"Si parla di epidemia quando una patologia infettiva di presunta origine virale, batterica o parassitaria, aumenta in modo inatteso in un determinato luogo o tempo. Queste epidemie spesso evolvono rapidamente, quando per esempio si tratta di germi a trasmissione respiratoria come nel caso dell'influenza, e pertanto necessitano di una risposta rapida per cercare di limitarne la diffusione." A dirlo è il prof Fabrizio Pregliasco, del dipartimento di sanità pubblica, microbiologia e virologia dell'Università di Milano, certamente tra i più noti virologi itaiani, che il 3 Luglio scorso ha partecipato all'incontro 'Geografie della salute' organizzato da Fondazione Sigma Tau all'interno di Spoletoscienza.

"Una situazione di potenziale epidemia - ha spiegato Pregliasco - si ha quando certe circostanze fanno presumere che un'epidemia possa svilupparsi secondo le seguenti condizioni: presenza di una popolazione suscettibile, ovvero priva di protezione immunitaria; introduzione di un agente infettivo nella comunità; presenza di una situazione che possa favorire una trasmissione su larga scala (p. es.: rete idrica contaminata, presenza di un vettore animale quale la blatta).
Un'emergenza si ha solo quando nell'ambito di un determinato contesto sociale, politico ed economico non si riesce a far fronte con le proprie forze e si richiede la cooperazione esterna (per esempio tramite l'O.M.S.). Le situazioni di emergenza si realizzano quando una o più delle seguenti circostanze acquisisce una rilevanza per la quale: c'è il rischio di introduzione e diffusione della malattia nella popolazione; si presume che si possa verificare un gran numero di casi; la malattia è grave o può determinare morte e disabilità; c'è il rischio di disgregazione sociale o economica conseguente alla presenza della malattia le autorità nazionali non sono in grado di controllare in modo adeguato la situazione per carenze nell'organizzazione o nella competenza tecnica/professionale; sia necessaria la fornitura di materiali particolari, non usualmente disponibili (farmaci, vaccini, reagenti per analisi di laboratorio, etc.); c'è il rischio di trasmissione internazionale della malattia. Le situazioni che possono far precipitare la situazione in un'emergenza cambiano da Paese a Paese in considerazione della eventuale preesistente endemia nella popolazione (ovvero una patologia presente in modo continuo nella popolazione a un livello stabile, più o meno alto) oppure della non conoscenza della via di trasmissione della patologia (p. es. il virus Ebola). Per esempio in un'area non endemica un singolo caso confermato di colera è un'emergenza, mentre in aree endemiche diviene emergenza solo una situazione nella quale si osserva un significativo incremento di incidenza di nuovi casi in stagioni inusuali o in focolai multifocali in varie aree geografiche accompagnate da morti in bambini sotto i 10 anni di età. Diviene determinante quindi l'organizzazione di servizi di emergenza in grado di fronteggiare la situazione e di identificare il microrganismo responsabile e le sue caratteristiche. Gli agenti infettivi infatti hanno la capacità di riprodursi e di proliferare adattandosi ai cambiamenti dell'ambiente. I virus e i batteri si evolvono rapidamente mediante mutazioni molto più frequenti che negli organismi che si riproducono per via sessuale. Anche i protozoi hanno un rapido tempo di replicazione e una grande variabilità genotipica. Per questo gli agenti infettivi sono una delle storie di maggior successo nell'evoluzione. L'uomo sta comprendendo come l'evoluzione dei microrganismi non possa essere soppressa. Anzi per anni ha ritenuto di aver vinto, o di star per vincere, la guerra contro le malattie infettive. L'insorgenza di nuove patologie come l'AIDS o il riemergere di altre come la tubercolosi, che da anni era in calo, ha riacceso l'interesse e gli sforzi verso questo specifico ambito della ricerca e assistenza medica. Recentemente molte nuove situazioni hanno incrementato la possibilità di diffusione delle malattie infettive. Nel frattempo i nostri metodi di biologia molecolare per la determinazione degli agenti infettivi sono migliorati, ma