteri non-tubercolari”.

Alla luce della scarsità di evidenze cliniche, è consigliabile che la gestione della malattia sia eseguita in maniera condivisa all’interno di un contesto multidisciplinare. “In Italia, il Policlinico di Milano e l’istituto di Villa Marelli hanno posto in essere un programma incentrato sulla presa in carico e cura dei pazienti affetti da malattia polmonare da micobatteri non tubercolari”, aggiunge Aliberti. “Questo sulla base di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) condiviso e di un approccio multidisciplinare grazie al quale, oltre allo pneumologo, possono interagire tra di loro vari esperti, quali il fisioterapista respiratorio, nel caso il paziente sia affetto da bronchiectasie, l’immunologo clinico, quando sia presente un deficit immunitario primitivo o secondario, o l’otorinolaringoiatra, come nel caso di comorbilità quali sinusite cronica. Grazie al colloquio tra gli esperti e alla discussione dei casi clinici, il trattamento della malattia polmonare da MAC viene individualizzato e ottimizzato”.

“In tutto questo – fa eco il prof. Altieri – il paziente che segua una terapia così complessa deve essere costantemente monitorato, non solo dal punto di vista clinico e laboratoristico, o attraverso visite mediche mensili, ma anche mediante controlli specifici volti ad individuare eventuali effetti collaterali che possono insorgere nel caso di terapie prolungate. Perché per patologie come quelle sostenute dai micobatteri non tubercolari è chiaro che si debba venire in aiuto al trattamento standard con tutti gli opportuni presidi farmacologici, con terapie di sostegno come la chinesioterapia, oppure con innovative terapie liposomiali suppletive, somministrabili per via aerosolica”. È notevole l’attesa per tali nuove formulazioni farmaceutiche, come dimostrato anche dal comunicato recentemente diffuso da Insmed Incorporated, nel quale si precisa che la FDA statunitense, nei prossimi mesi, valuterà l'approvazione del farmaco ALIS (amikacina in sospensione liposomiale inalatoria).

“Gli pneumologi che si occupano di patologie infettive croniche polmonari – spiega Aliberti – sanno bene che la deposizione polmonare di farmaci quali, ad esempio, broncodilatatori, steroidi inalatori o antibiotici, ha chiari vantaggi rispetto alla somministrazione sistemica, sia in termini di deposizione nel sito di cura che di riduzione degli effetti avversi sistemici, a fronte, però, di possibili complicanze come il broncospasmo”. Negli ultimi anni, l’antibiotico inalatorio è divenuto un’arma terapeutica straordinaria per contrastare patologie croniche come le bronchiectasie o la fibrosi cistica proprio per la capacità di favorire un’alta deposizione del farmaco nel sito di cura, riducendo gli eventi avversi. Nello specifico, l’idea di una formulazione inalatoria a base di amikacina da sfruttare nel trattamento di infezioni polmonari da micobatteri non tubercolari è stata accolta con entusiasmo dalla comunità medica. “Ad oggi, il farmaco ALIS può essere disponibile solo per uso compassionevole, facendone espressa richiesta all’azienda e sotto la responsabilità del medico e del paziente. Siamo ancora in attesa della risposta di enti regolatori come la FDA, ma nonostante vi sia ancora un po’ di strada da fare, i dati preliminari degli studi registrativi sono molto promettenti”, conclude l'esperto.

Il Prof. Aliberti, in veste di Direttore del neonato Osservatorio Italiano delle Micobatteriosi polmonari non tubercolari, promosso dalla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ribadisce quale sia l’impatto di questa malattia sulla qualità di vita del paziente, ricordando che per questi malati non esistono ancora farmaci specifici né esenzioni, e sottolineando come, a livello istituzionale e di enti regolatori, ci sia ancora tanto lavoro da portare a compimento. L’Osservatorio nasce all'interno del network IRENE, che raccoglie, ad oggi, più di 40 centri di malattie infettive e pneumologia dislocati sul territorio nazionale ed è composto da professionisti sanitari e pazienti che lavorano per aumentare la consapevolezza della malattia, proponendo progetti di carattere scientifico, educazionale e di advocacy. Perché la sinergia tra le prospettive mediche derivate da nuove e brillanti opzioni terapeutiche e una crescente sensibilizzazione della comunità medica possano davvero costituire la base per arrestare la diffusione delle infezioni polmonari da micobatteri non tubercolari.

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