Il racconto di mamma Sara: “I problemi di mia figlia Olivia sono apparsi quando ha iniziato a camminare, la sua andatura era sempre incerta e traballante”
Olivia è una bambina bionda di quasi sei anni, dal sorriso irresistibile: al momento della sua nascita, nulla sembrava presagire che la piccola avrebbe sviluppato una forma di paralisi spastica infantile ma, come ricorda la mamma Sara, i problemi sono emersi intorno al primo anno di vita. “Quando mia figlia ha iniziato a camminare, il suo passo, invece di farsi più sicuro, continuava ad essere incerto”, spiega Sara. “Olivia era poco stabile e spesso tendeva a cadere all’indietro. All’inizio non ci siamo preoccupati troppo, perché pensavamo che avesse bisogno dei suoi tempi per trovare confidenza e sicurezza nell’appoggio, ma in seguito alcuni segnali ci hanno indotto a fare degli approfondimenti”.
Olivia, infatti, camminava con un’andatura un po’ traballante, “in modo simile a un pinguino”. Così, i genitori l’hanno fatta visitare dal pediatra, che ha richiesto un’ecografia di controllo per escludere una problematica di displasia delle anche. Tuttavia, questa andatura ondeggiante continuava a insospettire mamma Sara, che ha perciò deciso di realizzare un video alla sua bambina e di condividerlo col pediatra, il quale ha suggerito un ulteriore consulto ortopedico. Anche questa volta, però, l’esito della visita è stato negativo. “Nel frattempo, la nascita del fratellino di Olivia, Mattia Francesco, ci ha distratti dal problema”, continua Sara. “Dopotutto, la piccola riusciva a correre e a camminare. Poi, però, il suo passo ha iniziato a incrociarsi e le difficoltà di deambulazione sono divenute più evidenti”. Olivia, infatti, aveva la tendenza a mettere i piedi a forbice [si parla di camminata falciata, N.d.R.] e cadeva sempre più di frequente.
I genitori, allora, si sono rivolti a una neuropsichiatra che ha confermato la spasticità agli arti inferiori e ha raccomandato l’esecuzione di una risonanza magnetica (MR). La specialista spiegò che la spasticità poteva avere un’origine prenatale, dato che al momento del parto non erano insorte difficoltà di alcun tipo: pertanto, attraverso una MR sarebbe stato possibile comprendere meglio la natura della lesione di Olivia. “La neuropsichiatra ci parlò di un danno permanente”, ricorda ancora Sara. “Quelle parole ci colsero completamente alla sprovvista. Cercavamo di capire cosa questo significasse, quale impatto avrebbe avuto questo danno sul futuro di nostra figlia: domandammo se con la fisioterapia si sarebbe potuto risolvere o se sarebbero servite le stampelle, ma ci dissero che occorreva attendere il riscontro dell’esame per avere maggiori informazioni”.
Qualche settimana più tardi, l’esito della risonanza si rivelò negativo. “Io e mio marito eravamo felici di questa notizia, ritenendo che, se la lesione non era evidenziabile, il problema poteva esser curato, ma i medici continuavano a mostrarsi preoccupati”, spiega Sara. “La loro apprensione si è trasferita a noi e abbiamo vissuto un periodo orribile”. Olivia fu ricoverata all’Ospedale Regina Margherita di Torino per una lunga trafila di approfondimenti, ma tutti continuavano a dare un risultato negativo. “Alla fine ci suggerirono di sottoporre nostra figlia ad un esame genetico e dopo alcune settimane fummo convocati per il responso”, spiega la madre. “C’era tutta l’equipe medica che negli ultimi mesi aveva visitato Olivia: ci dissero che la bambina era affetta da paralisi spastica ascendente ereditaria infantile (IAHSP) e che, probabilmente, aveva ereditato il gene della malattia da noi due genitori. È stato il momento più brutto della nostra vita”.
Sara aveva un fiume di domande da rivolgere ai medici ma a lei e al marito venne suggerito di rivolgersi all’IRCCS Fondazione “Stella Maris” di Pisa, un istituto specializzato nella gestione di malattie come quella di Olivia, dove avrebbero potuto trovare risposta ad ogni interrogativo. “Ricordo di essere uscita da quell’incontro ancora più spaventata”, prosegue Sara. “La presenza di uno psicologo sarebbe stata utile per assorbire l’impatto di quel ‘macigno’ di diagnosi: nei mesi successivi mi sono rivolta a un professionista privato, che è stato di grande aiuto a trovare le forze per affrontare quella situazione”. Olivia è stata presa in carico dagli specialisti della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Istituto pisano - dove ancora adesso è seguita attentamente - ma la sensazione di Sara e del marito Simone era di essere gli unici al mondo a dover fronteggiare quella malattia, con il lungo strascico di fisiologiche paure e incertezze che questo comporta. “A dicembre di quell’anno, appena due mesi dopo la conferma della diagnosi di Olivia, abbiamo seguito la maratona Telethon in televisione”, racconta Sara. “Vedere altre famiglie alle prese con malattie rare ci ha fatto sentire meno soli; ascoltare i medici che parlavano di nuovi trattamenti e di terapia genica ci ha impresso ottimismo. Abbiamo ritrovato la forza di andare avanti e grazie a questa rinnovata fiducia abbiamo deciso di fondare l’associazione “HelpOlly”, allo scopo di finanziare la ricerca su patologie come quelle di nostra figlia”.
Le paraparesi spastiche ereditarie sono un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da compromissione della motricità degli arti inferiori: possono avere diverse modalità di trasmissione (autosomica dominante, autosomica recessiva o legata al cromosoma X): non di tutte sono noti i geni che, se mutati, portano allo sviluppo della patologia. Nel caso di Oliva il gene coinvolto è ALS2, che codifica per una proteina, nota come alsina, della quale i ricercatori stanno ancora indagando la funzione. “Con l’aiuto della Fondazione Telethon siamo entrati in contatto con Università e centri di ricerca interessati a presentare i loro progetti di studio sulla malattia”, spiega Sara. “Il primo progetto che abbiamo finanziato è stato condotto al Politecnico di Torino dal prof. Marco Agostino Deriu, del Dipartimento di Bioingegneria, che ha tentato di realizzare un modello computazionale della proteina alsina, per scoprire come fosse fatta e poterla confrontare con quella mutata di Olivia. Tutto questo, in futuro, potrebbe essere fondamentale per trovare un modo di intervenire sulle cause della malattia”.
Inoltre, il caso della piccola Olivia è stato studiato anche dal gruppo di ricerca CASSMedChem dell’Università di Torino, che ha sfruttato degli strumenti di intelligenza artificiale per costruire un modello di alsina riportante la specifica mutazione della bambina.
Nel frattempo, Olivia sta crescendo tra sedute di fisioterapia, logopedia, psicomotricità, nuoto e idrokinesiterapia, che la aiutano a mantenere in buona forma la muscolatura. “Oggi Olivia necessita di speciali deambulatori per poter camminare, anche se in casa abbiamo predisposto una serie di appoggi per facilitarla negli spostamenti”, spiega Sara. “Inoltre, siamo finalmente riusciti a farle ottenere una carrozzina ad autospinta per i tragitti più lunghi. Non è facile orientarsi nella ‘giungla’ delle disabilità, ma non ci scoraggiamo e affrontiamo le difficoltà con dedizione e determinazione, come è giusto che sia per Olivia”.
Seguici sui Social