anche la tipologia e la distribuzione delle malattie infettive è cambiata. Siamo forse alle soglie di un periodo di transizione nelle relazioni tra microrganismi e uomo? La situazione attuale comprende: incremento nel numero e nella densità della popolazione con ampi strati di povertà; migrazioni e urbanizzazione con la creazione di quartieri degradati ai margini delle grandi città; cambiamento di comportamenti (mobilità, abitudini sessuali, tossicodipendenza per endovena) oltre a trasfusioni e trapianti; utilizzo spropositato di anti  microbici anche per uso non terapeutico (come nell'allevamento degli animali) con l'insorgenza di fenomeni di resistenza in molti microrganismi; disturbi dell'ecosistema determinati da irrigazione, diboscamenti su vasta scala e modifiche sostanziali nelle coltivazioni agricole (malattia di Lyme, febbri emorragiche virali); variazioni climatiche (polmoniti da Hantavirus, recente estensione della malaria e della dengue); metodi di produzione di cibo intensivi (malattia di Creutzfeld-Jakob/encefalite spongiforme bovina, salmonella DT, E. coli 0157, criptosporidiosi); commercio su grandi distanze (epatite A da fragole messicane, Aedes albiopictus) che favorisce ulteriormente la diffusione delle infezioni di origine alimentare; viaggi intercontinentali sempre più frequenti (malaria importata nelle zone intorno agli aeroporti); riduzione degli interventi di sanità pubblica per minore disponibilità di denaro di organizzazioni (O.M.S.) e Stati. L'era dei vaccini a DNA, degli antimicrobici progettati al computer, dei vettori è vicina, ma non possiamo sperare in un mondo senza microrganismi. Possiamo sperare solo in una più stabile ed equilibrata relazione tra esseri umani e microrganismi. Le azioni da intraprendere per limitare e controllare la diffusione delle malattie infettive sono: osservazione e definizione dei sintomi delle varie patologie; isolamento dei pazienti; identificazione dei patogeni; identificazione dei portatori, ovvero dei soggetti che non presentano una sintomatologia particolare ma sono infettati cronicamente da un microrganismo patogeno e quindi potenzialmente in grado di diffondere la malattia (p. es.: portatori cronici di virus dell'epatite B); identificazione delle vie di trasmissione; adozione delle misure di prevenzione; adozione delle terapie più opportune; sorveglianza epidemiologica della diffusione delle patologie infettive a livello mondiale; comunicazione adeguata e corretta alle popolazioni. L'epidemiologia, ovvero lo studio della diffusione delle malattie, ha svolto un ruolo primario nella strategia di controllo delle malattie attuata nel secolo scorso, che ha portato alla totale eradicazione del vaiolo e della poliomielite dall'emisfero occidentale".

"Però - prosegue Pregliasco - ancora oggi le malattie infettive rimangono la causa principale di morte a livello mondiale e una delle cause importanti anche negli Stati Uniti e in Europa. Vanno quindi intensificati gli sforzi per seguire l'andamento delle patologie infettive e monitorare precocemente le anomalie. Si possono definire infezioni emergenti quelle malattie che si sono presentate improvvisamente in una certa popolazione o la cui incidenza sta aumentando progressivamente o che si vanno diffondendo a livello geografico. Fra gli esempi recenti vanno citate la sindrome polmonare da Hantavirus, la malattia di Lyme, la colite emorragica e la sindrome uremica emolitica (derivante da una infezione alimentare causata da certi ceppi di Escherichia coli)  e la febbre emorragica di Ebola in Africa o recentemente il virus della Cicungugna nelle Isole di Reunion e Mauritius. Anche i flagelli del passato possono fare di nuovo la loro comparsa. Queste malattie, cosiddette  riemergenti (TBC, meningite meningococcica), che rappresentano una minaccia ben precisa per la salute, sono aumentate o riapparse a causa del venir meno delle misure sanitarie precedentemente attuate a causa del deteriorarsi dei servizi sanitari. Una problematica rilevante da considerare è l'efficacia delle armi terapeutiche disponibili. Infatti, nonostante la disponibilità di ben 250 antibiotici sistemici e la scomparsa di malattie infettive quali la febbre puerperale, la scarlattina,  il reumatismo articolare acuto, la polmonite lobare, la sifilide nonché la possibilità di tenere sotto controllo malattie che avevano determinato un’elevata mortalità, come la tubercolosi, si sta assistendo a una allarmante ripresa di aggressività dei batteri. I medici incontrano oggi crescenti difficoltà nel debellare le malattie infettive, in particolare quelle delle vie respiratorie. Ciò è determinato dal fenomeno delle resistenze batteriche, che non sono una novità dei giorni nostri, anche se oggi il fenomeno ha assunto dimensioni drammatiche. Fino a 20-25 anni fa le resistenze batteriche rappresentavano un problema squisitamente ospedaliero ed erano presenti soltanto in alcune aree geografiche. Oggi la resistenza batterica agli antibiotici rappresenta un problema mondiale. Importanti progressi comunque si stanno realizzando nel campo degli antimicrobici con lo studio di nuove classi di antibiotici, e cominciano ad apparire anche nuovi antivirali, come nel caso dell'influenza dove gli inibitori delle neuraminidasi si propongono come ulteriore opzione per il controllo di questa patologia. Nel XIX secolo, i piroscafi portarono il colera in Europa e Africa. Oggi navi da carico e aerei hanno sostituito quasi del tutto carovane e piroscafi, ma offrono opportunità ancora maggiori per un'efficace ricomparsa e diffusione delle infezioni. Gli studi sulla diffusione delle epidemie influenzali e sul virus di immunodeficienza dell'uomo (HIV) e l'attuale avanzata delle epidemie confermano la velocità di spostamento e la portata globale delle infezioni. Tutto questo lo abbiamo ben sperimentato con l’epidemia della SARS nel 2003 dove dopo l’insorgenza ad Hong Kong del primo caso indice, in pochi giorni l’epidemia è dilagata nel mondo. Solo la peculiarità legata al fatto che questa malattia si trasmetteva solo tramite il soggetto sintomatico si è riusciti a debellarla rapidamente grazie all’isolamento stringente dei malati. Lo spostamento in massa dalle campagne in grossi agglomerati urbani permetterà alle infezioni sviluppatesi in zone rurali isolate di raggiungere cerchie più vaste di popolazione. In tal senso bisogna considerare che, secondo stime attendibili, nel 2025 il 65 per cento della popolazione mondiale, compreso il 61 per cento della popolazione nelle regioni in via di sviluppo, vivrà nelle città. Il ritorno a casa degli emigranti con un'infezione contratta in città, fenomeno osservato nel caso dell'HIV in Asia, rappresenta un ulteriore sistema di diffusione difficile da controllare. Il comportamento umano è quindi un fattore chiave nella comparsa e diffusione delle infezioni. Molte delle difficoltà riscontrate nella gestione dell'epidemia di AIDS sono derivate proprio dalla incapacità a controllare in modo efficace questi fattori sociali. Per essere pronti a far fronte alle infezioni emergenti si dovrà intensificare l'attività delle reti di sorveglianza. Molte nazioni stanno lavorando in questo senso, ma vi è la necessità di un supporto strategico a livello internazionale.
In tal senso l'OMS e l'Unione Europea stanno supportando programmi integrati anche per i paesi
In via di sviluppo. Un esempio è la rete di sorveglianza mondiale per il controllo della diffusione dell'influenza. La pandemia del 2009, al di là di tutti i dubbi e le polemiche, legate alle problematiche di comunicazione che si sono verificate (e che ci devono insegnare come affrontare le questioni nel futuro) ci hanno permesso di rodare un sistema di reazione che sarà utile per possibili pandemie del futuro dovute a virus influenzali o non. È però necessario un approccio verso più patologie, favorendo l'aggregazione di vari iniziative, così come è stato fatto per l'eradicazione della poliomielite. Le informazioni ottenute da questi sistemi di sorveglianza dovranno giocare un ruolo fondamentale nel campo della sanità pubblica al fine di dare supporto alle scelte prioritarie, di riconoscere precocemente l'insorgenza di epidemie, di monitorare i programmi di prevenzione e controllo e di pianificare l'allocazione delle risorse".

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